Linkontro 2018, Galimberti: se la tecnica diventa il fine e l’uomo il mezzo

La voce controcampo del filosofo Umberto Galimberti a Linkontro 2018. Una visione dall'alto per leggere la società d'oggi e, possibilmente, migliorarla

Siamo nell’età della tecnica. E come in tutte le epoche al filosofo è assegnato il compito di leggere la realtà dall’alto, offrendosi alla società come barometro di consapevolezza e, possibilmente, indicatore di una direzione migliorativa. La “voce controcampo” a Linkontro Nielsen 2018, come lui stesso si definisce, è stata quella del filosofo e psicoanalista Umberto Galimberti.

“Oggi la tecnica non è più in mano all’uomo. Ha smesso di essere mezzo a supporto di un fine, il ramo che ci aiuta a prendere la banana sull’albero”. È la stessa dinamica di capovolgimento che Marx aveva attribuito al denaro, evoluto da medium d’acquisto a scopo stesso.

Scienza e tecnica anelano alla conoscenza per la conoscenza, senza scopo altro e con effetti per loro stessa natura imprevedibili. Renderle un fine ultimo del nostro agire significa “mettere al bando la democrazia, perché si portano sul tavolo questioni complesse a cui non si può risponde con competenza e si arriva quindi a decidere su basi irrazionali”.

Tutto questo ha ripercussioni significative anche sull’etica e sulla nostra capacità di sviluppare intelligenze divergenti. “La tecnica diventata fine ti dice che puoi trasgredire, fare ciò che vuoi: la tua unica responsabilità è essere un buon esecutore”. La sofferenza psicologica (il 55% di italiani ricorre agli psicofarmaci) è data dalla mancata performance ottimale, non più dal senso di colpa per la bontà o meno di un’azione. “E bisogna essere sempre aggiornati, sempre accessi, sempre connessi per non perdersi le cose e mostrarsi all’altezza”.

Non stupisce, allora, che chi ha sganciato la bomba su Hiroshima o gassato gli ebrei nei campi di concentramento alla domanda “come ti senti?” non sappia rispondere. “Cosa provavo? Era il mio lavoro”. “Ero un ottimo funzionario, ho centrato il bersaglio, perché mi chiedete cosa provo?”.

Il compito del filosofo si conferma quindi essere proprio questo: ricordarci che l’uomo deve fare il pastore dell’essere, non il pastore delle macchine. Teniamolo bene a mente prima che la distopia diventi unica realtà presente, perché senza alternativa di pensiero la storia finisce.

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