Può il marketing creare strumenti che gli si ritorcono contro? Forse è quello che è successo con i Boomer, categoria creata come artificio nel tentativo di suddividere la società in target generazionali, ma divenuto una categoria antropologica considerata forse serial killer del buon senso e del futuro. Se questo atteggiamento sembra ad alcuni fanatismo ideologico, è anche vero che siamo in un necessario momento di desacralizzazione e distruzione (disruption) di certezze acquisite, per la rigenerazione di strategie aggiornate alle nuove consapevolezze scientifiche. Abbiamo dovuto aspettare molti anni per accorgerci che alcune emozioni e pulsioni umane, ricacciate nell’inconscio e nei sensi di colpa, non solo distruggevano gli individui, ma avvelenavano la società. Scoperto tutto ciò, ci si è mossi per creare nuovi linguaggi, di parole e di immagini, in un processo che vede l’estetica guidare l’etica. Eccolo un primo aspetto che decontestualizza l’atteggiamento Boomer dal contesto generazionale, per spostarlo su quello culturale: è Boomer chi è abituato ai confini, a un pensiero binario (bene/male) tipico delle religioni e dei sistemi piramidali.
Re-design del pensiero
Oggi c’è uno scontro di tradizioni che per la prima volta hanno forza quasi pari, perché il web ha ridistribuito la possibilità di “nominare” in maniera orizzontale la verità, facendo emergere una molteplicità di attitudini, desideri, cluster di tradizioni. Così tutti gli strumenti del moderno e digitale Design Thinking e Growth Hacking sono al servizio (oltre che del web marketing) di un re-design del pensiero, che ha una forza d’urto pari alla singularity della tecnologia. Se i nonni, vissuti in tempi di guerra, sono stati nutriti da una retorica costruita per adattarsi a una distribuzione del lavoro basata sulla forza fisica e una formula identitaria che chiudeva nelle gabbie di guerrieri e angeli del focolare (e pubblicità e marketing si adattavano e implementavano questo immaginario), i nativi digitali hanno frequentato un territorio parallelo a quello disegnato nel dopoguerra e la realtà si è spostata, almeno apparentemente, dalla posizione di sottomissione da qualunque autorità. In questo mondo i Boomer, o chi promuove la retorica boomer, sono ai margini, perché la demografia è ribaltata. Volendo giocare con gli archetipi e le metafore, questa specie aliena al mondo costruito dai Baby Boomer è nomade, fluida nell’identità, si dichiara tollerante, è sensibile, diffidente verso ciò che, erigendo confini, provoca automaticamente esclusione e con un istinto a sfuggire i rischi legati al digitale, che ingannano con paradossi e non sense. Così le nuove armi per asserire la fine del catcalling, della distinzione di genere, dei comportamenti predatori verso altri esseri viventi, del tono aggressivo, sono i bombardamenti di meme, la creazione di gruppi attivisti digitali (Hella Group è tra i più famosi) e tutti gli strumenti del digital marketing e del digital storytelling sconosciuti ai Boomer, che per questo li subiscono anche in maniera ingenua: tipico il caso delle fake news e dei giochini che rubano dati.
