L’agroalimentare traghettato nel futuro dalla tempesta perfetta

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La forza esogena #Covid19 ha due impatti: accelera trend già in atto e spinge nuovi business model ridefinendo lo scenario competitivo

L’intera filiera agroalimentare italiana, dai produttori ai distributori, è stato travolta da un cambio repentino nei consumi, con dei forti sbalzi di volume tra le diverse categorie merceologiche, così come nei canali di approvvigionamento a causa delle modificate modalità di consumo. Le trasformazioni aziendali così come quelle settoriali sono innestate da forze endogene –riferibili all’imprenditore o al management – o da forzature esogene che di norma assumono le forme della maggior competizione, del cambio di normative, del salto tecnologico ma anche di un’emergenza sanitaria come quella in atto. La “forza esogena Covid-19” ha due impatti: da un lato accelera trend che erano già in atto, dall’altro spinge la nascita di nuovi business model ridefinendo lo scenario competitivo. In sintesi, anticipa il futuro.

Cambiamento di pelle

Questa crisi accelera la trasformazione della distribuzione alimentare, ponendo gli operatori davanti a sfide e cambiamenti che altri mercati hanno già iniziato ad affrontare. Basti pensare che nel settore auto stiamo assistendo a un “cambiamento di pelle” soprattutto per i leader, i quali, da produttori di auto, spostano il loro focus verso l’offerta di servizi integrati di mobilità veicolando le innovazioni della share economy ad una base clienti che non sposa necessariamente il marchio, ma il valore che esso genera.

La gestione di queste transizioni richiede visione, il coraggio di mettere in discussione il proprio business e la capacità di essere pronti a ad assumere un ruolo nuovo nell’infinito gioco competitivo. Le riflessioni strategiche e le decisioni messe in campo ora per fronteggiare questa crisi determineranno il vincitore della partita di domani.

La smaterializzazione

Il minimo comun denominatore per tutti gli operatori della distribuzione alimentare, dalla grande distribuzione al canale Horeca, è la rapida spinta verso una modalità d’interazione digitale e smaterializzata, in cui il cliente, il produttore e l’insegna si trovano ad interagire con modalità meno conosciute e di conseguenza più complesse. Prima di questa spinta, i consumi alimentari, pari a 145 miliardi di euro, erano per 63% del totale casalinghi, e per la restante parte avvenivano fuori casa. La quota di questa torta gestita e transata online (includendo quindi anche click & collect e food delivery) era pari all’ 1%.

Giulio Busoni è responsabile dello sviluppo del settore dei beni di consumo per la sede italiana di Porsche Consulting. Milanese, 36 anni, supporta le aziende italiane nella definizione ed implementazione di strategie di crescita profittevoli, focalizzandosi su brand, prodotto e innovativi modelli di gestione della supply chain.

Il cambiamento determinato dall’epidemia Covid-19 scardina chiaramente gli schemi conosciuti e polarizza gli effetti arrestando quasi completamente i consumi fuori casa: spinge i consumi complessivi della grande distribuzione del 10% rispetto lo stesso periodo del 2019 ma soprattutto vede raddoppiare la quota di transato online. Per gli operatori della distribuzione agroalimentare sono tre i trend già in atto prima della crisi che manifestano un’accelerazione significativa: la crescita delle vendite veicolate da formati piccoli e di prossimità, l’esplosione dell’eCommmerce e l’incremento di tutto il comparto food delivery.

Formati di vicinato

La crescita repentina dei volumi e la loro concentrazione nei formati più piccoli ha impattato in primis sull’operatività tipica dei negozi creando la necessità di adattare processi e organizzazione per mantenere alto il livello di servizio e massimizzare la soddisfazione cliente nonostante le norme straordinarie imposte al loro operato. Le attività logistiche di immagazzinamento, rifornimento, messa a scaffale e picking -ad esempio per supportare la domanda online- diventano di più complessa gestione. L’approvvigionamento dai produttori genera ulteriore incertezza in quanto la gestione del picco di domanda spesso si trasforma in una razionalizzazione dei codici o più semplicemente in taglio di ordini e backlog.

In questo contesto si innestano anche i processi a supporto dell’online soprattutto in quei punti di vendita che fungono da supermarket di preparazione ordini eCommerce e “click&collect”. In questi casi, dove i volumi di ordini giornalieri processati sono circa raddoppiati, vi è la necessità di assumere, formare e coordinare nuovo personale nonché di rispettare norme igieniche straordinarie.

Per molti operatori abbracciare la digitalizzazione significa investire in canali nuovi o comunque marginalmente sviluppati fino al pre-crisi, nei quali la gestione dell’interazione con il cliente -dall’ordine alla consegna- determina vincitori e vinti. In questo senso la scelta di U2 e PAM Panorama di sviluppare il proprio canale online attraverso Amazon Prime garantisce maggiore traffico, migliore robustezza dell’interfaccia utente e fa leva su un sistema di consegna disperso e non-proprietario superando quindi i limiti fisici all’espansione.

