Largo consumo, si lavora per lobby…

Copertina – Lanciato un progetto di coordinamento tra associazioni del retail e della produzione

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Farsi sentire con una voce più forte dalle istituzioni. O, se si preferisce un termine anglosassone che da noi spesso usato in maniera riduttiva, fare lobbying. In maniera trasparente e alla luce del sole. E' quello che si propone un ambizioso progetto di coordinamento tra le associazioni di chi produce i beni di consumo (Federalimentare, Assocasa, Cosmetica Italia, Centromarca) e tra quelle che invece rappresentano la gdo (Federdistribuzione, Ancd Conad, Ancc Coop). In rappresentanza delle prime agirebbe Ibc, per le seconde Adm. Su tutte le questioni rilevanti per i rapporti di filiera, infine, Ibc e Adm troverebbero il terreno di confronto e sintesi in Indicod-Ecr.

La ratio dell'operazione è spiegata a MarkUp da Aldo Sutter presidente di Ibc, che sulla proposta lanciata poche settimane fa da Adm dice: “Sappiamo da tempo che c'è la necessità di rafforzare il sistema di rappresentanza del sistema industriale e distributivo e in generale del sistema dei beni di consumo. Stiamo parlando di un comparto chiave per l'economia italiana sia in termini di generazione di valore aggiunto sia di indotto. Per dirla in numeri, questo significa un milione di occupati, il 5% del Pil e il 30% dei consumi delle famiglie. Oggi dopo la crisi si tratta del più importante settore della nostra economia”.

A tutto questo non corrisponde un peso politico adeguato. Un punto obiettivo di debolezza è, dal lato industriale, la parcellizzazione, con la presenza sul mercato di migliaia di microimprese. “Ma esiste - riprende Sutter- anche un gap culturale nella politica economica del paese: si dà per scontato che l'attività delle imprese dei beni di consumo possa andare avanti da sola, quasi indipendentemente da come si sviluppa il contesto economico complessivo. Ci sono stati casi clamorosi in cui il non poter parlare con una voce sola ha avuto conseguenze gravi. Ad esempio l'aumento dell'Iva dell'anno scorso che originariamente si profilava come incremento di tutte e tre le aliquote: la distribuzione era tutta contraria all'aumento e così i produttori di beni di consumo, Confindustria, cui buona parte di questi stessi produttori aderiscono, invece era favorevole. I danni sono stati limitati con l'aumento della sola aliquota massima, ma con più coesione e più incisività, si sarebbe ottenuto anche un risultato migliore”.

Secondo il nostro interlocutore il momento è quello giusto perché a livello europeo è ormai diffusa la consapevolezza che misure di rigore fiscale e di risanamento delle finanze pubbliche sono controproducenti, senza una parallela attenzione alle politiche per la crescita. “e in Italia sono arrivati i famosi 80 euro in busta paga che da soli non fanno molto ma sono un segnale importante di attenzione al problema. Come, al di là dell'appartenenza politica, ormai tutti sono d'accordo sulla necessità delle riforme. E qui abbiamo sicuramente un ruolo da giocare”.
Le riforme che stanno a cuore al sistema del largo consumo sono innanzitutto le liberalizzazioni: “davanti allo scaffale, dice Sutter, il consumatore esercita ogni giorno il suo diritto di voto, il nostro è un settore straordinariamente competitivo, vorremmo che si potesse dire altrettanto anche delle utilities o dei servizi finanziari o delle professioni, che operando in mercati protetti possono far crescere con più facilità i loro prezzi, con il risultato che le famiglie vedono porzioni sempre crescenti del loro reddito disponibile assorbito dai consumi obbligati”; altre riforme necessarie sono la semplificazione amministrativa, la gestione del contenzioso civile e la rimodulazione del peso tributario.

Un tema su cui idm e gdo devono trovare un terreno d'incontro è quello delle politiche promozionali. “Stiamo assistendo a una contrazione dei volumi di vendita e alla deflazione. Non in senso classico perché non si ritarda l'acquisto ad esempio di un prodotto alimentare per aspettare che il suo prezzo scenda, ma lo si compra andando alla ricerca di dove costa meno. Cambiano così la marca, le insegne e i canali e si distrugge la fedeltà del consumatore a cui si fa vedere solo il prezzo e non il suo valore di quello che compra; e questo oggi non piace più nemmeno alla distribuzione”.

Anche su un tema classico di contrasto tra idm e gdo, i tempi di pagamento, le distanze sarebbero oggi minori, secondo Sutter “L'art.62 ha segnato un momento di grande discontinuità. Come ogni importante cambiamento si è lasciato dietro problemi ancora non risolti. Ma non c'è dubbio che, soprattutto per i prodotti alimentari, ha inciso significativamente sulla riduzione dei tempi di pagamento. In questa direzione dobbiamo guardare anche per i prodotti non food”. Sui tempi per arrivare a concludere il progetto di integrazione non è possibile dare indicazioni precise. Di certo il retail, con il coordinamento di tutte e tre le associazioni rappresentative in Adm è più avanti. Ma è naturale che sia così- conclude Sutter- l'attività dell'industria è più peculiare: un produttore di conserve di pomodoro fa un lavoro molto diverso rispetto a un produttore di detersivi; Coop ed Esselunga, per citare due concorrenti storiche, fanno sostanzialmente il medesimo lavoro”.

Dal fronte delle associazioni dei produttori arrivano le prime dichiarazioni di interesse per il progetto. Dice Luigi Bordoni, presidente Centromarca: “La proposta di potenziamento della rappresentanza del comparto dei beni di consumo va nella giusta direzione ed è stata accolta con grande interesse dall'industria di marca. Concordiamo sul fatto che la filiera debba assumere sul piano pubblico maggior rilevanza, adeguata al suo peso nell'economia. Se questo non accade, gli interventi sono poco incisivi e non riescono a contrastare iniziative che penalizzano le nostre imprese e i consumi. Per esempio, la tassazione. L'idea di avere due associazioni di riferimento, con le quali affrontare congiuntamente questioni di taglio precompetitivo, o per avanzare istanze su temi condivisi, è coerente con l'esigenza manifestata dalle imprese di semplificare e razionalizzare il sistema di rappresentanza, promuovere relazioni più efficaci e generare più ampie sinergie nella filiera”.

Da Federalimentare, il presidente Filippo Ferrua Magliani conferma: “Il tema del coordinamento, in un'epoca contraddistinta dal proliferare spesso caotico degli interventi, è sempre attuale. Centromarca, Ibc, Federalimentare e Federchimica sono fra le principali protagoniste. La loro articolazione può suggerire utili approfondimenti di questo tema, nel rispetto delle singole individualità, anche alla luce di quanto sta tentando di fare, in parallelo, il mondo della distribuzione moderna per facilitare la nascita di fronti comuni per affrontare di volta in volta, con maggiore peso, temi su cui si registra assonanza”.

E il retail? Nelle interviste (vedi link), presentiamo il parere dei presidenti delle associazioni che hanno già deciso di coordinarsi in Adm, a cui secondo il progetto spetterà il compito di confrontarsi in seno a Indicod-Ecr con Ibc.

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231 Largo consumo

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