Intervista esclusiva a Philippe Debray, Ad di Decathlon Italia

Intervista di copertina – La catena francese diventa muticanale e punta agli assortimenti low cost. L'Ad Philippe Debray spiega perché il retailer multinazionale si sta apprestando a una diversificazione radicale. (Da MARK UP 179)

Philippe Debray ha il fisico dell'atleta. Come non potrebbe d'altronde per passione e congruenza con l'insegna che rappresenta? Fa circa 60 km di running la settimana e anche in quel tempo il pensiero va ai nuovi posizionamenti da assumere. Ecco le prove.

Philippe, partiamo dalle caratteristiche dell'attuale formato Decathlon?

Il concept principale si sviluppa da 2.000 a 8.000 mq, da 35 discipline sportive fino a 74 nei pdv più grandi, fino a un massimo di 65.000 referenze e 26.000 modelli. Oxylane, il gruppo di controllo, ha però deciso di lanciare anche in Italia un formato di sicuro interesse e duplicabile.

Quale?

Koodza, è un hard discount concept, 1.000 mq, una gamma unica, low cost. Quest'anno apriremo in Italia il primo test.

Dove sarà implementato?

Sarà sinergico agli attuali bacini coperti da Decathlon, in città minori, o in periferia in centri commerciali più piccoli. Le gamme merceologiche sono più ristrette. Godrà al 100% delle nostre marche Passione. I prezzi però saranno più bassi di Decathlon.

Di quanto?

I 7-8 punti di margine commerciale in meno nella formula individuata ci consentiranno di travasare il risparmio ottenuto sui prezzi al pubblico.

Come compenserete la riduzione di margine?

Con una formula genuinamente low cost.

Numero di referenze?

6.000; 1900 modelli. Meno spese di costruzione del negozio, meno spese di merchandising e minor costo indirizzato all'assistenza alla vendita. È già presente in Francia, Spagna e Belgio. Il fatturato è, ovviamente, più basso come i costi e i prezzi, ma interessante è proprio la politica di low cost che permette di trasferire maggior valore aggiunto ai clienti.

Perdonami la domanda. L'assortimento è frutto delle rimanenze degli altri negozi o è parte dell'assortimento base di Dacathlon?

È quello normale di Decathlon. Le stesse referenze, niente giacenze di magazzino. Saranno semplicemente gamme semplificate, ma con gli stessi prodotti del formato principale.

Ci sarà più materiale tecnico o abbigliamento?

Non sarà un negozio sbilanciato sull'abbigliamento perché anch'esso risponde al posizionamento di specialista dello sport. Il claim sarà: “Tutto per lo sport a prezzo discount”.

Come funzionerà a livello organizzativo?

Koodza sarà un'insegna autonoma e snella. Potrà avvalersi dei servizi di Decathlon oppure rivolgersi a strutture esterne.

Insomma, dovrà aprire un sentiero nuovo a proprie spese, senza appoggiarsi alla capogruppo?

È così

I concept dove nascono?

In Francia, dove sono già stati testati e sono pronte le linee guida per l'applicazione e la duplicazione in altri paesi.

Qual è a questo punto il programma di sviluppo per il 2009?

Apriremo 8 nuovi Decathlon e, come detto, tra 1 e 3 Koodza. Il contesto competitivo e di consumo sono difficili ma non siamo disposti a fermarci. Anzi forse potremo effettuare qualche apertura in più che in meno. La mission del nostro gruppo è da tempo articolata su due livelli: avvicinare più consumatori possibili allo sport creando nuovi posti di lavoro.

Quest'anno avete lanciato anche la vendita online, quindi state lavorando su un altro fronte. Quali problemi avete dovuto risolvere?