Food delivery

A ridurre il collo di bottiglia sulla logistica di ultimo miglio si sono mossi in primis i provider che erano già attivi nella consegna alimentare casalinga (food delivery) i quali hanno esteso il parco veicoli e ampliato la capacità di carico e moltiplicato lo sforzo per garantire sicurezza dei fattorini e ridurre il rischio contatto, azzerando le consegne al piano ed accettando solamente pagamenti con carta di credito.

Per chi invece già esercitava in qualità di puro operatore alimentare online come ad esempio Cortilia, o marketplace con offerta alimentare complementare come Amazon, la priorità immediata è adattarsi ai nuovi volumi in maniera veloce e strutturarsi per un nuovo livello di domanda che potrebbe rimanere anche in futuro. Questa tipologia di operatori possono fare leva sulla reputazione digital, sull’esperienza utente e sull’efficienza del servizio per acquisire rapidamente vantaggio competitivo.

Dark kitchen

La ristorazione si è attivata attraverso il fenomeno delle “dark kitchen”, che abbinato a servizi di consegna a domicilio tenta di mantenere un piede all’interno della spesa alimentare degli italiani sebbene anche nei casi più virtuosi esso non valga più del 50% del fatturato pre-crisi. Il fenomeno degli “chef a casa”, che in questo periodo è cresciuto del 65% rispetto l’anno precedente, è senza dubbio un trend con forti prospettive di sviluppo ulteriore anche e soprattutto in vista della graduale ripresa degli spostamenti e dei consumi fuori casa.

Business model nuovi

La nuova competizione generata da questa emergenza ha attivato anche la nascita di nuovi business model. Ne è un’evidenza significativa la richiesta di deroga alla licenza di vendita all’ingrosso sottoposta da Metro Italia al Governo per aprire temporaneamente le sue superfici per la vendita al dettaglio o il caso di Offlunch, start-up di della consegna del “pranzo in ufficio” che esce dai confini del B2B per entrare a casa dei lavoratori attivi in modalità agile ed integrando all’offerta tradizionale anche delle soluzioni di box che contengono diversi ingredienti per cucinare una cena completa.

Estensione dei target

Gestito l’immediato, quali sono quindi le azioni di breve su cui focalizzarsi? Sicuramente ripensare criticamente il business model estendendo o cambiando il target di clienti, evolvendo la relazione con essi, ampliando l’offerta di valore o testando nuovi meccanismi di generazione ricavi. Ripensare il business model è possibile attraverso un approccio ambidestro che consente di estendere il proprio ecosistema -anche attraverso nuove partnership- o semplicemente plasmarlo per creare un’offerta diversa così da intraprendere nuove traiettorie di crescita al di fuori del business tradizionale. Ne rappresenta un caso emblematico il cambio di passo imposto nel mercato da Eataly. La sua missione è avvicinare attività prima di allora distanti come il mercato fisico, la ristorazione e la didattica associata al food. Questo spostamento sull’intrattenimento e l’educazione del consumatore contribuisce a creare un’esperienza cliente che, una volta avvicinatosi al punto di vendita fisico, prolunga la sua permanenza grazie all’ampia proposta di servizi associati. In questo senso vediamo nel business model di Eataly una diversa combinazione di elementi che contribuiscono a creare una nuova proposizione di valore.

Il neo omnichannel

È inoltre necessario raffinare l’esperienza omnicanale sfruttando il salto di educazione digitale che la crisi ha imposto ai consumatori migliorando la facilità di utilizzo dell’interfaccia, creando esperienze interattive sul punto di vendita, ed incentivando oltre all’eCommerce anche il “click&collect” il quale ha il vantaggio di scaricare la rete logistica in aggiunta all’ottemperamento delle rinnovate esigenze di sicurezza sanitaria.

Il miglioramento del percorso esperienziale del cliente che transita fra i diversi canali è oggi ulteriormente giustificato dall’ improvviso ampliamento della popolazione digitale. Comprendere i diversi profili e gestirne i punti di contatto con l’insegna si prefigura come fattore di successo per personalizzare l’esperienza di acquisto e generare fedeltà.

Flessibilità e oscillazioni

Infine bisogna ripensare la catena del valore per incrementare la flessibilità, ottimizzare l’assortimento dei produttori per poter garantire i volumi, definire processi e una struttura organizzativa ad alta performance per riuscire ad assorbire rapidamente le oscillazioni di mercato.In questo scenario si presentano alternative di revisione della struttura di distribuzione fisica a favore di punti di vendita dematerializzati che permettono la creazione di un carrello virtuale via smartphone seguito da consegna a domicilio in A per B. Queste nuove superfici espositive – siano esse store-based oppure non-store-based – permettono una forte revisione del footprint distributivo con un’organizzazione molto flessibile e snella, concentrata logisticamente sui centri di distribuzione ma smaterializzano il punto vendita e la logistica interna associata.

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