Non solo destination: c’è tutto un mondo intorno

Gli opinionisti di Mark Up (da Mark Up n. 262)

Stando alla definizione adottata dal Cncc, per centro commerciale tradizionale s’intende “un complesso architettonicamente e funzionalmente omogeneo di attività commerciali, pianificato e realizzato da uno o più soggetti con criteri unitari, integrato con attività paracommerciali, di somministrazione alimenti e bevande e di servizi, dotato comunque di spazi o di servizi comuni e che si avvale permanentemente di una gestione unitaria
funzionale alla generazione di sinergie determinanti un valore aggiunto rispetto alle singole unità che lo compongono”; che deve altresì soddisfare una serie di requisiti. In termini dimensionali, si individuano diverse categorie di peso, basate sulla superficie lorda affittabile; vi sono poi differenti vocazioni tematico-tipologiche e ulteriori concept con caratteristiche distintive (segnatamente retail park e factory outlet), che arricchiscono la varietà tassonomica dell’insieme delle strutture organizzate. È ormai noto lippis et tonsoribus (non ce ne vogliano cisposi e barbieri) che tale prismatico universo è oggi alle prese con sfide epocali; dovendo far fronte alle caleidoscopiche esigenze di un nuovo consumatore dalla “soggettività nomadica, sfuggente, scaltra, pronta a giocare su più tavoli” (copyright Censis), in un contesto competitivo vieppiù pluridimensionale, che trascende la logica binaria dell’off/on. Come rilevato in precedenza, gran parte dello stock tricolore si colloca al di sotto della soglia dei 20.000 mq di Gla. Size matters, per certi versi: ma la partita dell’attrattività non si gioca soltanto sul piano della massa critica. Mentre i transatlantici echi della presunta morte del mall non accennano a spegnersi, amplificati dai glossatori di stereotipi (per dirla con Massimo Bucchi, a volte “dal tell al make c’è di mezzo il fake”), un recente report pubblicato da Savills in partnership con Ellandi sfata i miti della corriva narrazione che alimenta il politically correct in materia di investimenti (non c’è vita al di fuori del prime regional), offrendo solidi argomenti circa “The Rise of the Community Shopping Centre” in ambito britannico. In sintesi: ove il tenant mix sia allineato ai veri bisogni dell’utenza, le performance risultano (av)vincenti. Ricordava Paolo Poli che “la mente è come l’ombrello: per funzionare deve essere aperta”; la prevalenza dell’ovino (affetto da sindrome del gregge) ottunde sovente la percezione del reale. Ribadiamolo: ogni centro costituisce un unicum, da valorizzare sulla scorta del suo precipuo statuto ontologico.

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