La pressione promozionale soffoca i rinnovi generazionali di prodotto

PREVISIONI 2011 – McKinsey: l'impresa è obbligata ad avere una strategia di prezzo di lungo termine. (Da MARK UP 195)

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1.
La valutazione superficiale delle referenze nel fine vita

2. L'incapacità di declinare i prezzi nella complessità dei cicli e dei portafogli prodotto


Non mancano negli archivi errori anche dolorosi in materia di mancata evoluzione del prezzo all'interno del ciclo di vita di prodotto o servizio. Come se l'evoluzione del primo non riuscisse a mantenersi in sintonia con il posizionamento in fieri del secondo all'interno del mercato di riferimento. Alla fine degli anni '90, a titolo di esempio, i tre principali produttori di supporti hard disk investivano circa 6,5 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo: nel decennio successivo la capacità di registrare bytes per unità di stoccaggio si è moltiplicata per oltre 10.000 volte, con una contrazione dei prezzi a unità venduta del 70% medio. A fronte di tale enorme creazione di valore per il cliente finale in termini di servizio, non è corrisposto analogo successo commerciale, con perdite per le società di riferimento di quasi 800 milioni di dollari nello stesso arco di tempo - principalmente per l'inadeguata gestione dei prezzi durante il periodo di evoluzione innovativa.

La complessità

Siffatta criticità generale è probabilmente accentuata, oggi, per l'ingresso regolare di nuovi prodotti spesso caratterizzati da cicli di vita scanditi in mesi e non più in anni. Ne deriva, in primis, l'esistenza per quasi ogni impresa di portafogli-prodotto con referenziazioni multiple e contemporanee sul mercato, per cicli di vita dei prezzi alquanto complessi nel loro intreccio. Così le decisioni in materia di prezzo di una singola referenza finiscono per avere importanti implicazioni sui posizionamenti degli altri item.

Esiste, poi, una pressione esterna collegata alla domanda di prezzo basso con il cliente che vuole di più a minor costo - magari accettando di buon grado la scomposizione della catena del valore; e c'è analogamente una pressione interna legata alla convinzione che un'errata definizione del prezzo di lancio finisca per compromettere fatalmente l'affermazione finale di una new entry. Andrebbero, per contro, testate sistematicamente percezione del valore nonché sensibilità di spesa successiva al lancio di un prodotto. In realtà l'impresa resta nel mercato senza un'idea precisa di come si collochino nel tempo i giusti punti di equilibrio fra prezzo di vendita e volumi generabili.

L'errore comune

L'individuazione di un prezzo ottimale nella fase di lancio di un prodotto consentirebbe di impostare il mantenimento di valore nel lungo termine e di superare effetti di raffreddamento derivanti da prodotti più vecchi. Capita sovente, invece, di monitorare produttori che entrano nel mercato con versioni rinnovate, offerte a 5-10 punti incrementali rispetto al prodotto precedente con un evidente sforzo strategico di incentivare la migrazione da old a new. In parallelo, però, l'edizione precedente resta nel mercato con cut price fino a 40 punti. Questo riposizionamento verso il basso trascina con sé il nuovo prodotto, che risulta quasi obbligato a mantenere un delta limitato rispetto alla versione precedente. Ne consegue un declino del listino medio dell'intera linea di prodotto che non rispecchia il valore degli investimenti effettuati in ricerca e sviluppo.

L'opportunità esistente

Il periodo finale del ciclo di vita di una referenza può del resto nascondere l'opportunità di alzarne il prezzo storico invece che di abbassarlo. Il valore percepito di quella parte di clientela che rimane fedele a una versione in fase di superamento di servizio/prodotto potrebbe essere, infatti di due tipologie: non abbastanza superato come agli occhi di chi ha già abbracciato (oppure sta per abbracciare) la versione rinnovata; e in questo caso un mantenimento del posizionamento storico appare giustificato. Oppure il suo valore potrebbe essere addirittura in aumento, proprio alla luce della nuova alternativa che non attira. In ogni caso, ridurre ai minimi termini l'intensità competitiva interna fra prodotti di generazioni differenti andrebbe considerato quale imperativo d'impresa nonché anticamera di una strategia di attenzione all'inutile proliferazione di gamme fin troppo estese. Non chiudendo alle nuove referenze, bensì diventando implacabili nei confronti delle vecchie che non garantiscono più una crescita complessiva del portafoglio.

* su dati McKinsey Quarterly - Ottobre 2010
(analisi Baker-Marn-Zawada)



Allegati

195-MKLAB-McKinsey
di Patrick Fontana / dicembre 2010

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