L’alimentazione ideale degli italiani non trova conferme negli acquisti

Comportamenti – Non mancano passaggi d'interesse nel primo rapporto sulle abitudini alimentari del Censis. (Da MARK UP 193)

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1. Il fenomeno del politeismo alimentare

2. L'incapacità di un'ortodossia dietetica
a superare i confini
di poche referenze
di riferimento

3. Creando incoerenze

Il politeismo alimentare, secondo Censis, è il moltiplicatore di complessità che rende estremamente complicata la gestione assortimentale dei retailer. La definizione comprende, infatti, l'insieme di quella combinazione soggettiva alquanto allargata di stili di consumo differenti: tutti allocati nella stessa persona, in un equilibrio in costante mutamento tra esigenze diverse e situazioni contingenti. Detto in altro modo: non c'è - dati alla mano - alcuna fra le ortodossie alimentari più gettonate e popolari che sia in grado di mettere un freno inibitore agli impulsi soggettivi del momento. Tanto che alla disomogenea trasversalità soggettiva dei gusti di ogni responsabile d'acquisto fa da contraltare una riconoscibile legge di neutralizzazione delle ideologie in materia di dieta: dal parco dei consumatori emerge un modello alimentare dominante che risulta essere in realtà “un patchwork di opzioni” scrive il Censis, che annullandosi finiscono per togliere significato alle apparenti contraddizioni.

Forza limitata
In materia di alimentazione nessuna delle convinzioni riconducibili a determinate filiere o precisi stili di vita pare avere forza sufficiente per estendere la sua influenza a momenti diversificati della giornata. Non solo: spesso non riesce neppure a comprendere in maniera coerente l'intera composizione del pasto. Oppure a influire in modo radicale sul comportamento d'acquisto nel punto di vendita. Ne deriva che supposte focalizzazioni e convinzioni - per esempio in tema d'origine (sulla valenza differenziante in termini di qualità derivante da materia prima geograficamente identificata) - valgono in realtà solo per una ridotta manciata di referenze: quelle che fanno un marketing aggressivo su etichette Dop e Igp. E non lasciano traccia, invece, sul resto della spesa. La composizione del carrello riguardante pronti e cuocere, grocery, surgelati, private label è simile a quella di altri carrelli. Circa il 30% di chi si dichiara acquirente di Dop/Igp addirittura finisce per avere regolarmente comportamenti di acquisto apparentemente incoerenti.

Incoerenti
Tale percentuale d'incoerenza sale fino al 70% circa tra chi si professa attento alle filiere dell'agricoltura biologica o trasformati a base di materie agricole bio. Cioè, la preoccupazione organica manifestata davanti alla bilancia per quanto concerne ciliegie e lattuga pare svanire nel nulla al momento di inserire nello shopping basket il sacchetto dei fagiolini surgelati, della lattina di piselli, della busta di patatine. L'83% degli acquirenti regolari di prodotti del commercio equo-solidale, poi, mettono altrettanto regolarmente mano alle referenze store brand: non tendono a considerarli, cioè, espressione di abusi di forza dei retailer e non li guardano con occhio meno che benevolo.

Sentinelle comuni
Nella composizione della spesa per consumi alimentari alcune tipologie di beni vengono riscontrati con maggiore frequenza e trasversalità. Sono quelli che Censis definisce beni-sentinella. La loro caratteristica denota in qualche maniera i fattori di scelta giudicati più importanti dai consumatori. L'attuale graduatoria dei beni sentinella più acquistati in Italia segnala una forte attenzione a facilità di utilizzo e rapidità di accesso. Durata e sicurezza sono altri caratteristiche considerate fondamentali. Atteggiamenti ideologici in campo alimentare al di là delle intensità di convinzione personale non sono dotati fino a questo momento della forza necessaria per rimescolare le carte dei beni sentinella. Per i retailer quelli ideologici restano, dunque, prodotti di nicchia; per i consumatori spesso non vanno oltre uno sfizio prolungato più o meno a lungo nel tempo.
La convenienza non trova riscontri d'acquisto molto omogenei. Dagli scontrini non emerge una particolare attenzione concreta verso la composizione di un carrello particolarmente conveniente. Nonostante questo, la ragione di scelta di un canale di acquisto e di una ben determinata insegna è legato a un'idea generale di prezzo basso e dalla volontà di riscontrare da vicino promozioni, offerte, sconti.

