La competitività nell’industria manifatturiera è un fattore ad alta volatilità

di Francesco Oldani

Dieci anni fa, l’Italia presentava dei costi complessivi di produzione manifatturiera inferiori a Germania, Francia, Belgio e Svizzera. Nel 2014, dopo 10 anni, in Ue solo Francia e Svizzera rimangono un po’ più costosi dello Stivale. Nel decennio 2004-2014 sono aumentati vertiginosamente i costi dell’Australia che nel 2014 ha superato nettamente l’Italia e del Brasile, appena sopra. Il mondo, negli ultimi 10 anni, è cambiato oltre le previsioni tanto che alcune posizioni ritenute scontate non sono più tali. Un esempio? Secondo lo studio BCG, il Brasile è oggi uno dei Paesi più costosi per la manifattura, mentre il Mexico è più economico della Cina; in Europa Occidentale il paese più competitivo è il Regno Unito.

Il modello di BCG
La manifattura rimane il pilastro economico più importante per le economie dei paesi avanzati e per questo motivo la misurazione della stessa negli anni anticipa i trend futuri. Il modello di BCG considera il costo del lavoro, la produttività, l’energia e la moneta e computa un indice di competitività per la manifattura nel 2004 e nel 2014. Il modello (accessibile da questo link) fruibile via web ha il plus di essere dinamico: è possibile selezionare uno dei 25 Paesi dello studio e fissarlo come valore di riferimento in modo che tutti gli altri vi si relazionano.
Passando dal 2004 al 2014 si vede come sono cambiate le situazioni competitive. I dati elaborati da BGC derivano dai molteplici fonti istituzionali ed economiche.

Index

Futuro prossimo
Che ne sarà delle moderne economie da qui a un decennio? Lo studio di BCG tenta una risposta suddividendo i Paesi con il maggior export in quattro categorie. Vediamole.
Il primo set è quello delle economie sotto pressione. Vi appartengono Brasile, Cina, Repubblica Ceca, Polona e Russia. Progressivamente la competitività di questi paesi legata al basso costo del lavoro scemerà spostando l’attenzione degli investitori altrove.
Il secondo insieme è quello dei Paesi che perderanno terreno: Australia, Belgio, Francia, Italia, Svezia e Svizzera. Si tratta di paesi ad alto costo del lavoro che nei prossimi anni perderanno competitività a causa di una debole crescita di produttività e della crescita del costo dell’energia.
Il terzo insieme è quello dei Paesi stabili. Qui troviamo India, Indonesia, Olanda e Regno Unito.
Infine il quarto insieme sono i paesi dalle economie fortemente emergenti: Mexico e USA. Qui aumenterà la produttività e l’energia avrà costi favorevoli.

 

Altri fattori
L’intero studio di BCG è scaricabile da questo link. Nell’originale classificazione effettuata si pare lo spazio a qualche considerazione. Vi sono altre variabili che possono giocare pesantemente con quelle individuate dallo studio del Bcg.
Margini di efficientamento. Nei paesi appartenenti al gruppo “perdenti” ci sono situazioni eterogenee. Paesi efficienti come Francia, Svizzera e Svezia sono accumunati a paesi a bassa efficienza come l’Italia. Sono molto differenti i margini di ottimizzazione interna e il potenziale recupero di competitività.
Costo dell’energia. Nei prossimi dieci il settore energetico potrebbe conoscere un improving tecnologico senza precedenti rimescolando le carte. Le soluzioni individuate dagli Usa che dovrebbero consentire la loro indipendenza energetica nel 2025 hanno un impatto ambientale largamente sottostimato: l’estrazione di combustibili fossili dalle sabbie bituminose e la tecnica del fracking è solo agli inizi.
Costo della corruzione. L’economia di alcuni paesi è condizionata dal costo della corruzione e delle criminalità organizzate e internazionali (Italia, Mexico e Russia). Nei prossimi anni la risoluzione o esplosione di questi fenomeni può incidere profondamente.
Conflitti e cambiamenti climatici. Il terzo millennio ha registrato un esplosione di guerre e conflitti globali senza precedenti. La situazione medio orientale e africana possono incidere nel futuro prossimo in modo più importante di quanto sia oggi prevedibile. I cambiamenti climatici sono un altro fattore destabilizzante per le economie in quanto il loro impatto non è progressivo e omogeneo.

Tornando allo studio BGC e restringendo il focus all’Italia, emerge che la situazione di svantaggio è pesante ma, a parere di chi scrive, ha potenzialità di recupero superiori a quelli altri paesi. Se il costo dell’energia è il più alto così come la produttività è nelle posizioni di coda, ciò che appare più penalizzante è la resistenza al cambiamento.

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