LVMH Innovation Award 2020: vince la Retail Product Intelligence di Crobox

Cerimonia LVMH
© Martin Colombet
L'expertise di Crobox personalizza l’esperienza per ciascun consumatore, facendo emergere ciò che è dirimente per lo stesso

Tra oltre 1.200 startup che hanno presentato domanda per concorrere all’edizione di quest’anno dell'LVMH Innovation Award, a salire sul podio è stata Crobox. Lo scorso 22 giugno 2020, infatti, si è tenuta una “Pitch Session” digitale, che ha portato la giuria ha decretare come vincitrice questa startup olandese, con sede ad Amsterdam, che si occupa di Retail Product Intelligence.

Fondata da Leonard Wolters, Rodger Buyvoets e Sjoerd Mulder, Crobox nel 2014, Crobox ha riscosso fin dai suoi inizi un grande successo. La sua portata innovativa è da ritrovarsi in una semplice osservazione: non tutti i clienti acquistano un prodotto per gli stessi motivi. Ad esempio, un cliente acquisterà una tuta perché è comoda, mentre un altro la sceglierà perché di uno stile particolare. In che modo, quindi, un marchio può personalizzare l’esperienza per ciascun consumatore, facendo emergere ciò che è dirimente per lo stesso? È qui che entra in gioco l’expertise di Crobox, che ha al suo interno professionalità che vanno dal chief data officer e chief technology officer al consumer psychologist e chief behavioral officer.

Crobox 2020
© LVMH

La startup analizza a fondo il comportamento dei clienti al fine di identificare le qualità a cui prestano maggiore attenzione, adattando le strategie di vendita alle aspettative individuali del cliente e offrendo soluzioni che si possono raggruppare in Dynamic Messaging, Product Intelligence e Customer Intelligence. La startup collaborerà, ora, con il gruppo LVMH per un anno, fornendo soluzioni concrete alle sfide affrontate dalle sue Maison.

La cerimonia di premiazione, quest’anno interamente digitale e connessa al consueto VivaTech che è stato cancellato nella sua edizione fisica, è stata anche l’occasione per rendere noti i risultati di uno studio condotto da LVMH, Les Echos e OpinionWay, che restituisce un’immagine accurata sugli impatti della crisi nell’ecosistema delle startup. Alla base della ricerca, vi sono due campioni target di popolazione intervistati, che rimandano rispettivamente a più di 1.000 individui dai 18 anni in su, che restituiscono un quadro esaustivo della popolazione francese; e a 74 startup dell’orbita LVMH.

I tre insight sull'impatto della crisi Coronavirus sulle startup

Da questa analisi emergono principalmente tre insight. Il primo dimostra come tra i componenti di startup e la popolazione francese vi sia una diversa percezione della situazione attuale, per cui il 61% delle startup intervistate si dimostra più motivato a cogliere le opportunità emergenti dalla crisi, contro il 20% del resto della popolazione, con un picco di motivazione tra le giovani generazioni, che, scorporando questo 20%, annoverano un 31% positivo tra i 18 e i 24enni e un 33% tra i 25 e i 34enni.

In secondo luogo, l’88% delle startup prese in esame sostiene che la crisi sanitaria abbia indotto il maggior sviluppo di certi tipologie di startup. In termini generali, i rispondenti sono d’accorso sul fatto che il confinamento domiciliare abbia accelerato il processo di digitalizzazione della società, con il 74% della popolazione francese coinvolta nello studio persuasa che il lockdown abbia permesso di capire meglio i vantaggi del digitale, rappresentando un punto di ingresso sul mercato per molte realtà innovative, startup in primis.

Come terzo ed ultimo insight, entrambi i segmenti target coinvolti convergono sul temere ripercussioni finanziarie per il futuro, anche nel breve termine. Il 60% del campione analizzato della popolazione francese e il 58% delle startup sono convinte che sarà più difficile avere accesso al credito. In particolare, le startup pensano che saranno soggette ad incalzanti richieste di redditività a breve termine e che gli investitori si focalizzeranno sulle startup con finanziamenti già in essere, piuttosto che aprirsi a nuove realtà.

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