Lo European Green Deal e gli obiettivi per il settore food

Allo studio specifici piani strategici nazionali sull’agricoltura per pilotare la transizione verso le colture sostenibili

L’11 dicembre 2019 la neoeletta presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha presentato la sua linea politica e progettuale dai tratti ben più ambiziosi del suo quinquennio a capo dell’istituzione che è il braccio esecutivo politicamente indipendente dell'Ue. Si tratta di un progetto di lungo termine, che si vuole identificare come programma flagship della presidenza Von der Leyen e che prende il nome di European Green Deal.

Questo progettualità si estenderà a tutto tondo a mirati settori strategici, compreso il food. La Commissione ha, difatti, già annunciato che nella primavera del 2020 presenterà la strategia “Dal produttore al consumatore” dai molteplici obiettivi. Nella panoramica offerta finora dalla Commissione, il focus del programma, basato sulla collaborazione tra Stati membri, stakeholder e Ue, è volto alla definizione di piani strategici nazionali per l’agricoltura, che dovrebbero rispecchiare pienamente il livello d’ambizione del Green Deal europeo, garantendo una transizione giusta ed equa per tutti coloro che lavorano nel settore agricolo e marittimo in Europa; riducendo la dipendenza da pesticidi chimici, concimi e antibiotici, il loro utilizzo e i relativi rischi; e sviluppando metodi innovativi nell’agricoltura e nella pesca per proteggere i raccolti da organismi nocivi e malattie. Il tutto sarà esteso anche a prodotti alimentari importati da paesi terzi, che dovranno rispettare le norme UE in materia di ambiente. Inoltre, la nuova strategia sarà funzionale al contrasto alle frodi alimentari, individuandole e prevenendole attraverso il coordinamento con Stati membri dell’UE e paesi terzi. Essenziale sarà anche il legame food ed economia circolare per cui la strategia “Dal produttore al consumatore” contribuirà a realizzare dei processi - dalla produzione al consumo appunto – più sostenibili e responsabili lungo tutta la filiera, dal packaging alla gestione degli eccedenze alimentari.

Il Green Deal europeo rappresenta la nuova strategia di crescita dell’UE. Si parte da tre azioni concrete che costituiranno una solida base per il nuovo accordo. In primo luogo, la normativa europea sul clima sancirà per la prima volta nella legge dell’Unione l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, focalizzandosi sull’azzeramento delle fonti inquinanti, sulla produzione di energia a buon mercato e sicura, su trasporti smart e su cibo di alta qualità. In secondo luogo, dal punto di vista del supporto economico, sarà istituito il “Just Transition Fund” (che erogherà circa 7,5 miliardi di euro), che, di concerto con la Banca Europea degli Investimenti, gestirà fondi pubblici e privati. L’architettura concettuale del Green Deal ha, infine, l’obiettivo di porre in essere un piano di investimenti europei sostenibile, in un percorso di transizione giusta e socialmente equa per ogni soggetto, dove la somma di denaro predisposta per il progetto (ad oggi circa 1000 miliardi di euro, distribuiti in 100 miliardi di investimenti ogni anno, per i prossimi 10 anni) permetta agli investitori di prendere decisioni di lungo termine su progetti responsabili dal punto di vista degli impatti ambientali, in un clima di fiducia e comunione d’intenti. Nella pratica, secondo le aspettative della Commissione europea, il tutto si concretizzerà nella creazione di nuovi posti di lavoro, di un ambiente più pulito e, in generale, in una migliore qualità della vita. Lo scorso 15 gennaio 2020 il Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo, ha approvato il Green Deal proposto dalla Commissione, aprendo ufficialmente una nuova era, dove le ambizioni dell’Europa cercano di farsi strada in maniera controcorrente rispetto alle scelte dei grandi player internazionali.

Questo mastodontico programma presenta, come già accennato, delle cifre addir poco fuori dal comune per dei progetti europei, alimentando diverse voci critiche sul tema: c’è chi parla di dubbi sulla “contabilità creativa” per ora esposta dalla Commissione, di grande incertezza relativa alla ripartizione dei fondi tra i vari Stati, e della possibilità di scorporare parte degli investimenti relativi al Green Deal dal computo del deficit, nell’ottica di una sorta di golden rule ecologica. Altrettante sono le aspettative sui prossimi passi della Commissione, come la presentazione, entro marzo 2020, di un nuovo programma d’azione sull’economia circolare e della legge europea sul clima che comprenda la revisione dell’obiettivo di emissione di C02 al 2030. A questo riguardo, visti i molti punti in sospeso sul tema, il Parlamento europeo ha incitato la Commissione verso una roadmap più dettagliata. Il primo appuntamento in tale direzione è previsto per il 29 gennaio 2020, quando la Commissione presenterà il suo piano di lavoro annuale. Ciò che appare evidente in questo nuovo panorama che viene a prospettarsi è che siamo davanti a nuove sfide ed opportunità. Sarà l’occasione per poter far emergere il talento industriale europeo, dalle start-up ai grandi gruppi industriali, riconvertendo dove necessario e innovando tecnologicamente; e lavorando di pari passo per delle forti tutele sociali e miglioramenti nell’organizzazione del lavoro.

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