Le aziende della moda di lusso sfidano le etichette di genere

Le collezioni genderless generano più reazioni negative sui social. Meglio introdurle affianco alle linee classiche, per non impattare sulla brand reputation

L'industria della moda, da sempre, segmenta il mercato in base al genere. L'obiettivo della segmentazione è quello di identificare un gruppo di persone con una o più esigenze che possono essere soddisfatte da un singolo prodotto o offerta, per indirizzare gli sforzi di marketing. La segmentazione di genere ha spesso consentito di introdurre nel mercato prodotti in modo semplice, tuttavia oggi la questione non è solamente quella di dividere uomini e donne in base al sesso biologico. Vanno considerate caratteristiche quali per esempio il modo di pensare, il comportamento d’acquisto, il significato, i valori, la rappresentazione di sè e l’utilizzo. Ciò risulta oggi ancora più evidente poiché, anche se viviamo in un sistema tipicamente binario, è ampiamente accettato che le identità di genere vanno oltre quella maschile e femminile.

Nel campo della moda di lusso sempre più brand -ne sono esempio Givenchy, Gucci, Celine, Louis Vuitton, Versace- si sono avvicinati al genderless attraverso collezioni dedicate o integrando alcuni capi nelle loro collezioni. Ripercorrendo la storia dell'industria della moda, l’accezione binaria del genere era già stata messa in discussione da Coco Chanel negli anni ’20 includendo pantaloni ed abiti in tweed nelle collezioni femminili.

Altri esempi vengono da Yves Saint Laurent, negli anni ’60, con lo smoking da donna e, qualche anno dopo, da Jean Paul Gaultier con le gonne da uomo. Più recentemente, negli anni 2010, lo stile genderless è entrato in uso nel settore della moda, tanto che nel 2018 l'organizzatore della New York Fashion Week ha aggiunto unisex/non binario come nuova categoria, con conseguente riflesso anche sui marchi del fast fashion come C&A, H&M, Zara, Benetton e Selfridges.

Il nostro studio, presentato alla conferenza SIM 2021, ha messo in luce le reazioni del pubblico di Instagram alle collezioni di quattro diversi marchi di lusso che negli ultimi anni hanno presentato delle collezioni genderless -Gucci, Tommy Hilfiger, Marc Jacobs e Stella McCartney - comparandole con le reazioni alle collezioni tradizionali. In totale sono stati analizzati i sentimenti espressi in 1.970 commenti dei post Instagram relativi al lancio delle collezioni genderless Gucci MX, Tommy x Indya, Heaven di Marc Jacobs e Shared di Stella McCartney e delle collezioni tradizionali Gucci Aria, NewYearNewTommy, Runway di Marc Jacobs e StellaWinter21.

Ciò che emerge è che le collezioni genderless ottengono reazioni più negative, con commenti caratterizzati da toni più aspri rispetto a quelli che si registrano per le collezioni tradizionali. In modo particolare, i commenti positivi riferiti alle collezioni genderless o tradizionali qualitativamente sono similari, contengono per lo più espressioni di apprezzamento riferite al brand o al designer del tipo “Gucci Elegance & Prestige ??♥ ” (Gucci Aria), “Tommy Hilfiger sarà sempre il mio marchio preferito ? ” (NewYearNewTommy); “Leo Wu ??? ”(Stella McCartney Shared); “Adoro Indya e questa collezione ❤ ” (Tommy x Indya).

I commenti negativi riferiti alle diverse tipologie di collezioni differiscono significativamente ed in particolare, in quelli relativi alle collezioni genderless, compaiono numerose parole in slang o espressioni offensive, per esempio “Stupido da morire lmfao”, “ ?? ”(Marc Jacobs Heaven), “Voglio sperare sia una femmina ? ”(Gucci MX); “Dolorosamente vergognoso” (Stella McCartney Shared); oppure ancora espressioni di scherno, per esempio " ???? " (Marc Jacobs Heaven)," *** Se andassi in giro in quel modo verresti malmenato" (Gucci MX), “ ????? Un marziano!!!!!!”(Marc Jacobs Heaven).

I risultati dello studio suggeriscono che la reazione emotiva del pubblico può essere facilmente osservata su Instagram, poiché le persone non utilizzano questa piattaforma a scopo informativo, ma per esprimere le proprie impressioni e sentimenti, anche senza barriere linguistiche. Inoltre, dall’analisi dei commenti osservati si può dire che le collezioni tradizionali, in cui la segmentazione di genere è caratterizzante, godano di un consenso più ampio. Per quanto integrare capi o collezioni gender neutral sia oggi necessario poiché viviamo in un ambiente più fluido e mutevole rispetto ai ruoli e alle identità di genere, il genderless non è ancora sufficientemente accettato e le espressioni di scherno riferite a modelli e modelle, offensive verso i designer ed anche al brand stesso, lo dimostrano.

Queste evidenze suggeriscono ai marchi di lusso di mettere a punto percorsi di sviluppo ancora focalizzati sulla segmentazione binaria, alla quale affiancare specifiche collezioni genderless, gender-neutral, gender fluid dedicate. Le collezioni tradizionali, in cui la segmentazione di genere è caratterizzante, sono ancora quelle verso le quali le razioni del pubblico sono più positive. Uno strappo verso il nuovo potrebbe produrre impatti importanti sulla brand reputation. Un altro forte indicatore per i brand manager che è emerso dall’analisi dei commenti è l’attenzione verso la sessualizzazione dei minorenni: non è infatti raro leggere lamentele riguardanti l’ingaggio di modelle e modelli molto giovani vestiti in maniera provocante.

* Barbara Kulaga, ricercatrice post dottorato - Università Politecnica delle Marche
* Elena Cedrola, professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese - Università di Macerata

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