L’export del vino italiano ringrazia il Prosecco

La domanda estera è trainata dal Prosecco e in molti vedono in questo fenomeno un rischio di eccessiva dipendenza da un unico segmento. Ma lo stato di salute finanziario è robusto

In attesa di valutazioni post Coronavirus, l’export del vino italiano nel 2019 ha toccato 6,4 miliardi di euro (+3,2%). L’incremento maggiore si riscontra sui volumi, che sfiorano i 22 milioni di ettolitri e significano il primato mondiale. Ne deriva che l’evoluzione degli introiti è stata inferiore alle attese, a causa di prezzi medi in discesa e ai cambiamenti in atto nel paniere delle esportazioni.
L’incremento più importante riguarda i vini comuni che con 4,9 milioni di ettolitri, per lo più sfusi, sono cresciuti del 18% in volume con una flessione degli introiti (-3%), conseguenza della decisa riduzione dei listini alla produzione (27%). Solo da settembre in poi i prezzi alla produzione di vini comuni hanno ripreso a crescere, ma anche in questo caso senza riuscire a recuperare le perdite accumulate nei mesi precedenti.

Il forte aumento delle esportazioni di vini sfusi da tavola, che hanno una naturale destinazione verso mercati comunitari, in particolare la Germania, ha contribuito a far registrare una progressione complessiva più marcata in termini quantitativi verso i Paesi Ue (+12%) rispetto a quella verso i Paesi terzi (+7%). La situazione è ribaltata secondo i dati dell'Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini – ISMEA, invece, sul fronte del valore. L’export in valore verso i Paesi terzi, pari a 3,22 miliardi di euro, registra un sorpasso  e si posiziona sopra i 3,20 miliardi di euro verso la Ue.

L'export del vino italiano è caratterizzato dagli spumanti per i quali, pur considerando positivo il risultato del 2019, si evidenzia, tuttavia, un sostanziale rallentamento della corsa, che non raggiunge più la doppia cifra (8% a volume), per un corrispettivo di quasi 1,6 miliardi di euro (+4,5% su base annua). La domanda estera è trainata essenzialmente dal Prosecco e in molti vedono questa eccessiva dipendenza da un unico prodotto come una debolezza di sistema.

Il Prosecco da solo vale il 15% di tutto il comparto vinicolo in Italia e dal 2010 al 2018 ha più che triplicato i propri volumi diventando il motore trainante di un comparto in cui più di 7.000 produttori italiani sono coinvolti. La cosa estremamente positiva è che per ora gli indicatori finanziari mostrano un settore in salute che sta investendo e gestendo bene la straordinaria crescita degli ultimi anni. Molti altri settori dell’agroalimentare italiano pur beneficiando dei trend favorevoli di internazionalizzazione del made in Italy hanno sofferto in termini di margine e di profittabilità. Il settore degli spumanti sembra, invece, aver gestito bene la forte crescita e i necessari investimenti per alimentarla.

In decisa progressione anche i vini Dop, soprattutto fermi (+13,5% a volume e + 9 a valore), che compensano la riduzione registrata nel segmento delle Igp.

Resta un forte valore di concentrazione dell'export: le prime tre destinazioni assorbono più della metà del totale esportato sia in volume che in valore. Due di queste (Stati Uniti e Regno Unito) sono purtroppo cariche di incognite in prospettiva futura, nel breve e medio periodo.

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