Mdd distorsive della concorrenza? Parliamone con la gdo

La recente affermazione di Francesco Mutti, presidente di Centromarca, che le mdd siano un elemento distorsivo della concorrenza ha fatto alzare le barriere di diversi retailer, riportando, una volta di più (nel caso se ne sentisse il bisogno), il tema dei rapporti tra industria e distribuzione al centro di un dibattito aspro, che pensavamo fosse stato superato. I toni, infatti, in questi ultimi 6 mesi, sembravano essersi ammorbiditi, nella ricerca di una soluzione comune, che mettesse al centro il potere di acquisto dei consumatori, tenendo conto dell’innalzamento dei costi, sostenuti da tutti gli operatori.

L’argomento invece si sposta sulle mdd che certo stanno crescendo, arrivando a una quota media vicina al 21% (con alcuni retailer che registrano quote superiori al 30% con l’obiettivo di arrivare al 50%), un’incidenza interessante ma ancora ben lontana da quelle detenute da retailer nel Regno Unito, in Francia, in Germania e Spagna. Ci sono vie d’uscita? Ne abbiamo parlato con Giorgio Santambrogio, Ad di VéGé e vicepresidente di Federdistribuzione, da sempre uno degli esponenti della gdo che più si è esposto nella ricerca di un tavolo comune.

“Le mdd non sono certo una disfunzione della concorrenza, sono anzi la nostra ancora di salvataggio per mantenere marginalità e cash flow, oltre che la nostra offerta esclusiva per garantire ai consumatori un’alternativa di qualità a prezzi accessibili per tutti. Al di là delle definizioni intorno alla marca del distributore, credo che il tema da affrontare sia un altro: la mia sensazione è che dopo la pandemia, gdo e industria di marca non stiano più di tanto lavorando sulla creazione di valore, mentre prima lavoravamo, insieme, su progetti vantaggiosi per entrambi, a livello sia di scaffale sia di co marketing. Da qualche tempo, invece, si sono acuite le tensioni legate sia al decreto 198 (ndr: quello che ha sostituito l’articolo 62 in tema di pratiche sleali sui tempi di pagamenti) sia agli aumenti dei listini, spostando la negoziazione su dinamiche diverse, come le tempistiche di consegna, che possono, invece, essere risolte in fase di negoziazione”.

Vie d'uscita?

Molti elementi hanno cambiato il quadro di riferimento: la pandemia (con effetti diversi sulle imprese fornitrici, soprattutto su quelle che, lavorando con la ristorazione, si sono trovate in maggiore difficoltà), i problemi con i noli, gli aumenti dell’energia, la guerra, l’inflazione da costi, mai conosciuta in queste dimensioni.

"Molte di queste variabili hanno impattato anche la gdo in maniera importante, senza contare che siamo intervenuti sui prezzi al consumo, calmierandoli per non riversare sui consumatori tutti gli aumenti dei listini chiesti in maniera continuativa dall’industria di marca -precisa Santambrogio-. Non voglio tornare su argomenti che sono stati ripetuti molte volte in questi anni. Come gdo, avevamo proposto una via d’uscita in sede di GS1: realizzare uno studio congiunto affidato a terzi per capire i motivi degli aumenti dei prezzi tanto per i prodotti di marca quanto per le mdd. La risposta è stata un no secco, senza appello, così come risposta negativa è stata data alla moratoria sugli aumenti dei listini. Così non si va da nessuna parte”.

A proposito di moratoria

Alcuni operatori sostengono che moratoria potrebbe mettere in difficoltà alcune imprese, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni.

“La moratoria che tutta la gdo ha chiesto insieme in un documento condiviso, non aveva e non ha l’obiettivo di bloccare qualsiasi aumento di listino -chiarisce Santambrogio-. Vuole essere un tavolo per capire e rallentare tali aumenti. Operativamente fino a oggi abbiamo infatti continuato ad accettarne la maggior parte, soprattutto quelli delle piccole e medie imprese, che abbiamo tutto l’interesse di salvaguardare, essendo partner importanti sia per le nostre mdd sia per differenziare gli assortimenti delle nostre insegne. Chiediamo di collegare gli aumenti dei listini all’accettazione dei contratti …”

Il ruolo del Governo

In questo braccio di ferro, forse ci vuole un terzo superpartes che metta tutti intorno a un tavolo. Come chiede Centromarca, il Governo potrebbe essere una soluzione?

"Onestamente non vedo che ruolo possa giocare il Governo nelle fasi di contrattazione: non vedo le ragioni per cui possa occuparsi di conti economici, dove ognuno è libero di fare quello che vuole. Gli interventi sulle pratiche sleali e i tempi di pagamento sono già stati fatti. Al Governo, semmai, chiediamo di aiutarci a inserire la gdo tra i codici Ateco energivori, piuttosto che a ripensare il cuneo fiscale", conclude Santambrogio.

 

Insomma, la partita rimane aperta: le posizioni rimangono, almeno a parole, distanti e con reciproche severe affermazioni, che non lascerebbero intravedere grandi spazi di manovra.

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