Migliorare la capacità di risposta al cliente, “non solo quello finale”

PREVISIONI 2010 – Cresce la fiducia, ma non cambiano in meglio i comportamenti effettivi di imprese e consumatori. Il punto di vista degli analisti di Kpmg. (Da MARK UP 184)

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1.
“Non facciamo nulla perché non abbiamo denaro; ma è precisamente per il fatto che non facciamo
nulla che non
abbiamo denaro”
(John M. Keynes)

2.
Per la prima volta anche nel retail si soffre una riduzione del capitale circolante

Appare ancora vivissimo il dilemma tra l'immobilismo in attesa di tempi migliori e, invece, un vivace dinamismo in grado di utilizzare il periodo di crisi per un rinnovamento capace di garantire un rilancio che sappia sfruttare il vento della ripresa. Vento di cui oggi sembra già soffiare una leggera brezza: l'indice Economic Sentiment, che esprime sinteticamente la fiducia economica dei consumatori e delle imprese europee, mostra un miglioramento del clima in Europa. Dopo il picco negativo del marzo di quest'anno, momento in cui il livello ha raggiunto il valore minimo degli ultimi vent'anni, la fiducia di imprese e consumatori europei ha iniziato a crescere, tornando ai livelli della scorsa estate. Nel corso dell'ultimo anno (da settembre 2008), il clima in Italia si è sempre attestato al di sopra della media europea, mantenendo un trend in crescita da marzo 2009 (confermato da indice Isae, fonte Confcommercio) e sottolineando come sia le imprese sia i consumatori italiani sono fiduciosi per il futuro (indice globale delle sensazioni del consumatore e delle aziende in crescita da marzo 2009 a giugno 2009, fonte Gfk-Eurisko). Occorre, però, osservare come questo clima non si rifletta sui comportamenti effettivi di imprese e consumatori. I dati Istat sui consumi non sembrano essere molto confortanti: mediamente nel secondo trimestre 2009 le vendite al dettaglio hanno segnato un calo dello 0,4% rispetto al trimestre precedente.

La Gda sta navigando a vista. Le industrie mostrano cali diffusi dei fatturati sul mercato interno, con un peggioramento nel secondo trimestre 2009. Gli indici destagionalizzati del fatturato mostrano, però, differenze tra beni di consumo: quelli durevoli mostrano un'inversione di tendenza a luglio (+2,1%) rispetto ai trimestri precedenti, mentre i non durevoli confermano anche a luglio (-0,4%) il trend negativo dell'ultimo anno.

Gli scenari possibili

In questo clima di incertezza circa l'effettivo inizio della ripresa economica da tutti auspicata, le aziende tendono a focalizzarsi su una strategia di cost cutting. Essa mira a una riduzione dei costi nel breve periodo e ha per il momento generato una riduzione dei posti di lavoro accompagnata dal fallimento delle imprese più deboli e meno profittevoli. Il vantaggio competitivo che può nascere dalla riduzione delle spese e il conseguente incremento dei profitti deve essere utilizzato, però, per finanziare l'innovazione. Tale sembra essere la filosofia anglosassone che all'attesa della luce della ripresa contrappone il dinamismo e l'inventiva necessari per progettare nuovi interruttori in grado di accendere la luce in fondo al tunnel. “Una generazione completamente nuova di consumatori emergerà da questo periodo e per questo chiunque tratterrà il respiro in attesa che le cose tornino come prima è pazzo”, così si esprimeva sulla stampa inglese Andy Bond (Ceo di Asda) lo scorso dicembre. E l'industria britannica quali azioni ha intrapreso nel 2009 per combattere la crisi? Le aree di intervento possono essere molteplici: miglioramento della gestione commerciale, ottimizzazione dei processi operativi e ottimizzazione della gestione finanziaria. Innanzitutto sfruttare in modo più efficiente gli strumenti che si hanno a disposizione: a livello commerciale razionalizzazione degli assortimenti e focalizzazione sugli investimenti promozionali così da eliminare quelli che non permettono di generare valore né per le imprese né per il cliente. A livello operativo è possibile ottenere performance più efficienti della supply chain agendo sulla riduzione delle rotture di stock, dello shrinkage e sulla ottimizzazione della gestione degli stock, sia a magazzino sia a scaffale. Sul versante finanziario è necessario operare una ottimizzazione del working capital per liberare liquidità per poter sostenere gli investimenti in grado di favorire la ripresa.