Siamo partiti senza comunicare nulla. Quello che cerchiamo di fare con il web è di dare un'altra scelta di canale ai nostri clienti.
Non hai tempo? Decathlon è lontano dal tuo ufficio o dalla tua abitazione? Entra nel nostro sito. Sull'online è già possibile acquistare il prodotto desiderato e vederselo consegnare in tempi che vanno dai 2 giorni per la maggior parte dei prodotti fino ad un massimo di 10 giorni per prodotti a più bassa rotazione.
Un'altra opportunità è offerta dalla prenotazione elettronica, la cosiddetta e-reservation. Prenoti il prodotto desiderato e vai a ritirarlo e ad acquistarlo nel negozio più vicino, con la sicurezza di trovarlo.

Perché avete aspettato tanto per attivare il web?

Non avevamo interesse ad uscire dal nostro formato attuale incentrato sul negozio fisico e a creare qualcosa di nuovo. La base comune delle forme di vendita di cui stiamo parlando è comunque sempre il portafoglio delle nostre marche Passione. Più canali apriamo, più lavoriamo sui volumi prodotti e venduti, più sinergie e risparmi di scala facciamo, attraverso una piattaforma comune.

I prezzi sono eguali a quelli del negozio?

Alcuni sono eguali, altri più bassi.

Con quale logica?

Contrariamente a quanto avviene nella filiera del negozio, il picking per il web è basato su un centro di distribuzione. Molti prodotti avranno una filiera più corta, quindi, che ci consentirà di ridurre i prezzi.

Pensi sia possibile in futuro che il cliente possa ritirare il prodotto oltre che in Decathlon anche in Koodza?
Dipenderà dalle disposizioni amministrative e fiscali vigenti che oggi sono davvero complesse e vincolanti. Il nostro obiettivo rimane quello di soddisfare più sportivi possibili, quindi non è da escludere.

Torniamo ad Internet. L'assortimento prevede oltre alle vostre marche anche le grandi marche internazionali?

No.

È una scommessa…

Tutt'altro.
È una scelta di politica commerciale per poter garantire al cliente finale il prezzo migliore per il prodotto/servizio acquistato.

I centri di distribuzione dove sono ubicati?

A Basiano (Milano), Castel San Pietro (Bologna) e Maddaloni (Caserta). Sono ben distribuiti lungo la penisola per permettere al prodotto di non avere sovraccarichi di prezzo per i costi di trasporto.

L'acquisto via internet sarà possibile anche dalla Sardegna dove non avete negozi?

Sì. Il 16,5% degli utenti che si sono registrati al nostro sito sono residenti proprio in Sardegna.

Posso fare una considerazione?

Prego.

Mi sembra che, generalmente, nel volgere degli anni, le vostre scale prezzi si siano ristrette a causa di un numero sempre più limitato di marche internazionali e di un numero minore di referenze. È così?

Negli ultimissimi anni abbiamo cercato di rendere chiara la nostra politica commerciale sul lineare. La percezione del lineare è troppo importante, il cliente ragiona su quella per scegliere. È meglio presentare pochi prodotti ben combinati fra loro che scegliere su lineari in cui c'è tutto e il contrario di tutto. Abbiamo cercato di aiutare il cliente a trovare il prodotto desiderato e quindi abbiamo fatto delle scelte di semplificazione.

Quindi avete asciugato la vostra offerta.

Sì. Ancora oggi abbiamo in catalogo prodotti che si ripetono in svariati modi. Questo complica la chiarezza del lineare e la chiarezza di offerta, nonché, ovviamente di prezzo.

E questo eccesso di offerta a quanto ammonta?

Non si può generalizzare. In alcune categorie stiamo lavorando a una riduzione, in altre ad un ampliamento perché, nel frattempo, sono cambiati i bisogni e i desideri del cliente.
È infatti aumentato il numero di sport presenti mediamente nei negozi, soprattutto se pensiamo agli sport di nicchia.

A quali sport stai pensando?

Alla pesca, all'equitazione, per esempio. Ma anche al running. Sport minori che in Decathlon sono sviluppati come in nessun altro negozio. Chiarezza del lineare, possibilità di sviluppo per ogni sport sono ormai un imperativo strategico ma contemporaneamente quotidiano.

E le rotazioni?

Sono aumentate, come il margine, dandoci la possibilità di garantire prezzi sempre più bassi.

