Latte alla ricerca delle spinte psicologiche di rilancio

Prodotti Latte-caseari al centro della ricerca di UniCattolica di Cremona
Un nuovo filone di ricerca dell'Università Cattolica di Cremona tende a far emergere alcune delle principali motivazioni comportamentali sui consumi di latte

Da anni i consumi di latte in Italia continuano a diminuire e, a fronte di questo, marketing e comunicazione di filiera arrancano. Forse anche perché i driver in questo ambito non sono più solo le tradizionali dinamiche economiche, sociali e demografiche ma a queste si è aggiunto un altro elemento, tanto importante quanto sino ad ora trascurato: il fattore psicologico. Che sempre più determina i comportamenti individuali di acquisto; basti pensare alle reazioni di molti consumatori di fronte alle fake news.

Un nuovo filone di ricerca dell'Università Cattolica di Cremona tende a far emergere alcune delle principali motivazioni psicologiche sui consumi di latte. Si tratta di uno studio condotto dall'EngageMinds HUB, Consumer, Food & Health Research Center diretto dalla professoressa Guendalina Graffigna, nell'ambito del progetto Craft (Cremona Agri-Food Technologies).

I consumi

Innanzitutto uno sguardo agli andamenti dei consumi, in una visione strutturale sganciata dai movimenti congiunturali. Tra il 2016 e il 2017 in Europa i consumi pro-capite di latte sono diminuiti dello 0,39% (da dati Clal); con un calo particolarmente rilevante in Italia, dove per il 2020 si prevede una flessione nelle vendite fino al 4,9% (dati Alleanza delle Cooperative).

Ma il fenomeno è complesso. Perché andando più nello specifico e volendo guardare al fenomeno in un arco temporale più ampio (2012-2016) in Italia, negli ultimi anni si registra un calo di consumo sia di latte fresco (-15%) sia di latte Uht (-3,2%); mentre, a fronte di questi segni negativi, cresce molto il consumo di latte senza lattosio (+47%) e si impennano gli acquisti di bevande vegetali che richiamano il latte (+108%, dati Ismea).

Il target mamme

Già da un semplice sguardo a questi dati si evince come, da qualche tempo, i consumi di latte siano decisamente influenzati anche dai comportamenti dei singoli consumatori più che da dinamiche strettamente economiche o sociali.

Su questa base è partito il lavoro in ambito Craft dell'Università Cattolica di Cremona, che ha innanzitutto messo in luce come nell'aggregato composto dall'insieme dei consumatori esista un target che, più di altri, può rappresentare un modello per capire i comportamenti che stanno dietro agli acquisti di beni alimentari. E questo target è dato dalle mamme. “Essendo le principali responsabili in famiglia dei consumi alimentari –sottolinea Graffigna– diviene importante capirne e anticiparne gli acquisti”. Fino ad ora sono stati pochi in Italia gli studi che hanno rivolto l'attenzione alle mamme e alle loro decisioni di spesa in ambito alimentare; e le poche ricerche svolte utilizzano principalmente variabili di natura socio-demografica.

La ricerca Unicatt

Concentrandosi sulle mamme, l'analisi condotta dall'EngageMinds HUB ha esplorato gli acquisti di latte fresco, latte Uht e latte senza lattosio da un lato, e delle bevande vegetali dall'altro (quali i derivati da soia, riso o altro, che per legge non possono essere chiamati latte), cercando di comprendere in che modo alcune variabili psico-sociali possano influire sulle scelte tra queste diverse tipologie di prodotto. I dati sono stati raccolti tramite un questionario compilato da 269 mamme con figli dagli 1 ai 22 anni.

Guendalina Graffigna, direttore EngageMinds Consumer Food Health Research Centre
Mamme: due profili psicologici con diversa proattività

Dall'analisi dei dati sono quindi emersi due profili psicologici delle mamme intervistate. Un primo profilo sperimentazione per autoaffermazione caratterizza mamme che presentano più alti livelli di digital literacy, sono meno dipendenti dal consenso sociale, più soddisfatte di sé e della loro vita e investono emotivamente sull'alimentazione come area di espressione e progettazione identitaria. Mentre nel secondo profilo, chiamato delega alla tradizione, le mamme attuano scelte di consumo più dipendenti dal consenso sociale, evidenziano una ricerca delle informazioni più basica e sono spesso vittime delle fake news. Ma soprattutto, l'indagine dell'Università Cattolica di Cremona ha evidenziato come esista un indicatore psicologico utile per delineare ulteriormente diverse tipologie di mamme caratterizzate da differenti abitudini di consumo di latte. Si tratta dell'indicatore di proattività, attraverso il quale l'analisi ha notato che “la predisposizione all'influenza sociale, la literacy alimentare e la propensione all'innovazione possano influenzare significativamente il consumo di alcune tipologie di latte; mentre altre caratteristiche socio-demografiche (l'età mamme, età figli, reddito e regione di provenienza) non sembrano influenzare significativamente tali trend di consumo”.

Un modello predittivo: i prossimi sei mesi

Inoltre l'utilizzo di queste caratteristiche psico-sociali ha permesso di individuare un andamento divergente nel futuro fra i comportamenti delle diverse tipologie psicologiche di mamme.
“Ciò ci ha consentito di costruire un modello predittivo –afferma la professoressa Graffigna– che può essere molto utile all'intera filiera lattiero-casearia”. Dall'analisi effettuata, si può dunque sostenere che nei prossimi sei mesi le mamme appartenenti al profilo sperimentazione per autoaffermazione prevedono un consumo tendenzialmente stabile di latte fresco (+1%) concomitante però con un netto aumento degli acquisti di latte senza lattosio (+10%) e di bevande alternative (+12%); nella logica della ricerca di un equilibrio tra preoccupazioni per la salute e bisogno di protagonismo nelle proprie scelte di consumo. Mentre per le mamme del secondo profilo delega alla tradizione, si prevede una netta diminuzione del latte fresco (-8%) che non si compensa con una previsione di aumento di consumo di prodotti senza lattosio (+3%) e di bevande alternative (+6%); perché si tratta di persone disorientate e in difficoltà nella gestione di scelte adeguate e autonome di consumo.

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