Librerie, s’arrendono anche i megastore?

Un particolare della Red di Milano Piazza Gae Aulenti: la formula è quella della libreria abbinata alla ristorazione
L'insostenibilità degli affitti è la principale causa della chiusura di librerie nei centri storici e urbani, librerie anche grandi e titolate: la crisi, alleata al carocanone, sferra il colpo di grazia ai librai.

Un  problema che sta diventando serio anche per le catene come la Feltrinelli: apprendiamo da un articolo del Tempo, uno dei quotidiani più importanti della capitale, che fra tre mesi potrebbe chiudere la libreria la Feltrinelli in Galleria Alberto Sordi: è un punto di vendita su 4 livelli, con caffetteria, uno dei più grandi della catena milanese.

Mark Up ha chiesto a Stefano Sardo, direttore generale business Feltrinelli, un commento in merito che riportiamo testualmente:
"La notizia apparsa non è esatta. La libreria non chiuderà a dicembre e, per il momento, non esiste una data di chiusura. Stiamo rinegoziando il contratto di locazione con la proprietà e decideremo in seguito il da farsi"

Un problema reale
La notizia sulla chiusura della libreria la Feltrinelli in Galleria Alberto Sordi, anche se non confermata, è l'occasione per alcune considerazioni nel merito di carattere più generale.
Come già accaduto a Milano, in soli due anni Roma ha perso 25 librerie storiche, scese da 75 a 50 unità. Un esempio: al posto della libreria Herder, a due passi da Palazzo Monte Citorio, c'è oggi un negozio d'abbigliamento. Gli affitti, dicevamo: per la Feltrinelli della Galleria Colonna si stimano canoni pari a 1,4 milioni di euro l'anno.

Milano ha vissuto già questa fase: forte sviluppo dei megastore multimediali (la Feltrinelli e Mondadori), chiusura di decine di librerie tradizionali, soprattuttto nel semicentro, ma anche in pieno salotto milanese (molti si ricordano ancora dello storico Remainder's di Galleria Vittorio Emanuele, sempre pienissimo). Le poche librerie indipendenti che sopravvivono, come Utopia, devono spostarsi di quartiere in quartiere alla ricerca del "best rent", dell'affitto più conveniente. Utopia è una case history paradigmantica: lasciato (necessariamente: l'insostenibile pesantezza del canone) lo storico locale di Largo La Foppa (preso dalla pasticceria Panarello) si è trasferita in una zona diametralmente opposta, via Vallazze-Città Studi, che si è però rivelata deludente per lo scarso traffico di persone, fattore fondamentale per una libreria, come per tutti i punti di vendita. Da pochissimi giorni Utopia è ritornata nella zona storica, riaprendo in via Marsala (a due passi da via Moscova direzione San Marco) al posto della libreria Archivolto, specializzata in architettura, che si è trasferita non lontano.

Internet viene citata come una delle concause di questa crisi: vero, ma fino a un certo punto. L'e-commerce va benissimo nel settore librario che è uno dei comparti più dinamici nelle vendite on-line. Sono tantissime le librerie on-line specializzate nell'usato e nelle prime edizioni che lavorano solo su Internet, non poche di esse si appoggiano anche al negozio tradizionale che funge anche da magazzino e punto di vendita al dettaglio, alternando l'-ecommerce con le fiere.

La scarsa innovazione assortimentale che caratterizza librai e librerie, diventati e diventate mere roccaforti di potere nelle mani di 7 gruppi editoriali che controllano il 64% del mercato, è una (forse non la maggiore, ma certamente non la più irrisoria) delle cause più probabili di questa crisi: niente (o poco) spazio agli "indi" e agli autori emergenti o poco conosciuti. Basta analizzare il reparto poesia di una qualunque libreria (milanese): un'esperienza noiosa, sempre gli stessi nomi, sempre la stessa zuppa. Non si ristampano più autori anche importanti, non si mettono in circolazione opere e libri di autori contemporanei e viventi poco conosciuti ma che dinamizzerebbero gli scaffali.

Se le librerie non ritrovano il ruolo proattivo di innovazione e apertura culturale, slegandosi dalle mode e dai condizionamenti che soffocano questo paese, sono destinate all'impoverimento progressivo generato dalla noia che è l'anticamera dello scarso afflusso della clientela.

 

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