Non solo estate, la birra vola sulla spinta di nuovi sapori

Da sempre ipersegmentato, il comparto intercetta oggi numerose dinamiche di crescita legate a inediti abbinamenti culinari, all’esplosione dell’artigianalità, ai localismi. Che fanno da traino collettivo (da Mark Up n. 266)

Vola il mercato della birra, trascinato da una torrida estate 2017 che ha impattato favorevolmente sui consumi e su un’offerta in continua evoluzione anche nelle grandi superfici, che sta mutando radicalmente la composizione dello scaffale e l’approccio del consumatore al prodotto, oggi più consapevole e “sperimentativo” rispetto alle tante novità presentate dalle aziende mainstream e dai piccoli birrifici artigianali/locali. L’onda lunga della nascita di tanti birrifici artigianali, infatti, ha modificato il modo con il quale gli italiani, soprattutto le nuove generazioni di consumatori, hanno iniziato a intendere la birra, non più come economico placa sete, bensì come prodotto frutto di una cultura e di una tradizione sfaccettata e ricca, almeno tanto quanto quella vinicola.

“La stagione 2017 è stata certamente buona -spiega Andrea Negro, direttore commerciale Carlsberg Italia- ma la categoria birra beneficia anche di una crescita strutturale, sia in gdo che sul canale Horeca. Un altro aspetto nuovo è che quest’anno, per la prima volta, la birra ha un andamento migliore anche della categoria acqua”.

Dai dati dell’annual report Assobirra, nel 2016 i consumi pro capite sono tornati ai 31,1 litri, agli stessi livelli del 2007 e ben oltre i 28,9 litri del 2011, anno nel quale gli effetti della crisi economica hanno impattato negativamente sulle vendite della bevanda con la schiuma. Ma se gli italiani hanno ripreso a bere birra, è interessante notare come sia il consumo casalingo a crescere: se nel 2007 il 45,5% dei consumi totali avveniva nel canale fuoricasa e il 54,5% tra le mura domestiche, nel 2011 all’apice della crisi il fuoricasa rappresentava il 41,8% contro il 58,2% dei consumi casalinghi, nel 2016 questo trend si è ulteriormente rafforzato, visto che oggi i nostri connazionali consumano in casa il 58,8% del totale. Merito di una maggiore maturità dei consumatori, ma anche di un’offerta che ha saputo evolvere negli spazi e nel numero di referenze, allargandosi a proposte di specialità finora confinate unicamente nel canale specializzato.

“L’incremento nel 2017 non si è concentrato solo nei mesi di alta stagione -spiega Davide Gibertini, sales director di Peroni- bensì nel corso di tutto l’anno mostrando quindi un sempre maggiore interesse attorno alla categoria. I segmenti premium e superpremium trainano l’ottima performance dell’anno, con birre rosse, weiss e le speciali in forte ascesa, così come l’aumento delle occasioni di consumo anche al di fuori dei pasti principali. Le birre artigianali hanno senza dubbio avvicinato molti nuovi consumatori al nostro mercato e, negli abituali, aumentato il desiderio di conoscenza e interesse di nuove e più ampie varietà. È fondamentale in tale contesto, per non disperdere questa grande opportunità, che in tutta la filiera vi siano competenze adeguate per soddisfare le richieste di questi nuovi consumatori”.

La crescita delle speciali è un fenomeno che dura da qualche anno e che sta assumendo una rilevanza crescente, di certo superiore alla media del mercato: secondo Iri a totale Italia anno terminante a ottobre 2017, iper + super + Lsp, le vendite di speciali sono cresciute del 16,1% a volume, raggiungendo quota 74,8 milioni di litri per un controvalore superiore ai 258 milioni di litri, +14,2% rispetto allo stesso periodo precedente. Tra queste sono le lager speciali, birre a bassa fermentazione, ossia realizzate attraverso ceppi batterici che prediligono basse temperature, e un tenore alcolico più elevato, a guidare la crescita, con progressioni nelle vendite a volume prossime al 20%, mentre anche le birre di abbazia, le ale (ottenute da fermentazione ad alta temperatura) e le Weiss (birre di frumento, tipico stile tedesco) stanno rapidamente crescendo nelle scelte degli italiani nel modern retail.

