Linkontro 2019, da Coop a Crai: il valore dell’italianità

Alcuni dei protagonisti di retail ed industria al confronto sul tema nell'ambito dell'appuntamento Nielsen

Cos’è l’italianità? La prima definizione, citata da Stefano Cini, direttore sales & marketing analytics di Nielsen South Europe, in apertura del suo intervento a Linkontro 2019, proviene dalla Treccani ed è la seguente: "L’essere italiani è sentirsi italiani".
A questo punto la domanda è: cosa significa essere italiani? Cos’è il senso di appartenenza? Dimostrazione pratica è la reazione della platea al suono dell’Inno di Mameli. Tricolore e italianità secondo Cini rappresentano capitale sociale, culturale ed economico. Il prodotto italiano è riconoscibile. Questo è un dato di fatto. Ma la riconoscibilità può portare ricchezza? La risposta trae spunto da una considerazione: il Made in Italy è sempre più spesso minacciato da imitazioni e falsi riferimenti. “Di fronte a una realtà di questo tipo ammetto la mia frustrazione”, sottolinea Cini. Non solo, ma il prodotto italiano è talmente riconosciuto da diventare la normalità in alcuni segmenti. Dunque la bandiera italiana non è più elemento sufficiente per difendere e proteggere il Made in Italy.

È vero però che l’italianità è un valore dal forte differenziale competitivo anche per gli italiani. I consumatori sono disposti a spendere di più per i prodotti di qualità”. Lo dimostrano i dati Nielsen: il 75% degli italiani è, infatti, disposto a spendere di più per avere la certezza dell’origine italiana dei prodotti (differenziale competitivo); l’80% del campione ritiene invece che sia molto importante l’origine delle materie prime dei prodotti, purché sia facilmente leggibile sul packaging (immediatezza), mentre il 78% afferma “Mi sento rassicurato dalla certificazione di origine 100% italiana (garanzia)”. Tutto questo sintetizza il valore dell’italianità per gli italiani.

Le etichette, dunque, devono riprodurre questi elementi variabili, devono saperli comunicare. E anche in questo caso i dati registrati lo dimostrano: i prodotti riconoscibili come italiani hanno un incremento del +1,9%. Anzi, crescono molto di più rispetto i prodotti 100% italiani e con certificazioni (+ 4,8%). Le sfide per la valorizzazione dell’italianità si possono affrontare seguendo alcuni concetti chiave: rilevanza, tracciabilità, territorialità, sistema.

LA STRATEGIA DI COOP
“La scelta strategica di Coop è la trasparenza”. Francesco Cecere, direttore marketing Coop Italia, incentra il suo intervento sulla tracciabilità. “L’origine e la tracciabilità dei prodotti alimentari per Coop sono temi centrali e non solo per i prodotti a marchio. Il controllo rigoroso delle materie prime e dei processi produttivi lungo tutta la filiera così come la trasparenza nelle informazioni date ai consumatori sono tratti fondamentali della nostra mission”, chiosa.

Nel 2013 Coop ha lanciato il sito www.cooporigini.it per permettere la verifica su ciascun prodotto, sulla provenienza e sulle caratteristiche. Cecere focalizza l’attenzione sulle attese dei clienti. “La sicurezza alimentare è uno dei parametri chiave considerati dai consumatori nella scelta del punto di vendita principale assieme agli orari, la comodità, il rapporto qualità/prezzo, le offerte sui prodotti consumati e su quelli di qualità -spiega-. A questo si aggiunge la qualità eccellente dei freschi”. I consumatori inoltre scelgono il punto di vendita anche sulla base delle informazioni sulla provenienza dei prodotti.

“La linea Origine Coop -afferma- nasce proprio dalle attese dei consumatori”. La linea comprende 108 prodotti, genera 150 milioni annui di fatturato e incide per il 10% sul totale mdd Coop.


Sulla base del flusso delle carte fedeltà, l’analisi di Coop dimostra che sono 394mila i soci altoacquirenti di cui il 69% è un cliente core di Coop, mentre il 16% ha iniziato ad acquistare prodotti di filiera solo di recente. I soci altoacquirenti dei prodotti filiera spendono in media il 5% in più rispetto ai soci core di Coop e il 20% in più rispetto ai soci core che non sono attenti alla filiera. Dunque si ha più fedeltà verso i brand con tracciabilità. L’obiettivo di Coop è infine di utilizzare i big data per valorizzare la crescita dei segmenti più dinamici e valoriali dell’assortimento verso mdd e brand.

LA VISIONE DI CRAI
Brand, sensibilità umana e micro-territorio. Queste le tematiche portate a Linkontro Nielsen 2019 da Mario La Viola, direttore marketing, format, rete e sviluppo di Crai Secom. “McDonald’s non vende hamburger ma un’esperienza, Apple non vende smartphone ma uno status.

E noi retailer che cosa vendiamo? Prodotti? No, dobbiamo vendere un’emozione chiamata negozio. Condividi il Tweet

L’insegna e la persona: questi sono i valori che distinguono un punto di vendita dall’altro, tutto il resto può essere copiato. Bisogna essere credibili rispetto alla propria mission”.

Da questi presupposti parte il progetto di viaggio Nel Cuore dell’Italia di Crai. Un’iniziativa che per l’insegna significa “essere dentro al territorio, non solo sul territorio. Non basta sponsorizzare un’iniziativa locale con un logo, bisogna essere realmente attivi nella comunità”. Un Dna umano, dunque, che passa anche dalla formazione di chi lavora in azienda e per l’azienda con Crai Academy.

Per innovare con la tecnologia basta avere i soldi, per cambiare la mentalità delle persone e creare rapporti duraturi servono un’altra sensibilità e una diversa comunicazione, che coinvolga in primis i dipendenti.

IL CASO DI PARMIGIANO REGGIANO
“Il segreto del Parmigiano Reggiano è una tecnica che mantiene vitali e trasferisce i batteri buoni, responsabili del gusto unico del formaggio, dall’erba, alle bovine, al latte e infine al formaggio”. Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano, evidenzia le caratteristiche del prodotto focalizzando l’attenzione sull’importanza strategica per il territorio e l’indotto.

Quanto conta la Dop per il territorio? In termini numerici il consorzio coinvolge 2.620 allevatori, 335 caseifici e 10 operatori commerciali. Da qui il prodotto arriva al dettaglio e ai consumatori con un fatturato di 1,5 miliardi di euro (valore ai caseifici) e di 2,5 miliardi (valore al consumo).

“Il fatturato di una Dop diventa reddito per il territorio -dice- e l’attività non può essere delocalizzata. Da prodotto noto il Parmigiano è diventato più un love brand con una crescita export annua del +5%”.

 

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