La Doria chiude il primo trimestre con i principali indicatori in crescita

Ebitda ed Ebit in crescita a due cifre percentuali, più che raddoppiato l’utile netto rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La società stima l'impatto negativo dell’inflazione

Il primo trimestre de La Doria va in archivio con tutti i principali indicatori in crescita. Risultati raggiunti nonostante la complessità dello scenario, anche se per il futuro l’azienda si attende un impatto negativo sulla marginalità per il persistere di un’inflazione elevata.

I numeri

Il periodo gennaio-marzo si è chiuso con ricavi per 238,4 milioni di euro, il 7,2% in più rispetto al medesimo periodo dello scorso anno (+4,6% a cambi costanti). L’Ebitda è cresciuto del 16,3% a 23,5 milioni e l’Ebit del 7,7% a 18,3 milioni. Alla luce di questi risultati e delle strategie di efficientamento messe in atto dall’azienda, l’utile netto è più che raddoppiato nel confronto annuo, a quota 14 milioni. La generazione di cassa ha consentito di abbattere l’indebitamento netto, che a fine 2021 si è attestato a 66,9 milioni di euro contro i 114,3 milioni del 31 dicembre 2021.

La Doria
Antonio Ferraioli, amministratore delegato
Attività industriale in forte crescita

Con riguardo all’andamento delle varie aree di business del gruppo La Doria attivo nella produzione di derivati del pomodoro, sughi, legumi e succhi di frutta a marchio della gdo, l’attività manifatturiera (svolta dalla capogruppo La Doria e dalla controllata Eugea Mediterranea) ha visto crescere il fatturato nell’ordine del 17% sia per l’aumento dei volumi di vendita, sia per l’andamento favorevole dei prezzi. Mentre l’attività di trading (esercitata dalla controllata Ldh sul mercato britannico, ha registrato una riduzione dei ricavi nell’ordine del 4,2%, dovuta alla flessione dei volumi, in parte compensata dall’aumento dei prezzi, che ha riguardato quasi tutte le categorie di prodotto.
A livello geografico, bene soprattutto il mercato domestico, con un incremento delle vendite nell’ordine del 18,5% rispetto al primo trimestre 2021, grazie soprattutto al contributo dei legumi, mentre sui mercati internazionali – che pesano per l’82,5% del totale - l’incremento si è fermato al 5%.

Pesa l’incertezza

Detto di quel che è stato finora, l’azienda segnala che l’incertezza macro potrebbe pesare sui mesi a venire.

“L’invasione russa dell’Ucraina ha determinato, in un mercato già caratterizzato da restrizioni e rallentamenti nella catena degli approvvigionamenti per via della pandemia, ulteriori complicazioni sia in termini di prezzi, sia di tempistiche di consegna e di disponibilità e continuerà a rappresentare una minaccia”, spiega una nota diffusa dalla società campana. “Le spinte inflazionistiche, inizialmente legate all’emergenza sanitaria, sono state acuite dal conflitto in corso e continueranno a gravare sui costi della società”. Inoltre viene sottolineato che “l’ulteriore marcato rincaro dei prezzi delle materie prime e degli imballaggi, dei costi energetici e di trasporto si rifletterà immancabilmente sui margini operativi del gruppo, in particolare a partire dal secondo trimetre dell’esercizio”.

Tirando le fila, l’amministratore delegato, Antonio Ferraioli, parla di “risultati soddisfacenti”. Anche se, guardando all’intero esercizio in corso, non nasconde un po’ di preoccupazione. “Il 2022 - che già prima dello scoppio del conflitto russo-ucraino si prospettava come un anno sfidante, gravato da forti spirali inflazionistiche legate alla pandemia - sarà un esercizio caratterizzato da pesanti incrementi dei costi che impatteranno negativamente sulla marginalità del gruppo stante l’estrema difficoltà di trasferire per intero i rincari ai clienti”.

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