L’Ue vota il pacchetto sull’Economia Circolare

È un passo importante quello che si compie oggi a Strasburgo perché incide concretamente non solo sul ciclo dei rifiuti, ma su tutti i comparti economici: dal largo consumo al fashion fino ai beni durevoli.

"Il rifiuto è un'opportunità di valore". Superficialmente sembrerebbe un paradosso, ma questa affermazione ben contestualizzata descrive il cambiamento di modello economico che è in corso. Le parole suddette sono di Simona Bonafè, europarlamentare (gruppo S&D), relatrice del pacchetto sull'economia circolare, approvato oggi a Strasburgo, dal Parlamento riunito in sessione plenaria. Il pacchetto in questione è il risultato di un lungo processo di negoziazione che ha visto più volte una ridefinizione dei parametri presi in considerazione, sancendo il fischio d'inizio di un processo d’implementazione negli Stati membri. Cosa prevede in estrema sintesi il "pacchetto economia circolare"? Si tratta di quattro direttive volte ad aumentare il riciclaggio e ridurre l'uso delle discariche, portando la quota di rifiuti urbani da riciclare dall'attuale 44% al 55% nel 2025.

La sede dell'Europarlmento a Strasburgo

Questa Direttiva è un punto di partenza. L'Europa è un continente scarso di materie prime ma ricco d’innovazione che deve necessariamente riformare il suo paradigma di crescita e sviluppo. Sostenibilità è la parola d'ordine da tenere a mente nel leggere queste nuove disposizioni, che vedono, inoltre, nella prevenzione un punto fondamentale: infatti il Parlamento Ue ha migliorato la proposta della Commissione in termini di misure preventive puntando su cicli produttivi con meno scarti. L’ambizione è che il pacchetto dell'economia circolare diventi una politica "mainstream" dell'Ue vale a dire funga da trend per tutta la prossima base legislativa europea.

Una delle novità introdotte consiste nell'inserimento di spreco alimentare all'interno della Direttiva: si tratta della prima regolamentazione a livello europeo, al di là dei tanti proclami politici che sono stati più o meno ricorrenti nel passato, ma che non hanno sortito effetti concreti. L'Italia, in questo frangente, specie dopo Expo2015, è già molto avanti rispetto ad altri Stati europei, tanto da identificare in questo non solo un tema economico, ma anche di equità. Vi è ora anche l'impegno della Commissione nel cercare di dare anche dei parametri di misurazione per quanto riguarda lo spreco alimentare. Tuttavia, la transizione verso l'economia circolare è solo possibile tramite investimenti. Investire tecnologie, in R&D e sulle infrastrutture è quindi essenziale per attuare questo cambio di paradigma.

Un momento della tavola rotonda presieduta da Simona Bonafé

Mark Up è presente alle votazioni e ai lavori di questi giorni e ha potuto rivolgere qualche domanda a Simona Bonafé.

Il percorso di approvazione è stato complesso. Quali sono stati dei particolari soggetti della società civile che vi hanno aiutato ed indirizzato nella definizione della normativa?
La Commissione, un paio di anni fa, ha fatto una conferenza degli stakeholder, a cui hanno partecipato molte associazioni (BusinessEurope, EuroMetaux, Eurofer, European Aluminium, Plastics Europe etc.). Io, personalmente, nel lavorare a questa Direttiva ho ascoltato molti portatori di interesse, da ONG a realtà industriali che oggi fanno già dell'economia circolare il loro core business.

Sono stati definite delle forme di rating o delle certificazioni ambientali che classifichino le aziende sulla base del loro impegno in ambito di economia circolare?
Qui si ha a che fare con un tema nuovo che non ricade perfettamente in nessuno dei parametri, quantitativi e non, già esistenti. Noi ci siamo posti il problema di come misurare la "circolarità", anche in termini di uso efficiente delle risorse. Non sono temi facili, ma hanno una serie di complicazioni dovute anche al fatto che entrano in gioco diversi materiali (plastica, carta, legno ecc.) e ognuno di questi ha particolarità proprie. Siamo all'inizio di un percorso e abbiamo chiesto anche alla Commissione di impegnarsi in tal senso per trovare misurazioni valide.

Come funziona l'iter che porterà al recepimento, alla messa in atto del pacchetto?
Con oggi si chiude l'iter parlamentare europeo, per poi passare la palla al consiglio ambiente degli Stati e alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (ci vorranno circa 30 giorni). Dalla pubblicazione in Gazzetta ci vorranno circa due anni per il reperimento negli Stati membri. In più, in questo caso, si tratta di una Direttiva quadro che lascia quindi agli Stati membri di dettagliare in base al principio di sussidiarietà l'applicazione della stessa.

Quali sono gli impatti economici della Direttiva?
Ci sono diversi studi a riguardo tra cui quello della Ellen MacArthur foundation, l' Impact Assessment della Commissione e uno studio del Parlamento. Sono studi molti simili che danno range diversi. Se dovessi fare una media dei risultati, direi che intanto sono previsti fino a 500 mila posti di lavoro in più, chiaramente in settori specializzati perché investire nell'economia circolare vuol dire avere innovazione, nuove tecnologie e parlare di new economy. Sulla crescita economica, ci sono dati che addirittura parlano di un 7% in più sul Pil da qui al 2035, molto ambiziosamente. Vi è poi anche il conto sulle emissioni di Co2, in quanto qui vi è da tenere assieme ambiente e sviluppo economico. Si può misurare l'impatto ambientale in base alla pressione sul consumo di materie prime, ma anche alla riduzione di Co2.

Adesso tocca a imprese e società civile recepire e attuare il pacchetto.

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