Numerose sono le cause, comunque, che ostacolano il raggiungimento dei potenziali risparmi: tra queste una mancanza di trasparenza di informazioni nel business, linee di responsabilità non chiare e una tendenza a incrementare i costi piuttosto che a ridurli. A questi si aggiungono l'assenza di programmi integrati nell'organizzazione, di chiarezza nel processo decisionale e l'impossibilità di tracciare in tempo reale i benefici conseguiti.

La razionalizzazione necessaria

Ma quali sono i driver che possono garantire opportunità di incremento dell'efficienza delle leve commerciali? Negli ultimi anni due fenomeni sono stati particolarmente evidenti: il basso tasso di sopravvivenza delle referenze innovative (inferiore al 90%) e il rallentamento del tasso di uscita dei vecchi prodotti dal mercato. Ciò mostra una riduzione del contributo dell'innovazione al giro d'affari, fenomeno che tende ad acuirsi nei periodi di crisi nonché a determinare l'affollamento degli scaffali. Le strategie più virtuose per superare queste difficoltà si basano su un rigoroso controllo della proliferazione dei brand e dei prodotti gestiti, focalizzandosi su quelli più rispondenti alle esigenze dei clienti chiave e pertanto più alto marginanti. Accanto alla ristrutturazione degli assortimenti, sarebbe auspicabile una razionalizzazione delle promozioni che porti a una focalizzazione sulle iniziative più forti e in grado di generare realmente valore per il cliente e per la catena.

Per poter garantire un processo di razionalizzazione delle iniziative promozionali occorre introdurre sistemi di valutazione delle performance promozionali. Le analisi consentono di evidenziare le aree di eventuale inefficienza: a fronte di un'elevata intensità promozionale, appena il 35% delle promozioni genera un effettivo incremento delle vendite e del margine aziendale, mentre il 55% delle promozioni, pur essendo efficace in termini di volumi venduti, risulta essere economicamente inefficiente; c'è poi un 7% delle iniziative che, addirittura, ha un effetto negativo su entrambi gli assi. Sostanzialmente queste iniziative distruggono valore, in quanto trasformano volumi che si sarebbero potuti vendere a prezzo pieno in volumi promozionali, aggiungendo costi di processo e diseducando il consumatore. Razionalizzazione dell'offerta, revisione delle strategie promozionali e ridefinizione delle scale prezzo, dunque.

Guardare allo scaffale

A livello operativo può essere incrementata l'efficienza nella gestione instore degli scaffali? Si possono ridurre le rotture di stock? Può essere ridotto il livello di shrinkage? Certamente sì. Un approccio di filiera e di collaborazione tra industria e distribuzione permette un incremento della competitività per tutti gli attori coinvolti al fine di soddisfare al meglio le esigenze del cliente finale. L'analisi dell'indice Osa (On Shelf Availability) mostra che gli stock-out a scaffale si attestano intorno all'8%, con picchi del 16% nei periodi promozionali, un dato che nonostante il processo di modernizzazione subíto dalla rete distributiva negli ultimi 10 anni tende a essere abbastanza stabile. Vendite perse che si materializzano in insoddisfazione dei clienti e perdita di fatturato, variabili sulle quali, in un periodo di difficoltà, industria e distribuzione non possono permettersi di fallire. Occorre focalizzare anche l'attenzione sullo shrinkage, che può raggiungere un peso superiore al 3% del fatturato rappresentando una elevata perdita di profitti. Da un'indagine Kpmg emerge che, mentre i retailers concentrano la loro attenzione su attività volte a ridurre i furti, circa metà delle perdite associate allo shrinkage sono in realtà dovute a errori nelle modalità di gestione degli inventari fisici.

