La protesta dei camionisti paralizza l’industria e svuota gli scaffali

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Foto da sito Cna
I blocchi stradali, partiti dalla Sicilia, stanno risalendo la Penisola. Conseguenze pesanti sulle imprese e sui consumatori

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, non ha conseguenze solo locali come abbiamo visto con Francesco Fiamingo di Magnit, ma rischia di esasperare ulteriormente una situazione già particolarmente tesa nel nostro Paese per il caro-carburanti. In mattinata il Brent (il petrolio europeo) ha toccato quota 103 euro (+7% rispetto a ieri), per poi ripiegare leggermente poco sotto 100 euro. Per avere un termine di paragone, solo a settembre il Brent era scambiato in area 70 dollari.

Le ragioni della protesta dei camionisti

Di fronte all’impennata del prezzo dei carburanti, nei giorni scorsi i camionisti – in particolare quelli aderenti alle sigle Unias e Unatras, mentre propendono per il dialogo Fai Sicilia, Assotrasport, Confartigianato, Fita-Cna, Assiotrat, Alis, Anita, Assotir - hanno avviato le proteste sotto forma di blocchi stradali su snodi decisivi in Sicilia. Rapidamente la situazione si sta allargando alla Puglia, alla Campania e risale verso il Centro della Penisola.

Attraverso questa esibizione di muscoli, i camionisti chiedono un taglio netto alle accise e della pressione fiscale, oltre a sconti autostradali e al riconoscimento della professione come usurante lamentando che la situazione attuale rende anti-economico viaggiare. Per domani è attesa una manifestazione pacifica che porterà i tir lumaca a concentrarsi in prossimità di Bari.

Le conseguenze sull’industria

Per comprendere la portata dello scenario che si va profilando occorre ricordare che in Italia il 70% circa delle merci viaggia su gomma e l’89% del traffico merci su strada è ad appannaggio del trasporto nazionale.

La Molisana di Campobasso ha bloccato da oggi la produzione, dato che i suoi camionisti non hanno modo di uscire dagli impianti per i blocchi di camion presenti. Non potendo trasportare la semola dal mulino allo stabilimento e la pasta dallo stabilimento ai distributori, l’azienda ha deciso di sospendere la produzione.

La stessa situazione si riscontra nell’area di Napoli e in vaste zone della Sicilia. Tanto che una nota congiunta dei rappresentanti isolani di Ciam Confagricoltura e Fruitimprese, oltre che del Consorzio Arancia Rossa di Sicilia Igp segnala che, se le proteste continueranno, c’è un “rischio collasso” per l’economia agricola isolana. Questo perché, all’impennata delle tariffe energetiche, si aggiunge la beffa della perdita di ingenti quantitativi di frutta e verdura già pronta per essere immessa sui mercati italiani ed esteri.

Verso scaffali vuoti nei supermercati

Inevitabilmente la situazione produrrà conseguenze a breve anche sulla distribuzione, con gli scaffali che tenderanno a svuotarsi dei prodotti alimentari (il non food ha tempistiche più dilatati, data la natura delle merci). Basti pensare che il Mof di Fondi, riferimento nazionale (e non solo) dell’ortofrutta è già fermo da due giorni. Con la produzione estera, in particolare quella spagnola, che sta beneficiando della situazione, con un rafforzamento delle forniture nel Nord Italia.

“Abbiamo resistito al Covid garantendo la “normalità” del fare la spesa anche durante i lockdown e con senso di responsabilità, da tempo Gruppo VéGé sta facendo da scudo al potere d’acquisto delle famiglie intervenendo per calmierare le richieste di aumenti che arrivano dai fornitori. Adesso non ce la facciamo più”, sottolinea Giorgio Santambrogio, amministratore delegato di Gruppo VéGé. Per il quale servono risposte immediate da parte del Governo che deve innanzitutto riconoscere ai punti di vendita lo status di imprese energivore per la rimodulazione degli oneri di sistema e i relativi crediti d’imposta: “Ma non basta. La crisi energetica non è solo una tempesta perfetta ma nel nostro Paese rischia di diventare una sorta di ergastolo che mette in evidenza tutte le contraddizioni del nostro sistema produttivo”.

“Se non si trova un accordo tra i trasportatori e il governo, il pericolo è che la materia prima non arrivi più alle aziende alimentari che devono lavorarla e che, quindi, torni la paura degli scaffali vuoti nei supermercati”, è l’allarme lanciato da Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare.

Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, è su posizioni simili: “Se i blocchi non lasceranno passare i nostri prodotti, sono seriamente a rischio gli approvvigionamenti alimentari italiani”. In sostanza, lo spauracchio delle prime settimane di pandemia ora rischia di trasformarsi in realtà. Uno scenario da incubo, in merito al quale non si vede una via d’uscita a breve.

Per chiudere il cerchio, critiche alle proteste arrivano Italmopa - Associazione Industriali Mugnai d’Italia (Federalimentare-Confindustria), che accusa i blocchi di minacciare l’operatività delle filiere nazionali di pasta e pane.

Gli scaffali vuoti nei supermercati siciliani

In Sicilia i supermercati mostrano chiaramente le conseguenze di questa situazione. Gli scaffali cominciano a svuotarsi, i prodotti alimentari ne risentono pesantemente e i consumatori fanno grosse scorte per accaparrarsi quanto rimasto. Di seguito alcune immagini che testimoniano quanto raccontato.

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