Gestione della catena di fornitura: abilitante per la crescita d’impresa

L’evoluzione dell’azienda passa dal focus sulla supply chain, che dovrà supportarne chiaramente lo sviluppo e migliorarne le prestazioni economiche

L’immagine con cui il New Yorker a dicembre 2021 ha inserito in copertina Babbo Natale che cerca di far attraccare con tutte le sue forze una nave portacontainer ha rappresentato con molta efficacia all’opinione pubblica la rilevanza dei problemi e difficoltà che le supply chain hanno dovuto affrontare negli ultimi mesi.
L’evoluzione dei modelli organizzativi aziendali ha portato alla decomposizione della classica catena del valore di porter e alla necessaria costruzione, configurazione e organizzazione di supply chain che avessero l’obiettivo di migliorare la gestione dei flussi della catena logistica. Questa evoluzione ha spostato gli obiettivi di efficienza, produttività e creazione di valore dalla singola impresa ad un network molto più esteso di differenti soggetti terzi, ciascuno avente una funzione specifica ed essenziale per la supply chain. Lo scopo di quest’ultima, se attivamente gestita, è quello di costruire un modello più competitivo rispetto a quello dei concorrenti.

Quando una supply chain non funziona o si ferma ci sono delle conseguenze per le attività produttive, distributive e commerciali e soprattutto tutti noi come consumatori ce ne accorgiamo chiaramente.
La logistica rappresenta il collante principale che conduce e movimenta i flussi di prodotti da una parte all’altra del mondo nelle loro varie forme (materie prime, semilavorati e prodotti finiti), da un fornitore a un cliente fino al consumatore finale.
Le supply chain globali, soprattutto a seguito dell’emergenza sanitaria, stanno avendo molte difficoltà a raggiungere obiettivi di efficienza e di servizio; ciò ha fatto aumentare il costo delle attività logistiche spingendo molte imprese in queste settimane a dover rialzare il prezzo dei prodotti a valle. Una delle ultime notizie riguarda Ikea, che rialzerà del 9% il prezzo medio alla vendita dei suoi prodotti a causa degli aumenti dei costi delle materie prime, dei costi di trasporto, di produzione e di gestione dei punti vendita.

Parallelamente altre imprese, in particolare nel trasporto container, hanno registrato utili da record, portando il comparto del trasporto marittimo a chiudere l’anno 2021 con un Ebit complessivo che si stima possa superare i 100 miliardi di euro; a titolo d’esempio, per far comprendere il momento eccezionale che stiamo osservando, Maersk nel terzo trimestre 2021 ha registrato utili pari alla somma di quelli registrati da Amazon e Ups.
Minimizzare i costi o ottimizzare il flusso sono obiettivi importanti, ma lo scopo più chiaro e principale che oggi si dovrebbe porre la gestione di una supply chain è quello di abilitare la crescita e lo sviluppo di una impresa: riuscirci non è semplice soprattutto in condizioni di incertezza e dove l’emergenza sanitaria ha fatto emergere chiaramente i diversi livelli di problematicità e vulnerabilità a cui possono essere sottoposte le supply chain.

Raggiungere questi obiettivi necessita di considerare e gestire attivamente una serie di complessità che possono minare la configurazione ottimale e la relativa strategia di una supply chain, di seguito ne vedremo alcune.
La prima complessità è generata dalla differenza tra il tempo dei cicli produttivi, logistici e commerciali che incide sull’efficacia delle vendite delle imprese. Nel settore dell’abbigliamento o dell’elettronica, per esempio, i cicli produttivi e logistici possono durare mesi mentre il momento delle vendite è circoscritto a poche settimane; di conseguenza la mancata sincronizzazione delle varie fasi comporta ritardi ed inefficienze alle attività successive oltre che un peggioramento del livello di servizio. La scarsità di alcune materie prime, su tutti i semiconduttori, e dei container, con un aumento di oltre il 300% del costo del nolo negli ultimi 18 mesi, sono elementi che stanno inficiando la regolarità e l’efficienza della movimentazione delle merci, nonché i tempi di produzione ed evasione degli ordini in molti settori industriali.

