Linkontro 2017: la sostenibile leggerezza dell’essere (impresa)

L'intervento di Beppe Severgnini in chiusura all'evento annuale di Nielsen.

Voi, ragazzi. Sì, proprio voi. Salite sul palco e dite la vostra: che cos’è la leggerezza? Comincia così l'intervento a Linkontro Nielsen 2017 di Beppe Severgnini, che dà parola e spazio a quei giovani di cui proprio nel corso dell'evento si è tanto discusso. “Quello che voglio fare oggi è riabilitare questo termine, che in Italia erroneamente non gode di grandissima fama”, afferma il giornalista, autore e direttore del periodico Sette del Corriere della Sera.

Leggerezza è un sostantivo che nella nostra cultura nazionale ha assunto in qualche modo il significato di superficialità. "Complici i media e la politica, la sensazione collettiva è che pesante sia invece uguale a importante e rilevante". Mandiamo troppe mail, usiamo troppe parole, sprechiamo troppo tempo nei labirinti della retorica e in quelli di uffici asfissiati dalle scartoffie. Che cos’è, del resto, la famigerata burocrazia italiana se non un eccesso di pesantezza?

Facciamo tante cose perché la quantità è rassicurante, aiuta a non scegliere, ma è un approccio sbagliato

Vale nella vita privata, in quella professionale, nel panorama imprenditoriale. Non si tratta solo di un gioco letterario: noi siamo quello che pensiamo e il modo in cui lo diciamo. E i nostri pensieri determinano le nostre azioni, le azioni i risultati. Si è parlato tanto nel corso di Linkontro 2017 di quello che le persone-consumatori vogliono e la risposta è stata sempre la stessa: semplicità, che vale ancora più della convenienza ed è tutt’altra cosa rispetto alla banalità. Eppure facciamo fatica, siamo lenti.

Melius abundare quam deficere, dicevano i latini. Ma che ci piaccia o meno, il latino è una lingua morta e dovremmo forse rivedere i nostri parametri di riferimento. Sarebbe bello allora provare ad intraprendere un’altra strada, quella che abbandona ridondanza e auto-celebrazioni narcisistiche per abbracciare la rasserenante idea che “meno è meglio”, meno è sostanziale, meno è efficace e, in sintesi, meno funziona. Partiamo dal ridurre le riunioni, la lunghezza dei testi, quella della giornata lavorativa, gli sguardi spesi sul telefono e non su un volto umano (magari con un porcellino salvadanaio fucsia, dove mettete un euro tutte le volte che guardate lo smartphone durante una conversazione). Accettate anche che vi sia meno concordia e, come esercizio di alleggerimento dal sé, date una paletta in mano a quegli stessi giovani di prima, consentendo loro di avere una voce diversa dalla vostra.

È una filosofia molto concreta, da esportare anche al mondo dello storytelling o storydoing che dir si voglia. Non è importante come lo chiamate, ma come lo fate: l’autoreferenzialità è stancante per chi vi ascolta e ha poco a che fare con la condivisione reale di un messaggio. Togliete quello che non serve, lasciate le porte aperte e alleggerite gli ambienti della vostra quotidianità. Darete così vita a luoghi che liberano le idee anziché costringerle. E le idee libere sono le più sostenibili, perché hanno le ali ai piedi e possono volare alte, lontano, in agilità.

 

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