La semplificazione continuerà in futuro?

No. Credo abbiamo raggiunto l'equilibrio che cercavamo. Oggi dobbiamo lavorare sull'affinamento bacino per bacino, gamma per gamma, per, come dicevo, convincere il cliente della bontà della nostra offerta nel macro e nel micro.

Perché, arrivati a questo punto di sviluppo dell'offerta merceologica e di formati, non passate al franchising?
Perché mai?

Per svilupparvi più alla svelta.

Non c'è nessuna fretta. È una leva che abbiamo adoperato in pochi altri paesi del mondo, laddove sapevamo che non avremmo avuto uno sviluppo diretto.

Neppure in Sardegna, regione dove non siete presenti?
No, neppure sull'isola.

Quando nei vostri negozi ci sono stock di invenduto cosa fate per smaltirli?

È il singolo negozio che deve smaltire l'invenduto. Non abbiamo altri canali per far questo. Neppure gli outlet factory.
Abbiamo la fortuna di avere un sistema di approvvigionamento ottimale. Funziona in modo automatico analizzando lo storico delle vendite categoria per categoria, referenza per referenza, dando indicazioni sul numero di pezzi da mettere in vendita, negozio per negozio. In più, ogni famiglia merceologica ha a disposizione una certa copertura suppletiva. Altri parametri ci permettono di calcolare dal magazzino le necessità del negozio e di frenare o accelerare la consegna. In modo da ridurre i ritardi di consegna o di vendita ed evitare il più possibile le rotture di stock.

Le grandi marche internazionali negli anni appaiono anch'esse diminuite. È così?

La funzione delle grandi marche è di apportare davvero valore al cliente. Quando servono, se assolvono a questa funzione, le inseriamo.

Permettimi di fare un esempio. Nel running Nike+iPod appare sul lineare sacrificata rispetto al resto dell'assortimento. Perché?

Non c'è un motivo particolare, anzi. È inserita sul lineare al posto giusto per le caratteristiche che ha.

Ma il suo ruolo segnaletico e probabilmente di accettazione del cliente è diverso.

Non credo. Ha il giusto posto nella scala prezzi e nella costruzione dell'offerta di quel singolo segmento.
L'organizzazione dei nostri reparti è pensata secondo una logica di verticalizzazione degli usi, con l'obiettivo di permettere al cliente, mentre cammina, di scoprire dal suo campo visivo tutti i sottoreparti e le famiglie d'uso per ogni sport. Le grandi marche internazionali sono integrate con le nostre, con la stessa logica appena esposta.

Quali sono allora le marche deputate a fare traffico, cioè a richiamare l'attenzione del cliente, le vostre o quelle internazionali?

Dipende dalla categoria, ma le nostre non hanno nulla da invidiare alle altre, né per tecnologia, né per design, né per comfort, né per rapporto qualità-prezzo. Il nostro è un sistema di offerta complesso in cui il ruolo di equilibrio è dettato dalle nostre marche nel particolare e dal negozio in generale.

Nel flagship di Londra Nike sta lavorando alla personalizzazione dei modelli e del comfort della scarpa. La personalizzazione è possibile nei grandi mercati di massa?
Certo che è possibile. Lo stesso stiamo facendo anche noi nei nostri laboratori, dalle lavorazioni più semplici garantite in negozio localmente a quelle più complesse gestite dai nostri laboratori regionali, che accompagnano tutti i punti di vendita.
Colgo l'occasione di questa intervista a MARK UP per annunciare che il gruppo ha acquistato a Lille, in Francia, un sito produttivo per le biciclette che ci permetterà di avviare per questo sport un programma profondo di personalizzazione. La volontà è di riuscire ad assemblare in loco tutti gli 80 elementi che compongono una bicicletta. Il nostro sogno è immaginare il cliente personalizzare la propria bicicletta e vedersela consegnare dopo pochi minuti.

Questo cambia il mestiere di Decathlon?

No, sono l'hardware e il software contemporaneamente, che però il cliente non vede, ne beneficia soltanto.