Un'arte
Se, dunque, per i distributori costruire assortimenti e scaffali su piazza finisce per essere una sorta di arte scientifica, un'identica percezione si diffonde nel responsabile d'acquisto: c'è una certa consapevolezza inconscia di essere fautori di scelte non proprio lineari e coerenti. È per questo che si suppone di non poter delegare ad altri l'incombenza della propria shopping experience e si ha una reale sopravalutazione del proprio ruolo nella spesa, basato sulla ipotizzata personale capacità di scegliere i prodotti (convinzione diffusa nell'82% degli intervistati).

Il fast-food
Tutti gli ortodossi di uno degli stili di vita alimentare in qualche misura attento alla sostenibilità della dieta e della qualità primaria delle referenze coinvolte tende, poi, in altri momenti della giornata o della settimana a essere del tutto normalmente indulgente verso il fast-food. Uno ogni quattro non perde occasione per servirsi presso uno sportello di questo genere di ristorazione. Ne sono parimenti attirati (21,6%) coloro che rinunciano a completare la propria spesa nel circuito normale del commercio al dettaglio per andare a comperare frutta, verdura, carni, salumi, formaggi, vino, olio direttamente dal produttore agricolo. Magari al ritorno - con il baule pieno - fanno una sosta veloce al drive through...

Il salutismo mentale
Il salutismo ha trovato posto accanto alla sicurezza fra i riferimenti considerati irrinunciabili dal consumatore. Eppure non riesce a determinare cambiamenti concreti nelle opzioni d'acquisto di ciò che poi finirà nei piatti a tavola. Genera, in alcuni casi, un retropensiero di frustrazione postuma fra chi si rende conto che avrebbe voluto mangiare sano ma gli sembra di non esserci riuscito fino in fondo. Eppure anche questa scontentezza non trova riscontri coerenti a prova di bomba. Nonostante la crisi economica che ha rallentato la possibilità di frequentare i canali del fuoricasa, si sta consolidando “una sorta di nuova trasgressione”: quella di mangiare lontano da casa ciò che piace, mettendo da parte tutte le restrizioni autodisciplinari. Sono 4 su 5 gli italiani che, secondo Censis, riescono a mangiare presso un esercizio pubblico almeno una volta a settimana.

La crisi
La crisi economica ha potenziato alcune dinamiche di lungo periodo. La più importante di queste riguarda una più diffusa moderazione nei rapporti con il consumo. C'è stata - e non è svanita - una tendenza non trascurabile a rinunciare agli sprechi più evidenti, tagliando anche quei consumi giudicati in qualche maniera eccessivi. Ma pure in questo caso la coerenza nel tempo non pare propria al consumatore politeista che tende a far prevalere un attitudine combinatoria ampia e soggettiva di quanto e cosa tagliare rispetto a quale canale e momento di consumo.

Abitudini a tavola
Di maggiore aiuto per i distributori a caccia di pilastri sicuri sui quali costruire assortimenti efficaci sono le abitudini a tavola: un'analisi della frequenza media settimanale con cui vengono portate in tavola le categorie alimentari porta a riscontri confortanti. Nel senso che trasversalità e soggettività si attenuano di molto e ci sono distinzioni nette fra tipologie alimentari dominanti (verdura, frutta, pane) e periferiche (pesce, dolci, riso). Neppure il finesettimana sembra incidere su abitudini alimentari consolidate. A proposito di ortodossie, va infine segnalata come curiosità che i potenziali vegetariani - riscontrati da questa indagine come coloro che non mangiano mai carne (1,2 mio di consumatori) - sono inferiori per numero a chi dichiara di non mangiare mai riso (1,8 mio) ed equivalenti a chi rinuncia per principio alla frutta (>1 mio).

Allegati

193-MKUP-Attitudini-Food
di Patrick Fontana / ottobre 2010

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