No a cartomanti e meno aggettivi per il retail

Gli opinionisti di Mark Up (da Mark Up n. 275)

A fine anno, si moltiplicano le previsioni sul futuro del retail, spuntano guru e opinionisti rimasti in letargo per mesi, ma pronti a snocciolare i 10 fondamentali trend nel nuovo anno e così via ... Insomma sembra di trovarsi al luna park di fronte a quelle macchinette che, con pochi cent, promettono di svelarti il futuro. Mi asterrò pertanto dal vestire i panni della cartomante per mantenere quelli più consoni -almeno così voglio immaginare- del marketer che da vent’anni vive e lavora nel e per il retail. Mi auguro quindi che il 2019 sia l’anno dei sostantivi e non -ancora una volta- quello degli aggettivi (spesso effimeri come un hashtag) e che il nuovo anno sia innanzi tutto quello dei clienti. Punto. Non multicanale o, come si suole dire ora, omnichannel; semplicemente ... clienti. Negli anni abbiamo registrato un proliferare di aggettivi per spiegare il nuovo comportamento d’acquisto, le nuove modalità di relazione -sempre più peer to peer- verso brand e retailer e la sempre maggiore complessità di una journey, in cui lo zero moment of truth risulta spesso inafferrabile come una moderna Primula Rossa. Mi auguro anche che sia l’anno dei clienti senza aggettivazioni generazionali. Basta parlare solo dei millennial come se si trattasse della nuova terra dell’eden, senza considerare che un Paese come il nostro vedrà una sempre maggiore polarizzazione della popolazione verso le fasce d’età più mature, cui sembra interessarsi solo l’Istat e qualche analisi sociologica ... Ancora, confido che l’eCommerce diventi semplicemente ... commerce. L’ansiogena attenzione verso Amazon e il connesso provinciale stupore col quale se ne se seguono le scelte, dimostrano che il retail tradizionale (altro aggettivo da eliminare!) non ha ancora capito che Bezos ha successo perché ha del commercio due elementi fondamentali: la visione e la capacità di innovare (cioè rischiare). Il retail deve poi riscoprire l’intelligenza, ovvero, la capacità di attribuire significati ad avvenimenti a partire da quell’esperienza quotidiana che ha con migliaia di clienti (in un negozio, su un sito web, su una pagina social, tramite un call center o un chatbot ...). Ho volutamente parlato di intelligenza tralasciando uno degli aggettivi più gettonati del momento: quell’artificial di cui molto si parla, ma che ben pochi hanno saputo oggi declinare in modo efficace a favore del cliente. Perché l’Ai possa divenire strumento efficace, è infatti prima necessario capire chi sia il cliente e quali siano gli elementi che possono dare valore alla nostra relazione con lui. Ma purtroppo questo fondamentale passaggio preliminare è spesso colpevolmente tralasciato. Infine, mi auguro che il 2019 sia l’anno dei data, anche non necessariamente ... big! La grande mole di dati prodotti dai sempre più numerosi touchpoint tra retail e cliente ha costretto le aziende retail a grandi investimenti It, ma non ha comportato un correlato incremento negli investimenti in competenze e, peggio ancora, non è stata risolta la frattura tra It e marketing, il vero freno organizzativo alla creazione di una cultura del dato all’interno delle aziende, con la conseguenza che spesso i big data restano semplicemente too big to ... become information. Voglio finire con un termine utilizzato soprattutto nella sua english version e abbinato agli aggettivi più vari (personale, memorabile, multicanale, ecc.): parlo dell’esperienza che, anziché essere vista come un mosaico di tanti anche minuscoli tasselli, è spesso raccontata come entità filosofica, senza capire che per poterla rendere leva strategica è necessario tradurla in organizzazione, competenze e metriche. Per quanto ho detto nella prima riga non ho alcun elemento per dire se il 2019 sarà così come l’ho voluto augurare. Ma ho una certezza: quello sarà il mio 2019. Buon retail a tutti!

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