Ma questo vuol dire comunque che state andando verso un essere diverso che dal passato, più vicino al mestiere del produttore?

No. Conoscere i sistemi produttivi, le modalità del produrre, ci porterà a conoscere meglio il mestiere dei nostri fornitori.
E questo non è poco.
Produrre poi vicino ai negozi è davvero una sinergia insperata sino a qualche anno fa che ridurrà non poco i costi di trasporto e che ci permetterà di mettere in vendita il prodotto senza doverlo imballare per un trasporto di lungo raggio.

E l'impatto ambientale del negozio? Immagino stiate lavorando anche a questo.

Sì. Adotteremo nuovi sistemi di illuminazione che costeranno il 30% in meno che nel passato, adattandosi alla luce naturale e accendendosi o spegnendosi quando necessario, con un risparmio energetico del 25-30%. Vogliamo testimoniare il nostro impegno per lo sviluppo sostenibile anche attraverso i nostri edifici, migliorando la gestione dell'energia, delle risorse naturali, dell'utilizzo di materiali rinnovabili, integrandoci nell'ambiente stesso.

L'ecosostenibilità fa a pugni con il low cost?

No, perché? È una direzione su cui tutti i formati, tutti i dipendenti devono essere sintonizzati. È una tensione a fare meglio. Se ogni nostro dipendente stampa un foglio in meno all'anno saranno 45.000 fogli risparmiati. È la teoria dei piccoli gesti, delle piccole idee per un approccio ambientale che conta. Questo vale per la costruzione del negozio, del packaging, delle attrezzature.
Stiamo andando verso un periodo di essenzialità più che di abbondanza. A Molfetta (Bari), per esempio, abbiamo inserito sul tetto pannelli fotovoltaici.

La ristorazione in store era un progetto interessante anni fa che avete poi sospeso. Penso ai bar “Pause Forme”. Avete altri progetti su questo versante?

È vero, ci siamo fermati perché non avevamo la competenza necessaria. Oggi c'è una società del gruppo che sta rilanciando il progetto, che adotteremo anche in Italia su due articolazioni: il vending e il cafè adatto anche per pranzi veloci, vicino ai gusti italiani.

Trocathlon come sta andando?

È uno dei servizi che mettiamo a disposizione dei nostri clienti perché possano rinnovare il proprio equipaggiamento sportivo usato vendendolo grazie al nostro tramite, per poi cercarne di nuovo. È esclusivo di Decathlon e nonostante esuli dal mestiere di base e assorba tempo per la preparazione, fa parte della nostra storia.

La domanda è pleonastica: quali sono i progetti futuri?

È probabile che accanto a Koodza apriremo nel breve-medio termine anche un secondo formato di vendita.
Adatto per i centri città o le gallerie commerciali, su 400-800 mq, con posizionamento e merchandising diverso da Decathlon, più giovane nel layout, nei colori. Diretto a target di sportivi di 25-35 anni. Ci saranno solo i nostri marchi, massimo 5.000 referenze, e rappresenterà gli sport di città e dell'aria aperta: running, roller e fitness, con un focus sulla natura, il mare e la montagna a seconda delle stagioni.

Come si chiamerà?

Luigi, tu non ti accontenti mai… lo sveliamo nella prossima intervista. Affare fatto?

Chi è Philippe Debray
45 anni. È laureato in Economia e Commercio. Entra in Decathlon nel 1990 come responsabile di reparto del negozio di Bordeaux, Francia. Si occupa poi di merchandising presso la sede centrale di Lille, Francia. È in Spagna dal 1994 al 1997, prima come direttore di negozio e poi come direttore regionale. Successivamente si trasferisce in Argentina, come responsabile produzione e in seguito capo paese, dove rimane fino al 2000. Ritorna in Francia per ricoprire il ruolo di direttore centrale acquisti Gruppo a Lille, dove resta fino al 2002. Nello stesso anno assume le prime responsabilità in Italia. Dal 2003 è amministratore delegato di Decathlon Italia. Oggi è anche garante dei concept internazionali.

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