L’export digitale per la conquista dei mercati esteri

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I canali digitali sono una leva di crescita per l’export soprattutto per le pmi. Occorre però una strategia di posizionamento e un’attenta analisi dei mercati da presidiare e delle risorse necessarie

L'export del Paese Italia ha superato nel 2021 il valore complessivo di 500 mld di euro. Un dato, quello diffuso dall’Istat, che da una parte inorgoglisce, perché non affatto scontato dopo quasi due anni di pandemia, e dall’altro dovrebbe essere in grado di stimolare anche le imprese più pigre sul tema dell’internazionalizzazione. Molti operatori economici sono ancora inattivi nei mercati internazionali o lo diventano solo su chiamata, ossia quando ricevono un impulso da un cliente o un buyer straniero. Un comportamento opportunistico che non gli permette di strutturarsi in modo adeguato al proprio interno e che li rende più fragili proprio oltre confine con il rischio di essere superati da competitors più agguerriti. Sempre analizzando i dati dell’Istat emerge che l’export made in Italy è più sostenuto verso i paesi Ue (+20,0%) rispetto ai mercati extra Ue (+16,3%). Questo a dimostrazione di come all’aumentare della distanza geografica e delle diversità culturali, sociali e logistiche diventi più difficile e complesso penetrare i mercati e consolidarne una presenza durevole nel tempo. Negli ultimi anni a sostenere l’export delle imprese italiane ci ha pensato anche il digitale e le innovazioni repentine che si sono susseguite nel tempo facendo emergere nuovi canali (siti di eCommerce, social commerce, ecc.) e piattaforme (market place, ecc.) che hanno influito sulla digital transformation anche delle imprese più tradizionali. Il potenziale espresso da quello che viene definito export digitale è ancora agli arbori perché da una parte gli stessi intermediari di servizi (Amazon, Ebay, Alibaba, ecc.) sono relativamente giovani, dall’altra, imprese fornitrici e consumatori stanno adeguando rispettivamente i propri processi di produzione e le decisioni di acquisto in modo diverso rispetto al passato.

IL CONTRIBUTO DELL’ONLINE

Nonostante le incertezze legate al coronavirus e a quelle relative alla guerra in atto in territorio ucraino, un recente studio realizzato e pubblicato da Ups ha rilevato come per i prossimi due anni le vendite online saranno il principale driver di crescita per le Pmi per raggiungere i mercati esteri. Sempre più le imprese che puntano ad accrescere le vendite estere si affidano infatti all’eCommerce per riuscire in questo intento, come dimostrano i numeri raccolti dall’analisi Ups, che confermano questa tendenza per tutto il prossimo biennio.

Dall’inizio della pandemia da Covid-19, il numero di Pmi attive anche con il commercio elettronico è passato dal 47% dell’anno scorso al 57% nel 2022. Di queste imprese che vendono online, il 63% sono guidate da donne mentre il 55% sono a conduzione maschile. Inoltre, il 55% delle aziende che ha partecipato all’indagine ha riscontrato una diminuzione delle entrate dovute alla pandemia e il 53% afferma di aver incontrato difficoltà con le limitazioni imposte dal Covid-19, mentre circa un quarto delle Pmi ha chiuso definitivamente i punti di vendita fisici. L’Italia si trova alla ventesima posizione nella classifica dell’e-Trade Alliance dei migliori Paesi a livello globale per le piccole e medie imprese per l’eCommerce: infatti, il contributo elevato della categoria alle esportazioni del Paese (53% in Italia rispetto alla media Ue del 25%) indica il forte potenziale delle Pmi attive online. Tuttavia, queste si trovano a colmare dei gap che le ostacola nel cogliere le opportunità del mercato, tra cui la lentezza nell’innovazione digitale rispetto alla media europea.
Entrando nel merito del commercio digitale, tra le sfide maggiori emergono gli aspetti che riguardano la cybersecurity e la sicurezza online, il recupero dei costi connessi all’eCommerce (47%) e le spese legate al marketing e branding online (43%). ll 41% delle Pmi pone l’accento sull’accesso ai finanziamenti per il potenziamento dell’eCommerce, particolarmente determinante per il 60% delle imprese a conduzione femminile contro il 27% di quelle a conduzione maschile. Circa un terzo delle imprese intervistate punta all’export e metà delle aziende ha dichiarato che esportare è diventato più facile dall’inizio della pandemia, mentre il 40% ha affermato il contrario. Tra le principali insidie che le Pmi italiane sono chiamate ad affrontare sull’export online, per il 60% risulta impegnativo l’accesso alle informazioni sui mercati internazionali, sulla conformità con le regolamentazioni commerciali e sui requisiti doganali; per il 57% la gestione delle tasse e dei dazi; per il 50% il supporto alle spedizioni e alla logistica.

