Lavazza sostiene la produzione di caffè a Cuba

Qualità, formazione, empowerment femminile al centro del progetto di sviluppo sostenibile per il 500° anniversario di L’Avana

Dieci centri di produzione per il rinnovamento delle aree meno produttive nella zona orientale di Cuba e 6 milioni di nuove piantine di caffè di alta qualitàsono i numeri chiave della prima fase del progetto sviluppato dalla Fondazione Lavazza. Accanto all’impegno volto ad aumentare la produttività delle piantagioni cubane, l’iniziativa prevede di fornire una solida e continuativa formazione alla comunità locale, attraverso la realizzazione di 34 “strutture scuole” per migliorare le competenze di 2.900 agricoltori e 500 tecnici del caffè.

Sono questi i numeri di un progetto triennale avviato nel 2018 dalla Fondazione Giuseppe e Pericle Lavazza in collaborazione con l’organizzazione internazionale non governativa Oxfam e le autorità cubane, a beneficio delle comunità di cafficultori nella due zone pilota di Granma e Santiago. Ed è a Santiago che vice presidente Giuseppe Lavazza ha tenuto una Lectio Magitralis presso la Universidad de Oriente dedicata al mercato del caffè e al percorso di sostenibilità dell’azienda con un focus su Cuba, a conferma dell’impegno di Lavazza nei confronti dello sviluppo sostenibile del paese, in festa per celebrare il 500° anniversario di L’Avana.

In Lavazza definiamo un “buon caffè” solo quello risultato da buone pratiche condotte lungo tutta la filiera, dalla piantagione alla tazzina” –dichiara Giuseppe Lavazza.  Lavazza è oggi un Gruppo globale che persegue con convinzione gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu: promuovere una crescita economica sostenibile, come da Goal 8, e garantire un impatto sociale positivo sulle comunità in cui operiamo, in particolare le donne, come indica il Goal 5, è alla base della nostra strategia”.

La Fondazione Lavazza si rivolge a Cuba in risposta alle ingenti problematiche che il Paese vive da alcuni anni legate alla scarsa produzione nazionale di caffè, a un’insufficiente gestione della qualità del prodotto e alla necessità di rinnovamento delle aree poco produttive. Una situazione che ha un alto impatto sociale, con significative ricadute sulla comunità quali la fuga dei giovani dall’agricoltura e un gender gap sempre più alto a sfavore delle donne.

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