La moda è democratica con il web

MARK UP LAB – Il 2.0 ha rivoluzionato i paradigmi del fashion tra blogger e siti crowdsourcing. Confermando la manifestazione di libera scelta (da MARKUP 220)

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La moda è democratica per natura. Ad affermarlo è la giornalista Giusi Ferré sottolineando, inoltre, che nel libro "L'impero dell'effimero" di Gilles Lipovetsky, volume che tratta il rapporto fra moda e democrazia, l'autore sostiene che nei regimi dittatoriali non esiste la moda; la moda è espressione di libera scelta quindi è espressione di democrazia. Andando a riprendere questa pubblicazione si può leggere una nota interessante: "Con l'epoca della moda si è fatto un passo ulteriore sulla via dell'eliminazione democratica di tutto ciò che è intangibile e sacro". La moda, dunque, permette tutto. Il fast fashion da una parte e il web 2.0 dall'altro hanno solo contribuito al corso inesorabile della moda, ovvero riavvicinare il bello a tutti, in una ottica di perenne e imperituro rinnovamento.

La rivoluzione online
È evidente a tutti quanto e come il web 2.0 ha rivoluzionato la moda, così come eravamo abituati a intenderla negli anni passati: oggi tutti possono partecipare alle sfilate dell'alta moda in diretta streaming, talvolta si ha persino la possibilità di scegliere un capo e acquistarlo in diretta. Ma si ha anche la possibilità di acquistare prodotti di alta moda a prezzi scontatissimi su siti e-commerce quale, per esempio, yoox.com, store virtuale multi-brand. Le grandi griffe applicano, infatti, sconti online che sarebbero impensabili nei punti di vendita. È consapevolezza comune che sul web si compera proprio in virtù degli sconti che si trovano applicati a qualsiasi categoria di prodotto, anche per le più prestigiose maison.
E ancora, online tutti possiamo fare splendide scoperte sulla storia della moda italiana, entrando in musei di alcune griffe. È il caso di Valentino Garavani, che invita a entrare nel suo museo virtuale per scoprire la storia della maison, le sue icone di stile come Sofia Loren, Jackie Kennedy Onassis e poi Julia Robert e Angelina Jolie, i costumi per le scene di importanti spettacoli teatrali, ma anche gli scatti fotografici più famosi e i fashion film, che hanno saputo ben interpretare l'atmosfera che da sempre connota Valentino. Una splendida porta aperta sul lusso e sulla moda italiana.E cosa dire ancora dei fashion film, cortometraggi realizzati per una diffusione online: il video di T by Alexander Wang ha contato 492.000 visitatori nelle prime 5 settimane di uscita; il fashion film di Louis Vuitton, girato al Louvre, intitolato "L'Invitation Au Voyage" e realizzato da Inez&Vinoodh, registra 20 milioni di spettatori su YouTube. Ma il web 2.0 non lascia al consumer solo il ruolo di spettatore.
Nel 2006 il Times aveva pubblicato sulla tradizionale copertina di inizio anno, dedicato al personaggio dell'anno, l'immagine di un computer sul cui monitor campeggiava la scritta "You": un nuovo individuo-consumatore che crea nuovi valori e conferisce nuovi significati all'esperienza di consumo, cioè che ha acquisito un nuovo ruolo nel processo comunicativo che va dal brand all'individuo sviluppando un ruolo più attivo e partecipativo. Basti pensare al numero in costante crescita di coloro che usufruiscono e producono contenuti sul web in Usa dal 2007 al 2012.

La moda non fa eccezione
I fashion blogger sono la riprova del fatto che oggi ciascuno di noi può diventare opinion leader in un mercato tradizionalmente chiuso come quello del fashion. Basta avere competenze riconosciute da chi ci segue.
Così, oltre a coloro che già erano professionisti del settore, diventati poi noti fashion blogger internazionali come Scott Schuman con il suo thesartorialist.com o Anna dello Russo con annadellorusso.com, ci sono persone che si sono avvicinate al fashion proprio attraverso un blog.
Il caso più singolare è ancora sicuramente quello di una bambina di 11 anni di Chicago (oggi 16enne), che ha dato vita al suo thestylerookie.com, un blog in cui commentava le sfilate dell'alta moda e proponeva outfit decisamente originali. Questo blog le ha permesso di godere di grande visibilità e credibilità non solo presso il suo pubblico, ma anche presso i magazine di moda più autorevoli e le migliori griffe al mondo. Nel 2011, poi, la ragazza trasforma la sua pagina in un vero magazine online "Rookie" e contemporaneamente guadagna un posto tra le trenta donne under 30 dei media più importanti del mondo secondo Forbes. Nel 2012 ha pubblicato il suo primo progetto cartaceo: "Rookie - Year Book One".

Il crowdsourcing
L'individuo comune diventa sempre più opinion leader nel fashion. Così nascono siti dedicati a questa mission: sono i siti di crowdsourcing. Questo termine deriva dall'unione di crowd, folla, e outsourcing, che in gergo aziendale significa affidare all'esterno parte delle attività. In pratica indica il consultare le comunità virtuali per testare e cercare nuove soluzioni, idee e contenuti.
È il caso del sito fashionstake.com, ovvero un sito in cui gli stilisti emergenti americani interagiscono direttamente con i possibili acquirenti, da cui ricevono consigli e output per le nuove proposte, ma anche sostegno economico per la loro attività. In cambio questi utenti possono beneficiare di crediti nel catalogo abiti. ■

Allegati

220_Moda_democratica

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