La trasformazione dei linguaggi tra Podcast, fumetti, arte cibernetica e teatro

Illustrazione tratta da “Ecofemminismo. Una storia illustrata” di Virginia Elena Patrone, e pubblicata con il progetto di micro editoria The Fairy Queen Press
I nuovi percorsi di parole e immagini da far esplorare al brand con la consapevolezza che alcuni hanno come canale cognitivo e comunicativo principale quello visivo, altri quello uditivo

È tempo di traduzioni. Ricercata la consistenza e la coerenza del messaggio, lo sforzo di entrare in sintonia con il consumatore deve trovare più strade, soprattutto un linguaggio più rispettoso dei tempi di vita, dei percorsi immaginativi, del desiderio di interagire, anche della neurodiversità nel processare gli stimoli. Il digitale diventa in questo modo un canale per recuperare una comunicazione analogica. La comunicazione analogica è una comunicazione più inclusiva, parla ai sensi e al cuore (quindi anche più efficace), fatta di immagini, suoni ma anche di parole, quando queste hanno capacità ritmico-prosodiche perché inserite in una modellazione retorica (che porta al convincimento) o in una forma poetica, che attira perché contiene la moltitudine di possibilità dell’ambiguo in una forma spesso simile alla musica. Le neuroscienze confermano che alcuni di noi hanno come canale cognitivo e comunicativo principale gli occhi, altri l’orecchio. Le parole possono anche avere un ruolo visivo, una caratteristica che i pubblicitari conoscono da sempre, ma che oggi è inserita in una tecnica ben precisa: il words hacking. La grafica trasporta un senso e in questo percorso inserisce un incidente, un’anomalia che fa inciampare la mente razionale permettendole di rotolare verso l’inconscio, il non conosciuto. Inizia così un gioco di esplorazione, lo stesso che appartiene allo storytelling, ma in questo caso visivo. Quindi parole in cui le lettere sono capovolte, o si trasformano o creano illusioni ottiche, inserendosi in questo modo ai confini tra verbale e non verbale. Un’altalena tra significato e significante che ha permesso di disegnare molti loghi, ma che ora può “volgarizzarsi” come tecnica per comporre immaginari in movimento, dinamici e accessibili contemporaneamente da cervello e cuore.

Modalità di contatto

Tra i primi a parlare esplicitamente di words hacking in Italia è stato Davide Bertozzi nel libro Immagini Vs Parole. Secondo Bertozzi le immagini arrivano solo superficialmente prima delle parole, semplicemente perché ci sono più strati di lettura e di fruizione del messaggio. L’apparente semplicità di accesso e creazione portati dallo strumento digitale ha, secondo Bertozzi, fatto perdere forza al messaggio. La creatività è un percorso che si inserisce nel contesto in cui le persone entrano in contatto tra loro e con il brand. Tornando all’esplorazione in corso tra strati di comunicazione diversi, il canale verbale è comunicazione digitale e quando scritto crea spesso barriere, ma anche il linguaggio poetico è per qualcuno ostico, soprattutto per chi ha una mente forgiata su una lingua più asciutta, come per le lingue anglosassoni. Sono porte di accesso alla realtà tra loro molto diverse. Per lo psicologo Paul Watslawick l’uso della comunicazione analogica non è efficace per spiegare un tema complesso, mentre l’uso della comunicazione digitale è pressoché inutile per trasmettere un’emozione. Ma il linguaggio ha sempre delle sue alchimie e così può succedere che i testi scritti (magari su Twitter e in maniera poco poetica) possano trasformarsi in immagini, quindi in linguaggio analogico, ma su uno strumento digitale. Questo è l’esperimento che ha condotto Dottod, un progetto ad oggi no profit che sta sperimentando l’interazione tra contenuti verbali nei social e l’arte cibernetica attraverso piattaforme come Dall-E e Midjournay, delle AI in grado di creare immagini digitali, inesistenti e ogni volta nuove a partire da una descrizione testuale.

