Le aziende tra valore e valori

La creazione del valore e la difesa dei valori in tempi di globalizzazione, finanziarizzazione, digitalizzazione e “meritocrazia”.

Le aziende, luoghi di strategie, di progetti, di numeri, ma soprattutto di persone. Spazi in cui comprendere mercati, lanciare prodotti e gestire conti economici, certo, ma con il fattore “umanità" come imprescindibile componente e la creazione di valore come obiettivo.

Stiamo assistendo a fenomeni che hanno talmente stravolto il significato di “creare valore”, depauperandolo del portato valoriale, da non riuscire più a coglierne l'ontologico spirito. Ed ecco qui, in ordine sparso e senza pretesa di esaustività, le direttrici di cambiamento che stanno alterando i “valori” delle aziende: la finanziarizzazione, la globalizzazione, la digitalizzazione e la mediocrazia.

La finanziarizzazione ha trasformato il mezzo in scopo divenendo il fine ultimo cui tendere. Le logiche del profitto dominano la gestione aziendale. La quotazione in borsa ha reso l'azionista l’unico stakeholder da accontentare, ha ridotto la visione al brevissimo periodo rendendo obsoleta ed antieconomica l'innovazione, la formazione, i piani di medio-lungo periodo ed ha concentrato progressivamente le organizzazioni sulla massimizzazione del profitto.

La globalizzazione ha posto la sfida del mercato allargato, fonte in sé di enormi opportunità, a patto di non sacrificarle all'omologazione ed all'abbandono delle unicità. Sempre più si assiste invece alla eliminazione delle sedi periferiche delle multinazionali ed all'accentramento dei contenuti con conseguenti riduzioni di personale ed appiattimento dell'offerta.

La digitalizzazione ha imposto un salto quantico di possibilità e mezzi. Ha offerto una opportunità che viene data all'umanità solo un paio di volte in un millennio. Di fronte a questa sfida le aziende sembrano rispondere tiepidamente più che ripensare le proprie organizzazioni in modo organico e coraggioso. Cosicché la digitalizzazione finisce per essere il mezzo con cui la globalizzazione si esprime e si legittima, più che una straordinaria opportunità da cogliere.

La mediocrazia è la deriva di un decennio di queste logiche e si prefigura come la più preoccupante. “Mediocrazia” è il titolo dell’ultimo libro del filosofo canadese Alain Deneault, docente di scienze politiche all’università di Montreal. La tesi sostenuta da Deneault è brillante e coglie tutti i tratti di un modo di lavorare che chi frequenta le grandi aziende ben conosce. I mediocri sono entrati nelle stanze del potere, perché i manager non qualificati sono inefficienti ed i manager esperti sono pericolosi per il sistema, perché i vecchi sono un peso economico e i giovani solo risorse da sfruttare e non formare.

Così, con una "rivoluzione anestetizzante", le aziende sono finite nelle mani dei tecnocrati, preparati ma mediocri, addomesticati e condiscendenti al sistema allo scopo di essere considerati affidabili dalla cordata di appartenenza, da cui non ci si può attendere altro che un "compitino ben svolto", senza l'impreparazione dello scarso né il guizzo dello stratega.

I giovani brillanti non verranno mai formati a dovere ed i manager esperti e capaci saranno mandati a casa per non turbare il torpore da cui non vuole essere scossa la macchina.

Più tempo passerà, più questa “governance di centro" anestetizzerà il sistema fino al punto di addormentarlo, fino all'omologazione, fino alla stabilizzazione di una confortante media che è solo mediocrità, fino alla compiaciuta mancanza di contenuti, valore e valori.

Il complesso di tali direttrici ha prodotto organismi miopi che funzionano con visioni di brevissimo periodo, che hanno sostituito lo sfruttamento dei giovani alla loro formazione, che schiacciano le organizzazioni a favore del profitto, che sacrificano mercati e brand alla carriera dei "mediocri" che li gestiscono, che depauperano e sfruttano brand e strutture, che fanno assurgere il profitto e l'interesse personale a luce guida, che hanno sostituito gli azionisti ai consumatori, che trasformano le aziende da contenitori di idee, persone, aspirazioni, entusiasmo e partecipazione a contenuto vuoto, fine a se stesso.

Siamo certi che creare valore significhi questo?

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