L’impatto degli incubatori e acceleratori italiani nel 2018

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Secondo il Report del Politecnico di Torino, acceleratori e incubatori stanno ottenendo importanti risultati per la sopravvivenza delle startup dopo la fase iniziale
Le startup fanno parte del sistema imprenditoriale nostrano ormai da qualche anno, e rappresentano molto di più dinuove piccole imprese agli albori. Infatti, sono caratterizzate da un alto tasso di innovazione e tecnologia, che spera di diventar economicamente sostenibile in fretta (scalare: scale-up), evitando il fallimento.  Il mancato soddisfacimento di un bisogno del mercato, di un adeguato modello di business, di liquidità e di una strategica attività di comunicazione e marketing, con l’aggravante di un team sbagliato, sono solo alcune delle cause che possono inficiare il successo e la conseguente longevità e trasformazione delle startup. Molte, tuttavia, sono le insidie del mercato e spesso anche della burocrazia che mettono a dura prova l’avvio di queste nuove spinte imprenditoriali. Per una startup early stage è, quindi, essenziale trovare l’ecosistema adatto per iniziare alla cui base vi sono incubatoi e acceleratori. Gli incubatori sono nella sostanza dei programmi di collaborazione che includono una gamma di servizi, che prevedono, ad esempio, l’utilizzo di spazi fisici e di co-working, servizi amministrativi e organizzativi, formazione, consulenza/mentorship, accesso a finanziamenti e networking. Il termine incubatore viene spesso utilizzato erroneamente come sinonimo di acceleratore, ma vi è una differenza sostanziale: i programmi di collaborazione tra incubatori e le Startup hanno una durata maggiore (solitamente dai sei mesi ai 2-3 anni) e, a differenza degli acceleratori, gli incubatori entrano in gioco nel primo stadio di vita delle startup early stage aiutandole a sviluppare e validare la loro idea di prodotto.
Al di là di quelle che possono essere differenze più teoriche, l’impatto pratico degli incubatori e degli acceleratori è validato dai risultati ottenuti, che hanno effettivamente creato un ambiente favorevole a ridurre il rischio di “mortalità infantile” e “crescita patologica”. Secondo il report 2018 sull’impatto degli incubatori e acceleratori italiani redatto dal Politecnico di Torino, sono 275 le startup, iscritte al registro delle imprese entro il 31/12/2017, per le quali risulta una partecipazione azionaria da parte di incubatori e acceleratori italiani, con una geolocalizzazione del 70% nell’Italia settentrionale. Gli incubatori e gli acceleratori, di fatti, si confermano attenti alle primissime fasi di sviluppo dei progetti imprenditoriali: 3 su 10 dei soggetti da loro accelerati sono team imprenditoriali che non hanno ancora costituto la propria impresa e sono 205 (sulle 275 di cui sopra) le imprese per le quali gli incubatori e acceleratori sono tra i fondatori. Da questa attività, gli incubatori riescono a ricavare in media un fatturato di 1,30 milioni di euro (dati al 2017). Inoltre, più della metà degli incubatori supporta organizzazioni a significativo impatto sociale. In particolare, il settore più rappresentato da queste imprese è quello della salute e del benessere, seguito dal settore della cultura, delle arti e dell’artigianato. Lo studio, realizzato per il secondo anno di seguito, conferma il dato del 41,1% di startup incubate che operano nell’ambito di servizi di informazione e comunicazione. Il secondo settore più rappresentato rimane quello legato ad attività professionali, scientifiche e tecniche, con il 26,4% del totale.
Vi sono, quindi, grandi margini di sviluppo derivanti da questi programmi di collaborazione per startup operanti in campi più svariati, e, come sottolineato da Paolo Landoni del Politecnico di Torino, direttore scientifico della ricerca: “Emerge un quadro molto diversificato e in evoluzione. Aumenta l’attenzione alle imprese a significativo impatto sociale e aumentano gli incubatori che affiancano alle proprie attività tipiche attività di selezione e investimento nell’equity delle startup. Investimenti importanti, perché in una fase seed molto rischiosa a cui non sono interessati altri investitori.” Tutti segnali da monitorare, per far insediare la propria startup in un ambiente virtuoso e proiettato verso una crescita sostenibile.

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