La Gda migliora i tempi dei pagamenti

Retail – In uno scenario in cui le imprese italiane tendono a procrastinare sempre più il saldo delle fatture dei fornitori, le insegne della grande distribuzione accorciano i tempi rispetto a un anno fa.

Diminuiscono i ritardi di pagamento in tutte le tipologie della grande distribuzione italiana. Un segnale senz’altro positivo, che mostra come, rispetto al 2009, ci sia maggiore fiducia e ottimismo. Cerved Group ha analizzato le esperienze di pagamento del largo consumo, monitorando nel periodo tra gennaio 2009 e luglio 2010 i comportamenti di circa 9.000 imprese della Gd e nella Da e distinguendole per canale di vendita. Quanto alla grande distribuzione, le superette sono risultate in gran ripresa, dopo un 2009 in cui avevano sofferto tensioni di liquidità. I discount che beneficiano della ricerca della promozione e del giusto prezzo, abitudine del consumatore accentuata dalla crisi ma ormai consolidata, continuano ad essere i pagatori più regolari e puntuali. Pure i supermercati si sono distinti nel 2010 per un miglioramento dei tempi di pagamento, anche grazie al fatto che spesso sono riusciti ad ottenere condizioni migliori. Andamento simile è stato seguito dai cash & carry. Bene anche gli ipermercati, che comunque nel 2009 avevano “retto” meglio degli altri canali.

Imprese: dilaga il “pagherò”
Mentre la Gd migliora i pagamenti, negli ultimi 12 mesi, secondo un’analisi di Cribis D&B, le imprese italiane nel loro complesso sono state meno puntuali nel saldare le fatture. Nel terzo trimestre del 2010 solo il 39,22% delle aziende ha pagato alla scadenza concordata, mentre il 50,90% ha accumulato un ritardo fino a un mese. Rispetto al trimestre precedente è calata del 3% la percentuale delle aziende “virtuose”, che hanno registrato il dato più basso dal 2008.

Centro nord, Pmi e agricoli i più puntuali
Meno di quattro imprese su 10 insomma pagano i fornitori alla scadenza. Cribis D&B fornisce anche un dato “localizzato”. Si scopre quindi che le aziende più virtuose si trovano nelle Marche, con il 46,65% che ha pagato entro i termini pattuiti, in Trentino (45,61%) e Valle d’Aosta (44,38%). In coda alla classifica Sicilia e Campania, che non raggiungono il 32% di pagatori regolari. In generale, oltre il 40% delle imprese del centro-nord ha pagato puntualmente i fornitori, mentre a sud il tasso di pagamenti puntuali è stato inferiore al 34%.
Tra i macro settori, maglia nera per commercio all’ingrosso e industria, con una percentuale di pagamenti puntuali al di sotto del 37% del totale. Molto meglio, invece, agricoltura e servizi finanziari, con più del 44% di pagatori “alla scadenza”.
Per tutti i settori i ritardi di pagamento si concentrano principalmente nella fascia “fino a 30 giorni”, con quote comprese fra il 44,76% dell’agricoltura e il 55,92% del commercio all’ingrosso. La percentuale maggiore nei ritardi più gravi (superiore ai 90 giorni), che è dell’1,19%, è da ascriversi alle aziende del commercio al dettaglio.
In generale però le micro e piccole imprese tengono un comportamento più equilibrato con una quota di pagamenti puntuali del 43,87% e del 32,76% rispettivamente. Fanno molto peggio le medie e le grandi aziende, che hanno registrato rispettivamente il 22,11% e l’11,10% dei pagamenti regolari.

Fallimenti e tagli di personale, soffrono le imprese italiane
Un'analisi condotta da Cribis D&B insieme all’istituto di ricerche Format delinea invece il quadro dei cambiamenti sul tessuto economico e sociale del nostro paese conseguenti alla crisi.
La diminuzione della domanda di beni e servizi ha comportato una riduzione degli investimenti da parte delle imprese pari al 16%, ma anche l'aumento dei fallimenti, cresciuti del 25% nel 2009 rispetto all’anno precedente e del 26% nel primo semestre 2010, che hanno colpito soprattutto le piccole imprese.
Le contromisure adottate per fronteggiare gli effetti della crisi si sono tradotte nella gran parte dei casi nella chiusura di unità produttive, con gravi conseguenze sull'occupazione. Una “soluzione” adottata specialmente dalle grandi imprese, in realtà meno colpite dalla crisi, mentre le microimprese (da 1 a 9 addetti) nonostante abbiano sofferto maggiormente gli effetti negativi della crisi hanno evitato di ricorrere alla riduzione del personale. Una situazione, quella del calo occupazione, che iniziava ad essere segnalata dalle imprese già negli ultimi tre mesi del 2008, che si è inasprita nel corso del 2009 e che non ha registrato miglioramenti neppure nei primi mesi del 2010.
Altro punto dolente per le imprese sono le esportazioni, in calo da tempo (2001) e diminuite, nei primi due anni dall’inizio della crisi, di oltre il 20% (contro il 16,9% della media dell'Ue). Soltanto nel primo semestre del 2010 è stata registrata una leggera ripresa.

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