Pane e pasticceria: la freschezza è il top driver

Questo il primo criterio d’acquisto a livello globale e ancor più per gli italiani, con tutte le nuove interpretazioni associate. L'indagine Puratos

A livello nazionale, soprattutto tra i più giovani, nutrizionisti e dietisti rilevano allarmati un progressivo allontanamento dai principi della sana dieta mediterranea (patrimonio immateriale Unesco) in favore di diete occidentalizzate o iper-proteiche. Eppure, per quanto riguarda il mondo “dei carboidrati” per eccellenza, ovvero quello dei prodotti panificati e della pasticceria, sembra che gli italiani mantengano intatto un certo gusto per la tradizione alimentare nei loro criteri di acquisto e di selezione della qualità.

Non è un caso che la freschezza risulti per i consumatori del Belpaese l’aspetto in assoluto più importante quando si tratta di comprare in questi comparti, con percentuali superiori alla media europea (che pure ne fa un valore prioritario). Ad offrire questa prospettiva è la ricerca Taste Tomorrow svolta sul tema da Puratos, che ha coinvolto un campione di 17.478 persone in 40 Paesi, di cui 7.200 in Europa.

Ma cosa significa freschezza per gli italiani?

L’interpretazione data del termine è innanzitutto legata all’aroma, seguito dalla “croccantezza” e dal tempo trascorso dal momento della cottura o dalla produzione. In tutti questi casi si tratta di elementi d’associazione che rivestono un peso maggiore per la nostra popolazione rispetto a quella europea. Sotto media, ma comunque rilevanti, l’importanza attribuita invece ad aspetto complessivo e colore, mentre per la data di scadenza c’è corrispondenza di valori. A conferma di ciò, la considerazione del surgelato come prodotto nettamente inferiore a livello di qualità, ma tuttavia superiore al confezionato, che risulta invece in coda e percepito come peggiorativo della stessa.

Gusto, italianità, origine

Passando al secondo driver di scelta per panetteria e pasticceria troviamo il gusto (top driver nella pasticceria per gli europei), che, anche in questo caso, vede i significati associati al termine ampliarsi ed evolvere nel tempo. Mentre da un lato, infatti, gli italiani si confermano sopra la media per netta preferenza verso i sapori tradizionali, vi è una buona metà degli intervistati (55%) che non disdegna la sperimentazione di gusti esotici e inusuali provenienti da altre parti del mondo. Anche la ricerca di texture diverse e innovative risulta essere diventata una componente rilevante nella scelta della referenza.

Centrali per i consumatori del nostro Paese anche i temi legati all’italianità e all’origine delle materie prime (in quest’ultimo caso molto più che per gli europei), ma anche tutto quel complesso di significati legati al macro-trend salute, con nuovi ingredienti e lavorazioni annesse. Da notare che in questo senso il fronte è duplice: da un lato, si associa questo valore a un “less is more”, ovvero alla rimozione di ingredienti non essenziali o peggio dannosi dai cibi, a supporto di quel popoloso filone di referenze “free from”. Non a caso le informazioni nutrizionali più ricercate in etichetta durante l’acquisto sono relative, in ordine, a: grassi, calorie e zucchero. Dal lato opposto, invece, ci si concentra sull’aggiunta o sulla predilezione per ingredienti che secondo i consumatori renderebbero quell’alimento più sano, quali la presenza di fibre, lievito madre e grani, ma anche di frutta nel caso della pasticceria.

Accelerazioni legate al Covid

Sempre più significativo, infine, l'orientamento verso una garanzia di sicurezza da un lato ed etica-sostenibilità dall’altro. Parliamo di valori tenuti in crescente considerazione dai consumatori europei ed italiani, con tendenze almeno in parte accelerate o modificate dal lockdown e dalle particolarità del contesto Covid, come nel caso dell’attenzione all’igiene.

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