MADE IN ITALY DAYS

Tanti anche i programmi speciali messi in atto da operatori e piattaforme internazionali per promuovere e spingere i prodotti italiani nei mercati internazionali. Uno di questi, organizzato da Amazon e intitolato i “Made in Italy Days” si sono rivelati un grande successo per le piccole e medie imprese italiane che vendono sugli store di Amazon. Grazie a questo evento, i clienti di Amazon nel mondo hanno avuto la possibilità di scoprire ed acquistare più di 8.000 offerte su prodotti originali Made in Italy, dando un impulso all’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese che vendono su Amazon. Infatti, più del 50% delle vendite totali registrate in quattro giorni proviene dall’estero. Dal 30 maggio al 2 giugno i clienti Amazon di Italia, Spagna, Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti, Giappone ed Emirati Arabi Uniti hanno potuto scegliere tra un’ampia selezione di prodotti artigianali Made in Italy, realizzati da piccole e medie imprese italiane o da marchi italiani di fama internazionale che hanno contribuito, nel corso dei decenni, a costruire la reputazione dell’Italia come patria di uno stile di vita dinamico e creativo, incentrato sui piaceri del buon cibo e del buon vino, che evoca e dà forma allo stile della “Dolce Vita”.

Sono oltre 4.500 le aziende artigiane, le Pmi e le imprese italiane che vendono i loro prodotti nella vetrina Made in Italy di Amazon, disponibile su Amazon.it, Amazon.co.uk, Amazon. de, Amazon.fr, Amazon.es, Amazon.com e recentemente anche su Amazon.co.jp e Amazon.ae.

Dal 2019, l’accordo tra Agenzia Ice e Amazon ha coinvolto oltre 2.000 Pmi italiane. Le piccole e medie imprese che hanno iniziato a vendere su Amazon grazie all’accordo con Agenzia Ice hanno messo a disposizione dei clienti Amazon oltre 240.000 nuovi prodotti. L’export digitale può rappresentare una leva di crescita per le imprese italiane soprattutto quelle più piccole e meno strutturate.

Occorre però dotarsi di una lucida strategia di posizionamento e di un’attenta analisi dei mercati da presidiare e delle risorse da impiegare. La velocità di cambiamento dei mercati impone a tutti gli operatori economici pianificazione e continue analisi di dati e tendenze.

Occorre ripensare la gestione delle proprie imprese rendendole più snelle e flessibili ai nuovi e complessi scenari futuri.

L'EXPORT ITALIANO

Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, l’export digitale italiano nel 2021 è cresciuto a ritmi sostenuti, ed in egual misura per i canali B2c e B2b, registrando un incremento del +15%. Più precisamente, le esportazioni via eCommerce B2c hanno rappresentato il 9% dell’export complessivo. Tra i settori più importanti e rappresentativi il fashion (8,6 miliardi, 56%), il food (2,2 miliardi, 14%) e l’arredamento (1,2 miliardo, 7%). L’Export online B2b vale invece oltre 146 miliardi, il 28,3% delle esportazioni complessive. In questo caso i settori con le migliori performance sono stati l’automotive, il tessile-abbigliamento e la meccanica. Approfondendo i dati del Politecnico di Milano, l’export digitale italiano di beni di consumo diretto (tramite sito proprio, marketplace o siti di vendite private) o intermediato (tramite retailer online) è cresciuto del +15% nel 2021, toccando un valore di 15,5 miliardi di euro. Le esportazioni digitali B2c hanno raggiunto un peso pari al 9% dell’export complessivo in Italia (online + offline). Il settore più importante, pari al 56% del mercato complessivo dell’export digitale B2c e B2b2c, si conferma il fashion, con un valore di 8,6 miliardi di euro nel 2021, +20% sul 2020, superando i valori pre-Covid.

Il secondo settore è il food & beverage, con un Export online di 2,2 miliardi di euro, 14% del totale, che prosegue la crescita (+10%), ma rallenta dopo l’exploit 2020 (+46%). Il terzo comparto è l’arredamento, 1,2 miliardi di euro (+12%), pari al 7% del totale delle esportazioni online di beni di consumo. Elettronica, cosmetica, cartoleria, giochi, articoli sportivi e gli altri comparti valgono complessivamente il 23% dell’export digitale B2c, ma singolarmente hanno un peso marginale. Invece, l’export digitale B2B (tramite cioè canali digitali come Edi o Web Edi, Extranet, Marketplace) nel 2021 ha raggiunto un valore di 146 miliardi di euro, anche questo in crescita del 15% rispetto al 2020 e con un peso del 28,3% sull’export complessivo di prodotti. Con l’eccezione del settore farmaceutico, in forte flessione dopo il boom del 2020, per tutti i settori B2b l’export online è cresciuto in modo importante ed è tornato al di sopra dei livelli pre-Covid (nel 2019 il valore era di 134 miliardi).

Ceo di IBS Italia Srl e Founder di Exportiamo.it,

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