Parmacotto chiede il concordato preventivo

Parmacotto ha chiesto al tribunale di Parma il concordato preventivo evidenziando così una situazione di difficoltà finanziaria che comunque era già nota: la strategia di sviluppo della famiglia Rosi, titolare del marchio, ha puntato sul mercato interno all’acquisizione di aziende locali di produzione e sul mercato estero con l’apertura di negozi di gastronomia e ristorazione a New York (nella foto) si è basata su un ricorso alla leva finanziaria che la contrazione dei consumi sul mercato italiano e conseguentemente dei margini ha reso insostenibile. Un’industria di marca come Parmacotto deve fare i conti sia con la diminuzione delle vendite nel settore affettati, dove non solo la pressione promozionale è in crescita ma sta aumentando sia la vendita di prodotti a marchio sia di unbranded.

L'esposizione

Attualmente l’holding cui Parmacotto fa capo, la Cofirm,  è per la quota maggioritaria in pegno a Unicredit e un altro 15,6% è di proprietà della merchant bank Simest. Il bilancio 2013 non è stato approvato. L’esercizio precedente evidenziava un’esposizione di 74 milioni verso banche e alti finanziatori, cui va aggiunto l’impegno a saldare l’acquisto del Salumificio Piacenti e riscattare per 11 milioni entro il 2016 la quota di Cofirm in mano a Simest. L’attività per ora continua anche se 28 dipendenti sono stati messi in cassa integrazione.

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