La nuova normalità secondo gli italiani, tra abitudini e percezione

La maggioranza, ad esempio, si sente a disagio nel visitare i negozi. Il nostro quadro sull'inizio della fase 2, che sintetizza diverse ricerche sul tema

Da un lato si conferma l'adozione di nuovi comportamenti e paradigmi, tanto che nel rapporto con il digitale abbiamo parlato di un nuovo Rinascimento, dall'altro gli italiani si affacciano a questa "nuova normalità" con una certa cautela e riluttanza. Le ricerche sul tema abbondano da diverse prospettive, ecco dunque la nostra sintesi sul consumatore del nostro Paese alle prese con la fase 2.

ACQUISTI: ECOMMERCE SÌ, NEGOZIO NÌ
Secondo uno studio di Bain & Company condotto in Italia, Francia, Germania Regno Unito e Svezia, tra i molti nuovi consumatori che, soprattutto nel nostro Paese e in Uk, si sono avvicinati per la prima volta all’eCommerce, l’80% ha ritenuto l’esperienza soddisfacente (non solo per un tema di prezzi), e il 40% dichiara che continuerà usufruirne più di quanto fatto in passato. Il profilo dell’acquirente medio si è spostato verso un’età più avanzata e un reddito minore rispetto al pre-crisi. Il 30% degli italiani intervistati – cioè il 10% in più rispetto agli altri Paesi - ha infine sottolineato che acquisterà di più presso i discount.

Attenzione, però, il 60% degli italiani afferma anche di aver sospeso la maggior parte degli acquisti (prevedibilmente non essenziali) rispetto al solo 30-40% che si registra degli altri Paesi europei. Un dato che si spiega con il fatto che la netta maggioranza mostri un senso di disagio, più netto o marcato, nel fare oggi la spesa, alimentare in primis. Sembra restare nell'aria, insomma, quella sensazione ancora spiacevole e difficile da "distopia orwelliana" di cui abbiamo già parlato su queste pagine e che i brand devono assolutamente cercare di contrastare con una nuova comunicazione (e non solo). Da un'indagine di Toluna emerge infatti che gli italiani prestano sempre più attenzione a quali azioni sono intraprese dai brand in risposta all'attuale situazione socio-economica.

LA CODA LUNGA DELL'ANSIA, CHE PORTA PERÒ A UN NUOVO SGUARDO SULLO SVILUPPO SOSTENIBILE
A conferma dell'ultima considerazione sopra, arrivano ulteriori dati. L’esplosione della pandemia ha infatti generato elevati livelli di ansia e di preoccupazione tra i consumatori, tanto da essere vista da molti di essi come un punto di non ritorno: il 30% degli italiani ha dichiarato che non si aspetta che la vita post-Covid possa essere uguale a prima (Bain). Soltanto il 15% degli intervistati ritiene che si potrà tornare davvero a una sorta di “nuova normalità”, ma non prima di almeno 7 mesi.

Anche l’impatto del Covid-19 sulla sicurezza finanziaria dei cittadini risulta critico: ancora una volta gli italiani sono i più preoccupati (60% vs. il 40% negli altri Paesi europei) e i più pessimisti rispetto alle risposte del Governo in merito ai timori diffusi di una recessione economica di lunga durata.

Secondo un'indagine Asvis/Doxa, per circa la metà degli italiani, come prevedibile, il lavoro e la salute sono ad oggi le priorità per uscire dalla crisi. Cresce, nel complesso, il senso di urgenza per attuare in Italia l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, pur con le relative differenze geografiche di priorità. In Lombardia, ad esempio, il 27% degli intervistati ritiene prioritario ripartire dal sostegno alle imprese (Goal 9), a fronte di un 15% dei residenti al Sud e nelle isole. La lotta alla povertà (Goal 1) e la riduzione delle disuguaglianze (Goal 10) sono invece ritenute più importanti nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese.

Per quanto riguarda le diverse fasce d’età, dal sondaggio emerge che per le persone di età inferiore ai 34 anni la parità di genere (Goal 5) e la tutela degli ecosistemi marini (Goal 14) sono considerati decisamente più importanti rispetto a quanto valutato dagli over 65. Infine, per gli elettori di sinistra il tema delle disuguaglianze è considerato particolarmente importante, mentre per quelli di destra lo è quello che riguarda le imprese, l’innovazione e le infrastrutture.

LA NUOVA PROSPETTIVA SU CASA E SMART WORKING
Il tema smart working è stato molto dibattuto e ampiamente trattato anche su queste pagine. La pratica porta certo con sé alcune questioni da affrontare e lati oscuri (come il "diritto alla disconnessione" e a un equipaggiamento idoneo), ma questo anche perché è entrata "in vigore" rapidamente e forzatamente, per i più senza gradualità e strategia. Ciò non toglie che, ciò nonostante, per la maggioranza di lavoratori sembra trattarsi di una piacevole scoperta sia in termini di produttività che di work-life balance.

Nota di curiosità: questo sta portando anche alla nascita di nuovi servizi per i dipendenti che lavorano da remoto, come nel caso delle box delivery di Elior, ovvero kit preconfezionati di alimenti di prima necessità da ricevere a domicilio.

La fase 1, insomma, sembra aver cambiato nel lungo termine il rapporto con la propria casa e le attività da svolgere al suo interno, sia in termini di shopping online che di smart working. Non solo. Il 10-15% degli intervistati si dichiara disposto a spendere/investire per rendere più confortevole la propria abitazione in vista del maggior tempo da trascorrervi anche in futuro.

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