Ipermercati: è crisi del formato oppure soltanto crisi del mercato?

Primo PIano – La situazione economica ha certamente colpito duramente il format, dal quale però iniziano a trapelare alcuni elementi di debolezza. (Da MARK UP 189)

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1.
Il format perde terreno su elementi di differenziazione e istintività tradizionale

2. Va ripensata l'intera tipologia e il modello organizzativo

Tra ipermercati e consumatore italiano forse non è mai stato amore a prima vista, ma il rapporto è oggi particolarmente incrinato. Pur tuttavia qualche dubbio resta sul fatto che si tratti di un'autentica crisi del formato o più semplicemente di una crisi del mercato. La crisi economica ha messo a dura prova tutti i formati distributivi. Analizzando la performance del canale ipermercato dal 2006 al 2009 si evidenzia però come la ponderata sia sostanzialmente stabile (16,5% dal 2006 al 2009) a fronte di una numerica in aumento (da 360 a 411 punti di vendita): in sintesi, gli investimenti fatti non hanno dato i risultati sperati. E ciò, a maggior ragione, se si guarda alla crescita continua negli anni del canale superstore che, val la pena ricordarlo, è in buona parte trainato dalle ottime performance di Esselunga. Analizzando poi il trend di produttività dei formati le rese al mq degli ipermercati vedono un calo di oltre il 2% dal 2007 a oggi (nell'evoluzione percentuale dal 2007 al 2009 di fatturato/mq) a fronte di una crescita di oltre 6 punti percentuali del formato superstore.

One point… stop
La crisi economica ha certamente colpito con maggior forza gli ipermercati, ma tra gli addetti ai lavori inizia a circolare la consapevolezza che il format stesso abbia nella sua stessa concezione alcuni elementi di debolezza. Sono ancora validi i fattori critici di successo del format? Ampiezza assortimentale, semplificazione dell'acquisto, contenuto esperienziale e convenienza sono i fattori sui quali gli ipermercati hanno puntato nel corso degli anni e che oggi sono messi a dura prova. Numerose ricerche evidenziano ormai come l'ipermercato spesso venga meno alla mission di semplificazione dell'acquisto (“one point shop”): in generale l'eccessiva densità referenziale, anche nella medesima fascia di prezzo, insieme alla complessità del layout, generano tempi di permanenza all'interno della superficie di vendita eccessivamente elevati rispetto ai format concorrenti e, talvolta, si registra una forte ansia percepita dal consumatore sul punto di vendita. Inoltre lo stesso target primario degli ipermercati, le famiglie numerose più attente alla spesa “di scorta”, risultano strutturalmente in calo: ogni giorno leggiamo infatti dell'invecchiamento della popolazione, del minor numero di figli e così via.
Venendo invece alla convenienza si assiste certamente alla forte crescita della pressione promozionale su tutti i formati (27,9% di sell out promo negli ipermercato vs 24% superstore e 19,5% supermercati) anche come risposta alla crescente richiesta di risparmio sul carrello della spesa in tempo di difficoltà economica delle famiglie. Peraltro diminuisce notevolmente il lift promozionale (da 112 punti nel 2008 a 106 nel 2009): al maggior utilizzo della leva promozionale corrisponde quindi una minor efficacia della stessa, spuntando in sostanza una delle principali armi dell'ipermercato.

Bastione non-food
Più difficile decifrare invece quanto l'assortimento, e segnatamente la quota di non-food presente sul punto di vendita, sia un elemento che concorre alla crisi del format ipermercato: se infatti le categorie extra alimentari sono quelle più colpite dalla crisi è anche vero che l'alimentare in generale è registrato in costante calo dall'Istat nelle abitudini di consumo degli italiani, a scapito delle altre categorie. Non semplice è quindi intendere quale sia la somma dei due trend.

*Eurogroup Consulting

Occorre autonomia periferica e nuovi riferimenti
Molti sottolineano l'eccezionalità della crisi e altri sostengono che, comunque sia, alcuni competitor realizzano risultati soddisfacenti anche nel canale degli ipermercato. Peraltro sono evidenti e profondi gli elementi che mettono in discussione alcune caratteristiche di fondo del formato.
È opportuno quindi avviare una riflessione ampia, che consenta di attrarre traffico da altri canali. Tre le linee di azione:
razionalizzare l'offerta adeguandola in maniera coerente ai target di consumo: interessante per esempio la rivisitazione del format da parte di Gruppo Casino, in Francia, riposizionato sul target femminile, di cui oltre il 50% è single;
riposizionarsi verso i category killer sia a livello nazionale sia a livello locale, confrontandosi con i competitor locali, e a maggior ragione se inseriti all'interno del medesimo centro commerciale;
integrare i formati esistenti: gestione unitaria del cliente su più insegne del medesimo gruppo, integrazione tra canali fisici e virtuali, attivazione iniziative e promozioni cross-canale e cross-category, e così via.
analisi critica del modello organizzativo adottato, e principalmente del livello di accentramento/decentramento delle strutture organizzative e delle decisioni, dal merchandising all'organizzazione degli store.

Allegati

189-MKUP-Crisiper
di Francesca Benini Francesco Deligios / giugno 2010

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