Problema liquidità

Da un'indagine Kpmg a livello mondiale emerge che oltre l'80% delle imprese ha sofferto una riduzione del proprio capitale circolante netto nel corso dell'ultimo anno. Il problema della liquidità si affaccia per la prima volta anche nel mondo retail: un business tradizionalmente caratterizzato da elevati livelli di disponibilità di cassa, ma al quale la crisi impone una revisione del proprio assetto finanziario per poter generare liquidità capace di finanziare nuovi investimenti. Numerosi sono gli ambiti di lavoro: ottimizzazione di stock e obsolescenze, razionalizzazione dei termini di pagamento, definizione di un modello di controllo e assegnazione di obiettivi ad hoc alle risorse aziendali che possono influenzare tali indicatori. Accanto ai risultati di breve periodo, tramite una gestione strutturata e strategica della liquidità, è possibile ottenere risultati stabili di miglioramento nel medio-lungo termine così da liberare liquidità per poter affrontare in modo competitivo la sfida della crescita e della ripresa e soddisfare al meglio le esigenze dei consumatori.

Efficienza come driver per supportare l'innovazione

Come è possibile vincere su entrambi i fronti: razionalizzazione delle risorse e necessità di cogliere e soddisfare le nuove esigenze dei consumatori? Senza ombra di dubbio l'innovazione è l'unica strada in grado di garantire sviluppo e crescita attraverso soddisfazione dei consumatori e redditività nel presente e nel futuro. Il driver più importante è senz'altro il consumatore, ma anche l'attivazione di processi di collaborazione efficaci con i partner industriali.

Personalizzazione dell'offerta, ridefinizione della strategia promozionale con l'utilizzo di avanzati modelli di Crm, creazione di shop-in-shop innovativi, segmentazione sempre più spinta degli store brands verso le fasce premium e qualificanti dell'offerta, sviluppo di nuovi format, creazione di nuovi canali di vendita online, coinvolgimento polisensoriale: sono tutte iniziative che hanno l'obiettivo di rispondere in modo innovativo a continui cambiamenti delle esigenze dei consumatori.
Molto evoluti e non più alla ricerca del soddisfacimento dei bisogni primari o del prodotto come unica motivazione all'acquisto: oggi vogliono vivere nuove esperienze in grado di soddisfare i propri sensi, desideri, etica e valori. Occorre dunque saper innovare i format di vendita esistenti, creando inedite soluzioni che non si specializzino più solo sui prodotti ma che si focalizzino principalmente sui clienti. Ne sono un esempio il nuovo format Kbane di Leroy Merlin sviluppato in Francia per la casa eco-sostenibile e i nuovi eco-format di Tesco nel Regno Unito e Sma in Italia. Differenziazione dell'offerta e polarizzazione sulle esigenze di specifici cluster di clienti: solo così i retailer possono rinnovarsi e dare nuovo smalto alle strategie di vendita.

*Kpmg

Il category è tuttora fondamentale

Per raggiungere questi ambiziosi obiettivi è inevitabile ricorrere alla collaborazione tra industria e distribuzione, sfruttando forme di collaborazione già note, ma il cui potenziale rimane tuttora largamente inespresso. Attraverso collaborazioni che portino alla gestione della propria offerta in logica di category management è possibile differenziarsi dai concorrenti creando valore per il cliente proponendo nuove soluzioni assortimentali, sviluppando promozioni mirate in grado di soddisfare le esigenze dei consumatori core dell'insegna, ampliando la propria offerta di servizi, creando modi di comunicare che siano in grado di vendere emozioni, idee e valori al consumatore.

Allegati

184-MKUP-Kpmg
di Antonella Altavilla - Andrea Zocchetti* / dicembre 2009

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