L’eCommerce puro? Non è per tutti

Il modello Amazon suscita grande fascino tra i retailer, ma imitarlo si rivela un disastro per molti, come sottolinea una ricerca condotta da Bcg. Meglio puntare su un nuovo concetto di multicanalità

Il modello di eCommerce che ha reso grande Amazon? Non è per tutti, tanto che cercare di imitarlo rischia di produrre più danni che benefici. È quanto emerge da un’analisi di Bcg, che questa testata pubblica in anteprima per l’Italia.

Modello non replicabile

“L’avvento del digitale ha rivoluzionato le abitudini di consumo, imponendo una trasformazione radicale ai retailer tradizionali, ma adattarsi non significa adottare un unico modello – racconta Luca Gatti, partner and associate director del gigante della consulenza, specializzato in customer strategic -. Il nostro studio dimostra che i fedelissimi della promessa di massimizzazione della ‘convenience’ (intesa come comodità e convenienza) della comodità fatta dall’ e-commerce puro sono una minoranza”.

In particolare, da quando Amazon ha preso il sopravvento nel mercato retail, molte catene di distribuzione tradizionali hanno tentato di imitarne il modello: cataloghi enormi, convenienza, facilità di comparazione, consegna rapida, reso. “Questo ha portato alla creazione di un canale online disconnesso dalla rete fisica e spesso addirittura in competizione con essa”, sottolinea Francesco Ragghianti, altro partner di Bcg. Nel copiare, infatti, si è prestata un’attenzione maniacale alle esigenze di una precisa categoria di clienti che sa cosa cerca, vuole vagliare molte alternative per trovare il prodotto ottimale e vuole la convenienza di fare tutto comodamente online. La battaglia per questi consumatori però è impervia perché i portali nativi digitali sono ottimizzati – anche da un punto di vista di struttura dei costi – per soddisfare queste esigenze.

Le strade percorribili

Non per questo i retailer che nascono nel mondo fisico devono arrendersi: le catene di distribuzione, spiega la ricerca, possono al contrario definire un terreno di competizione più congeniale ai propri punti di forza. Dalla ricerca emerge, infatti, che la presenza digitale è imprescindibile, ma che i fedelissimi dell’e-commerce puro sono una minoranza. Esistono altri gruppi di persone che hanno necessità diverse, non completamente soddisfatte da una esperienza puramente online, ma anche in larga parte trascurate dall’attuale offerta omni-canale dei retailer.

Sono consumatori appassionati dell’esperienza di marca, oppure bisognosi di consigli d’acquisto o – ancora - alla ricerca della miglior combinazione fra caratteristiche e prezzo di un prodotto – aggiunge Ragghianti -. Le catene di distribuzione dovrebbero focalizzarsi su queste tipologie di consumatori e chiedersi come ridisegnare la propria proposizione ed esperienza cross-canale per servirli al meglio. Scoprirebbero così che la propria presenza fisica non è un extra-costo, ma un grande vantaggio competitivo”.

Verso un percorso fluido

Gli esperti suggeriscono di costruire un percorso fluido (attraverso i canali di interazione preferiti dal consumatore) e circolare, che abbracci la fase precedente e successiva all’acquisto. Chi ci è riuscito ha ottenuto un aumento fino al 12% del customer lifetime value di clienti. Cioè è il valore totale che un cliente genererà per un'azienda nel corso del suo rapporto con questa.

Come si consegue questo risultato? Il primo passo è smettere di catalogare i consumatori in base a parametri demografici come l’età e concentrarsi sui loro comportamenti. Boston Consulting Group ne ha definiti quattro principali: la scelta del retailer, la decisione di cosa acquistare, la fedeltà al retailer e il passaparola.

Per Bcg, i retailer sono chiamati a un radicale cambiamento di prospettiva: devono trasformarsi da venditori di prodotti a fornitori di soluzioni personalizzate.

Il che significa riprogettare la propria strategia omni-canale per rispondere meglio alle esigenze dei consumatori, una volta comprese. È fondamentale, è la conclusione della ricerca, che la nuova esperienza di acquisto e post-vendita sia pensata soprattutto per soddisfare le esigenze di quelle categorie di clienti che si ha maggior probabilità di attrarre.

In sintesi, invece di inseguire online consumatori interessati principalmente al prezzo più basso, i retailer hanno l’opportunità di riposizionare la propria proposizione per essere più attrattivi nei confronti di una clientela che ha esigenze chiare ed oggi non sufficientemente soddisfatte.

Per farlo, possono fare leva sulla propria rete di negozi e di dipendenti, integrandola con i touch-point digitali in una esperienza omni-canale davvero fluida e costruire una proposizione differenziante rispetto, per esempio, a player puramente digitali.

Come farlo? Gli spunti non mancano. Si può, per esempio, offrire agli ottimizzatori la possibilità di accedere online alle informazioni raccolte in negozio e inviare notifiche pertinenti, per assicurarsi che finalizzino il percorso di acquisto dal retailer. Oppure, creare dei club esclusivi per gli edonisti in cui avere accesso a servizi.

 

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