Non abbiate paura degli innovatori

L'editoriale della direttrice Cristina Lazzati (da Mark Up n. 262)

Un tema come l’innovazione non si articola in poche righe, il rischio è di dire citando
Guccini, “cose vecchie con il vestito nuovo”, ma questa non può essere una scusa per smettere di parlarne (certo, un po’ d’azione non farebbe male). Oltretutto, l’innovazione ha per definizione la capacità di evolvere in continuazione ... Altrimenti che innovazione sarebbe? Inoltre, in un’arena competitiva come quella del retail e del largo consumo, oggi è l’unica strada percorribile. Perché? Perché innovazione fa rima con differenziazione e anche di quest’ultima si sente, a dire il vero, un certo bisogno. Dovrebbe esser dunque lapalissiano che le aziende facciano mille sforzi per preservare lo spirito dell’innovatore, cioè di colui che all’interno della squadra, può apportare il cambiamento. Ma come individuarlo fra i tanti? Beh, possiamo dare qualche dritta, intanto. Ha la caratteristica di essere completamente indifferente a ciò che fanno i competitor, non gli interessa punto. La sua strada è sempre un’altra, la disegna incrociando il proprio intuito (eh, sì ... quello serve sempre) con l’immaginario collettivo. E quando raggiunge lo scopo appaga bisogni e desideri prima di allora sottaciuti. Non è facile individuarlo perché spesso non occupa posizioni di vertice. Non veste i panni del manager di successo, e magari è una donna, non ha mai l’età giusta e frequentemente non è nemmeno simpatico. Dice sempre quello che pensa, entusiasta di un’idea, non guarda in faccia a nessuno e se questo può essere un problema (per alcuni), allora entra in gioco la burocrazia che lo immerge nella melassa delle procedure, lo devasta di email, ma soprattutto di tempi morti. Le “non risposte”, sono oggi lo strumento più utilizzato dall’establishment per difendersi dal cambiamento. A poco a poco ci stiamo rendendo conto che in questa difficoltà di riconoscere l’innovatore sta il vero problema e sebbene, mai come in questo momento, le aziende mature sembrerebbero essere alla ricerca di innovatori. Ma qualcosa si muove, le aziende, che oggi hanno successo, possono raccontare un’altra storia, è sufficiente entrare nei loro uffici per capire, sono le stesse aziende che hanno saputo destrutturare l’orario di lavoro, che hanno dato fiducia ai dipendenti, ricevendo in cambio più produttività. Quelle che hanno aperto le porte alla creatività facendo collaborare numeri e idee, in un sorprendente paso doble. Per noi italiani non dovrebbe essere difficile; il nostro Paese ha dato i natali a moltissimi innovatori di successo, la nostra imprenditoria è nata da quello, dalle start-up. La fase matura di molte aziende soffre perché non ha saputo rendere processo quel pensiero innovativo, primigenio, preferendo guardarlo invecchiare ... senza eredi.

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