“Il mercato delle birre speciali in Italia negli ultimi anni ha vissuto un forte cambiamento, ancora in atto -sottolinea Tonino Figorilli, direzione vendite & marketing Figorilli/Corte Rappis-. I consumatori hanno aumentato il loro interesse per questi prodotti, spostando le loro abitudini di acquisto. Questo grazie ad una crescita della cultura birraria italiana: oggi i consumatori sono attenti a cosa bevono: qualità, storia, provenienza, sono tutti fattori chiave nella scelta di acquisto. Il fenomeno delle craft beer italiane ha contribuito ad attirare l’attenzione dei consumatori, in un momento storico nel quale (non solo a livello birrario), da un approccio globalizzato si sta ritornando alla valorizzazione del locale, dell’artigianale. Questi valori, uniti ad un sistema produttivo in grado di garantire qualità e costanza del prodotto e a un sistema distributivo capillare e performante, hanno consentito di trovare le condizioni per consolidare un nuovo segmento di mercato”.

Nel modern retail l’acquisto è di impulso ma il processo di crescita di cultura birraria porta ad una sempre maggiore pianificazione dei consumatori. “Vogliamo offrire ulteriore valore aggiunto per permettere ai consumatori di avere piena coscienza di quello che bevono: grazie alle attività instore possiamo raccontare i nostri prodotti, e quando possiamo sugli scaffali inseriamo materiali che raccontano il mondo delle birre speciali: dagli stili birrai alle peculiarità di ogni birrificio, e ogni birra”.

Tanto più che questi stili birrari non sono più di appannaggio esclusivo dei produttori esteri, bensì esistono versioni “nazionali” di questi stili che hanno un ottimo profilo qualitativo. “Certamente la novità proposta dai birrifici artigianali -prosegue Negro- ha alimentato l’interesse dei consumatori. Allo stesso tempo l’innovazione delle birre cosiddette industriali ha ampliato ulteriormente l’offerta ai consumatori finali, di fatto proponendo prodotti di alta qualità con un buon rapporto qualità-prezzo. I dati ci dicono che i consumatori sempre di più giudicano la qualità dei prodotti a prescindere dal fatto che siano industriali o artigianali. Questa dinamica ha permesso di allargare la fascia di consumatori a beneficio di tutto il sistema birra”.

Uno degli esempi più calzanti di questa new wave brassicola italiana è Birra Morena, prodotta in uno stabilimento sorto nei primi anni Ottanta in provincia di Potenza e oggetto di un rilancio produttivo/qualitativo/d’immagine da parte della famiglia Tarricone. La partecipazione a concorsi birrari internazionali e l’aggiudicazione di una serie di premi conferma come la birra di qualità non sia una prerogativa esclusiva del mondo anglosassone e della Mitteleuropa, bensì sia frutto di un percorso che può essere intrapreso anche nel nostro Mezzogiorno. “I quindici premi internazionali vinti -spiegano dall’azienda- gratificano la qualità delle nostre birre e ci aiutano nella loro diffusione in tutto il mondo. Infatti, grazie a questi ambiti riconoscimenti, riceviamo sempre più ordini delle birre medagliate in quanto sinonimo di qualità a livello internazionale. Si tratta indubbiamente di un altro importante riconoscimento per le nostre proposte e per il Made in Italy che rappresentiamo”. Oggi Birra Morena, punta ad aumentare la propria brand awareness e utilizza il web per raggiungere consumatori potenziali in tutt’Italia/mondo, anche attraverso un proprio eShop.

Afferisce, invece, a un immaginario più classico la comunicazione di Forst, storico produttore altoatesino in attività dal 1857 e da cinque generazioni di proprietà dalla stessa famiglia, che ha utilizzato boccali di birra “animati” che si muovono negli splendidi scenari montani per illustrare la varietà produttiva e le diverse caratteristiche delle singole birre/stili presenti nella sua offerta. Una segmentazione pensata per raggiungere target diversificati che chiedono di più alla birra e non la solita tripartizione storica alle nostre latitudini “bionda, rossa o scura”. Oggi Birra Forst ha una produzione annua di circa 770 mila ettolitri ed è anche l’ultimo grande brand, a gestione famigliare, rimasto indipendente in Italia.

Naturalmente, la parte più dinamica della categoria, ovvero il segmento delle specialità, nel retail ha più un ruolo di attrazione che di traffico. “Conseguentemente -prosegue Negro- le migliori scelte assortimentali sono quelle che bilanciano una buona ampiezza di prodotti, di stili e di marche e allo stesso tempo un display che renda più chiara l’offerta ai consumatori, anche tramite etichette informative, esattamente come avviene per il vino. Il pubblico femminile, in realtà, mostra una penetrazione e frequenza non diversa da quello maschile, differendo invece nell’atto medio di acquisto, per cui possiamo dire che il pubblico femminile non solo si è dimostrato un attore attivo nella crescita della categoria ma ha anche dimostrato una notevole sensibilità sull’accompagnamento birra-cibo. Quest’ultimo è un elemento fondamentale per l’innovazione, pensare e suggerire i possibili abbinamenti birra-cibo in modo da sfruttare le ampie combinazioni derivanti dall’enorme patrimonio gastronomico italiano”.