Un secondo elemento di complessità risulta di conseguenza la gestione dei lead time logistici ovvero del tempo totale necessario per completare la produzione ed il rifornimento di un prodotto. Un dato su tutti, secondo la misurazione periodica di Flexsport, i transit time fra l’Asia e l’Europa hanno visto un tempo medio di trasporto pre-pandemia di circa 55-60 giorni, mentre la situazione al 2 gennaio 2022 lo ha visto attestarsi a 108 giorni. Questa differenza sostanziale ha creato tempi lunghi di approvvigionamenti e complessità nella gestione dell’assortimento a valle sui punti vendita.

Un terzo elemento di complessità è la variabilità della domanda esacerbata dalla attuale crisi sanitaria. Infatti, talvolta la qualità delle previsioni di vendita consente di ridurre, a volte in maniera davvero significativa, il livello di ‘non conoscibilità’ del mercato, permettendo cioè di diminuire il peso dell’imprevedibilità della domanda: tale effetto è generalmente conseguibile mediante una condivisione il più possibile estesa delle informazioni di previsione da parte dei vari attori della supply chain, per costruire scenari attendibili. Tuttavia, in condizioni di multipli lockdown di regioni geografiche ovvero l’assenza dei lavoratori per Covid 19 o la parziale chiusura di un porto rende ancora più difficile riuscire a mantenere livello di stock e di disponibilità del prodotto soddisfacenti.
Infine, un quarto elemento di complessità è legato alla numerosità degli attori coinvolti e dunque dei nodi e link che compongono un network di una supply chain. Tanto più le imprese divengono parte di una supply chain complessa, quanto più sussiste il rischio di dipendere dalle performance o dalla condotta di altre imprese del network, a maggior ragione se tali performance, oltre ad influenzarsi tra loro, possono generare effetti a cascata a valle fino al cliente finale.

Una questione centrale, dunque, è capire come anticipare, rispondere, riprendersi e crescere da eventi avversi e interruzioni. Tra le scelte più rilevanti per configurare una supply chain resiliente che sia in grado di gestire possibili variabili di vulnerabilità sono strategie come la ridondanza delle scorte, il multisourcing (cioè approvvigionamento da più fornitori, anche in punti geografici diversi), la flessibilità produttiva, il miglioramento della visibilità end to end tramite tecnologie abilitanti e la possibilità di prendere decisioni sempre più data driven. Costruire resilienza, flessibilità e reattività nelle supply chain significa individuare partner coerenti con tali strategie, viste come una capacità essenziale per migliorare la competitività di un’azienda trasformando eventi dirompenti e cambiamenti nel mercato/ambiente in opportunità.

Non si tratta solo di fare la cosa giusta prevenendo eventuali eventi avversi, ma di essere consapevoli che esistono diverse e specifiche forme di resilienza che non tendono a riportare la supply chain a come era prima di qualche evento traumatico, bensì tendono a riprogettare una strategia di supply chain e le relative operations tramite nuovi investimenti (per esempio, una nuova infrastruttura digitale o diversi fornitori) oppure tramite l’acquisizione di nuove competenze adatte a lavorare in contesti complessi dove è necessaria una forte leadership in grado di gestire e comunicare il cambiamento.
Tale rilevanza nella gestione della supply chain porterà nel tempo sempre più ceo aziendali ad avere un background professionale come direttori della supply chain o delle operations e, già accade, che i supply chain manager siedano a pieno titolo nei tavoli dove le imprese decidono i loro assetti strategici assieme ai direttori commerciali e finanziari. È probabilmente una nuova era per la gestione, l’organizzazione e la relativa trasformazione di molte imprese dove la supply chain supporta chiaramente la crescita aziendale, contribuisce al miglioramento delle prestazioni economico-finanziarie e, sfida attuale, ai progetti che contribuiranno alla difficile sfida verso la transizione ecologica.
*Ivan Russo, Università degli Studi di Verona

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome