L’italian food deve puntare sui mercati emergenti

Il punto di vista dell'industria – Federalimentare ha le idee molto chiare: la contraffazione e l’italian sounding è il pericolo maggiore per la nostra industria. Mark Up ha chiesto a Filippo Ferrua, Presidente di Federalimentare quale tipo di interpretazione dare al Made in Italy.

Presidente Ferrua, tra un anno circa parte l'Expo. Come possiamo sfruttare al meglio l'appuntamento?

È una grande opportunità per spingere l'internazionalizzazione. È necessario che le nostre aziende che sono di piccole dimensioni riescano a superare il gap strutturale e aggredire i mercati lontani e difficili, quelli dei paesi emergenti. Sull'Europa la situazione è consolidata per cui la sfida è verso gli emergenti.
Inoltre l'Expo è anche un'opportunità unica per imprimere un'azione a livello sistemico e da questa punto di vista e qualche passo si comincia a fare. Tutto il sistema Italia deve muoversi in modo sincrono evitando situazioni di complessità e competizione. Secondo me con l'Expo sta emergendo una volontà di far bene e di fare le cose insieme.

In termini di contraffazione e italian sounding a che punto siamo?

Su questo versante c'è molto da fare. È necessario che il Governo italiano raggiunga degli accordi bilaterali in alcuni paesi dove il fenomeno ha le radici di più forti e robuste. Questo è il ruolo della politica, per il resto ci pensiamo noi. Abbiamo la forza e la capacità per portare il food italiano all'estero con le manifestazioni e le nostre imprese. Purtroppo ci manca la grande distribuzione italiana ma riusciamo a fare buoni accordi anche con quella straniera.

L'Italia è il paese in Europa che ha il maggior numero di denominazioni di origine riconosciute. Non crede che sia questa la punta di diamante dell'italian food, il vero made in Italy?

L'insieme di tutti questi prodotti la cui denominazione di origine è riconosciuta, rappresenta il 10% di tutta la produzione alimentare italiana. Si tratta di una nicchia, importantissima ma sempre una nicchia.
Sul “Made in” dobbiamo fare molta attenzione a non farci del male. Parlare oggi in Italia di Made in Italy significa identificare l'origine dell'ultima trasformazione. Allargare questo tema significa aprire tutto il dibattito sull'origine delle materie prime. In Italia siamo strutturalmente deficitari e non siamo nelle condizioni di cambiare questa situazione neppure nei prossimi anni: ci manca sempre il 30-40% di tutte le materie prime agricole utilizzate nell'industria alimentare italiana.
Se pensassimo di tutelare solo i prodotti che utilizzano materie prime italiane rischieremmo di incrinare il concetto di made in Italy anche perché un prodotto è caratterizzato da un insieme di fattori che vanno oltre gli ingredienti. Intelligenza, know how, ricette, tradizioni, tutto questo prescinde dall'origine della materia prima. Noi siamo un paese di trasformatori, per questa nostra abilità siamo ricercati all'estero.
Sono i marchi delle nostre aziende che garantiscono la qualità delle materie prime.

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