Certo, l’andamento complessivo del mercato bevande, che vede i segnali di un cambiamento strutturale con acqua e birra in crescita e in calo bevande gassate, piatte e succhi, certamente suggerisce la necessità di bilanciare l’offerta a scaffale tenendo conto di questo andamento. “Pensiamo a un’evoluzione -conclude Negro- secondo due direttrici. Un’offerta sui prodotti più legati al consumo quotidiano, per esempio sui formati 66 cl, che segua più una logica di traffic builder. E in parallelo un’offerta sulla specialità che abbia un ruolo di attrazione, quindi che sappia sintetizzare l’innovazione da parte dei produttori e la copertura delle unità di bisogno, da parte dei retailer. Vista la differente velocità con la quale si muovono i diversi segmenti, un ampliamento dello spazio dedicato alle birre speciali, aiuterebbe a coprire più bisogni dei consumatori. Questo indirizzo permetterebbe anche di ridurre la pressione promozionale, che sulle specialità è anche di meno 15 punti percentuali rispetto alla media della categoria birra”.

“Il retail -aggiunge Gibertini- è un canale che negli ultimi anni si è evoluto, per andare incontro a un consumatore che nel tempo ha cambiato le sue abitudini di consumo. È cresciuto, per esempio, il servizio di prossimità e ad orario continuato, con ampi assortimenti di alta qualità. Inoltre, da non sottovalutare, la forte crescita l’eCommerce. In questo contesto il mercato della birra può giocare un ruolo fondamentale nell’aiutare i distributori a esprimere la propria strategia commerciale offrendo differenti modalità di acquisto. Per aumentare il valore di tutta la filiera è fondamentale condividere e lavorare insieme ai retailer per sviluppare una visione di lungo termine sul potenziamento di una category che offra al consumatore prodotti e referenze aderenti alle loro preferenze di consumo. Interagire in maniera continuativa con le aziende - anche per la promozione dei prodotti - valorizzerebbe ulteriormente il valore del settore della birra che, secondo tutti gli indicatori, gode di ottima salute. Dagli ultimi incontri avuti con i nostri principali clienti abbiamo avuto conferma che la qualità dei prodotti e il lavoro della supply chain faranno sempre più la differenza per incentivare ulteriormente la crescita del mercato”.

In Heineken la sostenibilità rappresenta una priorità: diminuire ulteriormente le emissioni di CO2, ridurre il consumo idrico nella fase di produzione, occuparsi della sicurezza delle persone con cui avviene la lavorazione e avere un impatto positivo sulle comunità dove si è presenti, oltre a promuovere attivamente il consumo responsabile, sono le fondamenta su cui la multinazionale continua a costruire il suo percorso di crescita. Heineken, infatti, investe l’11,4% del budget advertising sul suo brand in campagne dedicate alla promozione del consumo responsabile, in particolare per promuovere uno stile di consumo virtuoso tra le giovani generazioni.

Anche Heineken Italia prosegue nella creazione di un modello di business virtuoso che dal 2010 caratterizza il gigante birrario internazionale e che ha portato la filiale del nostro paese dal 2010 a oggi a ridurre le emissioni di CO2 in produzione del 56%, alla diminuzione dell’impiego di acqua in produzione del 39,4%, al raggiungimento dell’eccellenza mondiale per quanto riguarda il fotovoltaico: nel 2017 il birrificio di Massafra (Ta) è il primo al mondo per pannelli solari installati ed energia fotovoltaica generata.

Tanto che Heineken Italia, con il brand Moretti, ha presentato una gamma di tre birre “fatte con il sole”, certificate da Certiquality, come conformi alle prescrizioni relative al Documento Tecnico 78 che certifica il fabbisogno energetico connesso alla realizzazione di un prodotto e sua compensazione con pari quantitativo di energia elettrica fotovoltaica. Sempre Birra Moretti ha presentato la linea “Le Regionali”, sei birre caratterizzate da un ingrediente tipico della regione cui rendono omaggio, per incentivare il consumo di birra e l’abbinamento con i piatti della cucina regionale.

 

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