Mazzanti: Caporalato da combattere sempre. Ma non così

Massimo Mazzanti avvocato – esperto di diritto del lavoro in agricoltura
Il nuovo testo dell’art. 603 bis del codice penale prevede una nuova disciplina per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Articolo tratto da Terra e Vita n. 38 - 2016
Massimo Mazzanti avvocato – esperto di diritto del lavoro in agricoltura
Massimo Mazzanti
avvocato – esperto di diritto del lavoro in agricoltura

di Massimo Mozzanti - Avvocato esperto di diritto del lavoro in agricoltura
articolo tratto da Terra e Vita n. 38 - 2016

Il disegno di legge approvato, il primo agosto scorso, dal Senato in materia di caporalato, contrasto al lavoro nero e sfruttamento del lavoro in agricoltura, segna un preoccupante crocevia per il mondo rurale italiano che soccombe sotto i colpi della martellante propaganda sindacale. Perdenti gli imprenditori agricoli, criminalizzati e penalizzati oltre misura! Nessuno può vedere con favore le patologie del sistema, le baraccopoli, il lavoro nero. Né può assistere imbelle allo sfruttamento del lavoratore; la nostra civiltà giuridica e la sensibilità sociale impediscono tolleranze e connivenze.

 Un conto è, però, la lotta alle fenomenologie deteriori, un conto è distruggere scientemente un sistema produttivo partendo da assunti erronei o forvianti o quantomeno discutibili. Il nuovo testo dell’art. 603 bis del codice penale prevede una nuova disciplina per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro:
“È punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno”.

Nulla quaestio per la punizione del caporale e per chi usa i caporali.  Più problematica la previsione  che punisce l’imprenditore mero utilizzatore; chiave di volta è il concetto di “sfruttamento”:
“Costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:
1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi… o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato,
2) la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie…”.
In buona sostanza, la sola, ancorché reiterata, inottemperanza ad alcuno degli obblighi di carattere contrattuale, vuoi in ordine alla corresponsione del salario (se difforme dal contratto collettivo di lavoro, ma ciò può dipendere da difficoltà interpretative, da controversie sull’inquadramento), all’organizzazione del lavoro (orario di lavoro, a una sconosciuta “aspettativa obbligatoria”, alle ferie – che per inciso per i lavoratori agricoli avventizi non sono contrattualmente previste) determinano la sussistenza della fattispecie penale.

L’imprenditore è cioè un delinquente se usa, indipendentemente dall’esistenza di un caporale, personale “non in regola”, secondo i parametri contrattuali collettivi; si passa dal civile al penale senza colpo ferire; dal Giudice del Lavoro al Giudice Penale. Il corollario della norma è costituito dalla  confisca obbligatoria: “In caso di condanna… è sempre obbligatoria… la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato. Ove essa non sia possibile è disposta la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto del reato”.
In pratica l’imprenditore agricolo “sfruttatore” che, ad esempio, non ha fatto godere ai dipendenti il riposo domenicale, ha esagerato con l’orario di lavoro, è spogliato dei propri beni, della terra, delle macchine agricole. Azzerato! La proprietà del fondo agricolo e di tutti i beni, anche strumentali, il patrimonio personale, come per i reati di mafia,  passano allo Stato. Come dimenticare poi che per il reato è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; il nostro agricoltore sarà, quindi, tradotto in carcere, in buona compagnia di assassini, rapinatori, terroristi e via dicendo.

Francamente una norma da rivedere. La parola alla Camera dei deputati.

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