Linkontro Nielsen: La recessione è finita, ma la crisi continua

Lo stato dell’economia italiana è in miglioramento, con prospettive ancora più rosee. La fine della recessione è ufficialmente arrivata, ma questo non significa che lo sia la crisi. Tra famiglie e imprese si percepisce ancora un chiaro malessere e i dati, ancora negativi rispetto ai livelli del 2008, richiedono una strategia focalizzata che consideri il reddito disponibile e il fattore fiducia. Questo il quadro del nostro Paese delineato dal Professor Francesco Daveri, Università Cattolica del Sacro Cuore, alla platea de Linkontro. “Non sarò stupito se vedremo dei numeri migliori di quelli che il Governo ci ha dato”, evidenzia Daveri, in relazione all’aspettativa di incremento del Pil dello 0,7% nel 2015, cui segue un +1,3% nel 2016 e un +1,2% nel 2017. A livello aziendale lo scenario è eterogeneo, con un’Italia fatta di aziende che nel mid-market (fatturato tra 5 e 250 milioni di euro), risultano top al 27% e in declino al 41%. La difficoltà è maggiore rispetto alla media di Gran Bretagna, Francia e Germania, ma chi va bene mostra l’importanza di continuare a investire anche in tempi di crisi sulla qualità. Gli elementi determinanti per i top risultano essere partecipate estere, attività di export, marchio internazionale, certificati di qualità, ambientali e brevetti. Questa la linea divisoria che in Italia ha marcato la differenza tra negativo e positivo. L’estero e l’Europa, più che in passato, sono oggi motore di crescita e parlano di un’Italia che non è in vendita come spesso si vocifera, ma di una piccola economia integrata nel panorama globale. Estero da servire, dunque, con proprie strutture in loco, marchi noti e prodotti nuovi e differenziati. Certo, bisognerebbe convincere le nostre aziende a crescere in Italia. E per farlo servono le riforme. “Questo sarà il metro per giudicarne i risultati. Non il bollino di approvazione di Bruxelles”, sottolinea Daveri. Il contesto attuale è favorevole, con elementi come il prezzo del petrolio sceso a 60 dollari al barile e la quasi parità tra euro e dollaro, che si prospetta rimanere stabile. Il momento è propizio. E se non ora, quando?

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