Nei big data la chiave del business

I sette anni di crisi hanno spinto i consumatori a diventare “smart”, usare le tecnologie, condividere le esperienze diventando sempre più infedele a bard e insegne. La vision di Iri per competere

Secondo gli analisti il dado è ormai tratto, non si torna più indietro. Anche se la crescita riprenderà vigorosa e i redditi aumenteranno (più un auspicio ben augurante che una reale prospettiva), il consumatore rimarrà molto attento alle proprie scelte, passando senza nessun ritrosia da un retailer all’altro in funzione della migliore occasione. E questo non solo nel largo consumo ma in tutti i settori. I nuovi paradigmi competitivi sono quindi cambiati perché devono confrontarsi non solo con i competitor ma con un consumatore diverso, iperconnesso, infedele e opportunista. Secondo uno studio Iri, i retailer non possono più operare sui diversi mercati con metodi tradizionali ma devono maggiormente sfruttare le potenzialità dei big data.

Un primo elemento da tenere in considerazione è che le tendenze in atto (in rapido mutamento e cambiamento) influenzano in continuazione tutta la filiera del Fmcg. Tendenze legate agli aspetti sociali, economici e culturali che comprendono anche la crescita di consapevolezza dei consumatori sulle catene di fornitura, su aspetti etici, sostenibili e altro. Le ricerche più recenti mettono in luce che l’innovazione è sempre più difficile nella sua traduzione in prodotti di largo consumo e molti nuovi prodotti immessi a scaffale sopravvivono meno di un anno. Gli analisti di Iri individuano tre pilastri per la crescita dei retailier e dell’industria: 1) il consumatore deve essere conservato e premiato, 2) invogliato correttamente nella crescita della spesa e 3) richiamato da nuove proposte. Il punto di snodo di strategie basate si queste direttive è nell’utilizzo dei dati che, se correttamente raccolti ed elaborati, permettono di comprendere i comportamenti dei consumatori.

Il modello data driven è implementabile in ogni impresa del retail e dell’industria ma con una preventiva analisi di come i dati sono generalmente gestiti e raccolti al fine di adeguarne i modelli. Una classificazione standard utilizzata anche dai ricercatori Iri suddivide le imprese tra due modelli operativi primari: a silos o trasversale collaborativo. Il più diffuso è quello a silos, verticale per area che consente di precisare molto bene i processi e di efficientarli ma strutturalmente non prevede che il consumatore sia centrale per l’attività aziendale. Affinché nel Fmcg la customer experience sia qualificante, per Iri diventa necessario adottare il modello collaborativo, esteso anche verso l’industria. La trasformazione da modello a silos a modello collaborativo solitamente impatta contro tre barriere presenti in azienda che ostano la trasformazione.

1) Possesso dei dati - L’industria del retail dispone di molti dati circa i consumatori, raccolti e gestiti con importanti investimenti. A fronte del costo e della valenza strategica, i retailer potrebbero non essere disposti a condividerli con gli attori di filiera.

2) Volume dei dati - Il retailer di Fmcg è un hub dove convogliano molteplici flussi in ingresso e in uscita. Tradotto in dati, si traduce in miliardi di righe di database che per impattare sulle decisioni in real time, devono essere elaborati.

3) Visione differente del consumatore - Retailer e industria vedono in consumatore da angolature diverse e non sempre concordi.

Secondo Iri, la mission deve essere quella di trovare un denominatore comune per raggiungere un livello di collaborazione complessivo utile a soddisfare le aspettative del consumatore attuale. Ma tutto ciò è perseguibile solo con piattaforme in grado di caricare e sincronizzare ogni singola riga di informazione, permettendo qualsiasi tipo di aggregazione modificabile in ogni momento.

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