Sperimentazioni

Il collettivo formato da Pietro Rustici, Jana Tothill Calvo, Luca Giacolini e Christian Ernst, vuole esplorare il ruolo dell’arte nella relazione con l’AI e ha chiesto l’utilizzo del prototipo di Dall-E promettendo di rispondere a questa domanda: cosa accadrebbe se basassi il mio processo decisionale quotidiano interamente su un’immagine generata da un’intelligenza artificiale e sulle informazioni che avrei dovuto digerire per prime? Avendo creato il primo esperimento durante la campagna elettorale -traducendo i tweet dei politici in immagini- l’altra domanda che Dottod si è posta è: premettendo che ogni politico usa un ritmo e un lessico particolare, l’AI riesce a cogliere queste sfumature e a esprimerle in maniera costante nelle immagini? La sperimentazione su questi strumenti tiene conto dei pregiudizi sia dei creator che degli algoritmi. Quello a cui attinge l’arte cibernetica sono cataloghi di immagini e data set artistici: va da sé che più è completo e colto il serbatoio di partenza, più la produzione di immagini, inserendo testi e concept, sarà raffinata. Allo stesso modo, più è precisa e colta la richiesta testuale, più le immagini finali riusciranno a essere evocative. C’è da chiedersi se anche i modelli di linguaggio che utilizzano il deep learning per generare testi simili a quelli prodotti da esseri umani potranno avere come data set i più grandi romanzi della storia della letteratura e prevedere il processo di conversazione. Ad esempio, Gpt-3, acronimo di Generative Pre-trained Transformer, è un sistema generativo pre-addestrato, basato sui “Transformer”: come quando scriviamo una domanda su Google e ci viene fornita un’anticipazione di risposta, allo stesso modo questo strumento può abilitare linguisticamente chi è meno esperto nelle performance linguistiche. Se lo strumento è plausibile e utile soprattutto per i chatbot, bisogna capire a quali conseguenze porterebbe se venisse abbinato alla tecnologia deepfake. Cosa succederà poi con i podcast, un canale sempre più utilizzato come nuovo linguaggio di trasmissione di messaggi? Intanto l’audio entertainment continua a svilupparsi in Italia. Secondo la ricerca NielsenIQ per Audible, il trend di crescita dei podcast è del +7%, per un totale di 15,4 milioni di ascoltatori. L’appassionato di podcast è Millennial e iperconnesso. Il 67% degli intervistati in questa fascia d’età, ci dice la ricerca, ama questo format di audio intrattenimento.

Audio e fumetti, i nuovi linguaggi

Oggi il campo di battaglia è l’attenzione. L’audio permette nuovi linguaggi e un nuovo tipo di intimità e vicinanza. Gli autori di libri possono entrare in contatto attraverso la voce e quindi il paraverbale e la costruzione dei podcast secondo sceneggiatura consente di aumentare il ritmo, ampliare il contesto. Nella non fiction è possibile anche inserire pezzi di cronaca, mixando i linguaggi. “Nel caso di Maxi di Saviano il ritmo del racconto è reso più suggestivo dagli audio del processo” spiega Francesco Bono, director content programming and strategy Italy and Spain di Audible. Se Audible a oggi non produce contenuti di brand è però vero che i suoi autori possono far parte del mondo degli influencer e, attraverso lo strumento podcast, entrare in un contatto più intimo con il consumatore. Lo sviluppo di contenuti non è più lineare ma transmediale, come è successo per Sandman, l’audio serie tratta dalla graphic novel. Il fumetto è d’altra parte un canale che entra in contatto diretto con la parte più emotiva e semplifica l’accesso alle informazioni, tanto che anche il giornalismo sta adottando questa forma. Un esempio di informazione a fumetti è La Revue Dessinèe, nata in Francia e oggi presente anche in Italia. Il linguaggio del fumetto o della graphic novel è utilizzato per affrontare temi complessi, cercando di conferire loro la leggerezza proprie dell’illustrazione e del dialogo. Con questo mezzo, Zerocalcare è riuscito a parlare prima di suicidio e ora di delicate questioni geopolitiche e dei temi sempre più di interesse dei giovani che sono ormai osservatori attenti e che cercano leggerezza nello stile, ma non nei contenuti. Lo sconfinamento di fumetti e giornalismo in altri media arriva fino al teatro: Kobane Calling on Stage è lo spettacolo di teatro civile nato dal fumetto che, mostrando le possibilità di messa in scena animata, ha poi ispirato lo stesso Zerocalcare nella traduzione dei suoi disegni in una serie per Netflix. Difficilmente i brand possono accedere come sponsor a queste sperimentazioni che hanno come presupposto la totale libertà espressiva, ma possono diventare in alcuni casi produttori o editori, come è già successo per testate online come Lifegate. Gli strumenti sono cambiati, la competenza e la consapevolezza del pubblico di consumatori anche; rimane nelle mani dei marketing manager e dei creativi sviluppare nuove possibilità di relazione e di partecipazione a contesti di fiducia.

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