Perdere i pregiudizi
Come comunicare allora con il mercato Silver? Intanto facendo la prima mossa suggerita dalla nuova specie: perdendo i pregiudizi. Non tutte le persone nate prima degli anni ’60 amano linguaggi che riportano al paternalismo, a un’idea tradizionale di famiglia, alla cura del proprio orticello. Tutto va fatto con senso di scambio, di sharing, cose che forse i Boomer conoscevano più delle generazioni successive. Si tratta allora di ri-educare (anche attraverso il marketing) non imponendo la nuova sensibilità a chi ha già la propria, ma mettendo sensibilità nel messaggio. Siamo in un momento di contrattacco, all’interno del paradosso Tradizione – Tradimento, ben sintetizzato da Niccolò Fabi, uno dei tanti ospiti del Festival di Filosofia organizzato da Tlon, tra i maggiori influencer emergenti. Secondo Andrea Colamedici e Maura Gancitano (ideatori di Tlon), più che il martello per distruggere i vecchi simboli, occorre imparare a usare il martelletto di Nietzsche per sondarne il vuoto che rappresentano. Lo smascheramento dalla vuota retorica per ritrovare il pieno del significato comune è uno degli strumenti utili a educare alla convivenza non solo vecchie e nuove generazioni, ma le mentalità etichettate come Boomer e i rappresentanti della cultura creativa-digitale. “Molti si sono sentiti traditi dalla nostra decisione di rivelare l’insensatezza di regole di vita imposte, che prima si accettavano senza lamentarsi, pur essendo dannose per l’individuo e la società -dice Sebastian Peralta Ignacio Cares, graphic designer appartenente alla comunità LGBTQIA+ che rivendica con forza il valore politico delle scelte di ogni tipo di messaggio, anche di marketing-. Il rispetto è il concetto fondamentale che deve accompagnare la comunicazione; il lavoro educativo su questo valore è lo strumento per superare ogni etichetta e dunque ogni tipo di emarginazione”. “Stiamo abbandonando definitivamente i target su distinzioni demografiche per spostare l’attenzione sui cluster di interesse- spiega invece Flavia Brevi fondatrice di Hella Network e head of social media in Cookies & Partners-. Uno degli atteggiamenti che più infastidiscono del mindset ormai catalogato come Boomer è l’argomentazione con molte parole, l’occupare tempo e spazio comune. La lunghezza di un testo, secondo una recente ricerca, deve occupare in media 15 secondi”. Insieme agli archetipi stanno saltando le strutture narrative, almeno per i non Boomer: la diffidenza degli addetti ai lavori rispetto ai funnel (costruiti su tecniche narrative decontestualizzate dalla loro originaria funzione) sta facendo abbandonare anche la funzione trasformativa tipica delle storie. La sintesi, dopo questo scontro polarizzato, vedrà probabilmente nuove regole del gioco, una ricostruzione delle relazioni i cui ponti saranno la rinuncia al pensiero binario (quindi ideologico), la riscoperta e valorizzazione dell’ambiguità (quindi del pensiero poetico e metaforico), l’interpretazione del concetto di forza (non più fisica, ma emotiva), la leggerezza condivisa (autodissacrante invece di quella dissacrante ora in atto). Un compromesso storico che abolirà forse il concetto di minoranza.
Gli artisti come influencer
Il linguaggio è poesia fossilizzata e i cliché sono fossili ornati e coloriti, scriveva Ralph Waldo Emerson. Il nemico è lo stereotipo, archetipo fossilizzato, non l’archetipo stesso. A ogni rivoluzione si cerca di cancellare un’interpretazione del mito per sostituirlo con un altro. Oggi le mostre (da Archeology Now di Damien Hirst alla Galleria Borghese di Roma, fino all’esposizione Botticelli. Il suo tempo e il nostro tempo al Mart di Rovereto) rivisitano i canoni archetipici attraverso una dialettica tra tradizione e modernità, ricordando che l’artista è sempre stato traditore della tradizione e che in passato la resistenza era verso altre forme di cancel culture (ad esempio la censura degli elementi licenziosi della mitologia).
L’attivismo e i consumatori ispiranti
Henry Jenkins nel suo libro Cultura Convergente parla di economia affettiva e di capitale emozionale. Con la nascita dei nuovi media, la possibilità di interazione fra produttori e utilizzatori è cresciuta in maniera esponenziale, aprendo nuove possibilità negli equilibri e negli elementi dello scambio. I cosiddetti “consumatori ispiranti” che, innamorati del brand, intervengono attivamente nel processo di miglioramento del prodotto attraverso il nuovo potere mediatico, hanno piano piano esteso la loro partecipazione arrivando a finanziare le idee, gli oggetti e i processi in cui ripongono fiducia. Una campagna di crowdfunding ha bisogno di intercettare o costruire una comunità di appassionati al progetto che diventi a sua volta ambasciatrice nella propria rete di contatti della missione da raggiungere. Per coinvolgere la folla e ottenere il suo supporto non solo come fan ma anche come sponsor, occorre individuare e soddisfare una concreta necessità, che può essere di riconoscimento sociale, economico, di autostima, di sviluppo delle proprie competenze se non addirittura di azione politica. La riconciliazione e la mediazione culturale per evitare marginalizzazioni (anche “agiste”) potrebbero essere la nuova sfida.