Pasta quale futuro? La categoria è in rapida in trasformazione

Mixed group of friends having fun while cooking a meal in a warm and welcoming kitchen. a couple takes care of the pots on the stove , while the sun comes in through the window
La ricerca accademica ha fatto il punto sulle innovazioni tecnologiche. Si punta a un prodotto funzionale, che abbassi l’indice glicemico, utilizzando mix di farine di legumi, con più proteine e fibre

Quale sarà il futuro della pasta? Si riversano sul comparto i trend emergenti: più proteine vegetali, più fibre, prodotti in grado di suscitare nuove esperienze gastronomiche, nuovi sapori, alimenti funzionali, positive nutrition. E la ricerca è al lavoro per dare soluzioni che rispondano o anticipino il mercato. Stando a quanto si è visto al recente Pastaria Festival si attendono stravolgimenti. “C’è una popolazione in crescita che dovrà necessariamente abbandonare o ridurre l’utilizzo di proteine animali e concentrarsi di più su quelle vegetali: ben vengano gli studi sull’ausilio di ingredienti vegetali. Dobbiamo essere contemporanei, prevedere il futuro ma senza spinte pionieristiche eccessive” ha rimarcato Riccardo Felicetti, vicepresidente di Unione Italiana Food.

La visione è ottimistica, i lockdown hanno aumentato i fruitori di un comfort food economico, facile da trasportare e cucinare. Alla quinta edizione, l’evento ha fatto il punto della ricerca accademica su questa categoria. “C’è un grande avvenire per la pasta, un prodotto del futuro che conquista il mondo -ha rimarcato Carl Zuanelli presidente di Npa e dell’International pasta organization (Ipo), “l’Onu della pasta”-. La gente cucina a casa come non aveva mai fatto prima e così negli Usa”. Dall’altro lato ci sono turbolenze, come l’aumento dei costi del grano duro, dovuti ai cambiamenti climatici. Fabio Fontaneto (presidente Appafre, Associazione produttori pasta fresca della piccola e media impresa) ha lamentato l’impoverimento delle competenze, e la difficoltà di sostituire i pastai con personale giovane. Ma è soprattutto il trinomio gusto-salute-ambiente, che spinge a una rivoluzione dell’offerta, dal contenuto al contenitore.

Attenzione ai biomateriali

Uno dei driver nel pack della pasta è la sostenibilità ambientale. E le ultime ricerche si stanno concentrando sui sistemi di confezionamento a basso impatto. La carta sta vivendo un nuovo rinascimento. Ma non è adatta all’uso alimentare se non avvengono trattamenti per determinare idro-oleorepellenza. In genere questo avviene con una spalmatura di uno strato di polietilene o laminazione con accoppiamento di un film di plastica al foglio. La ricerca è indirizzata a soluzioni di biopolimeri.

In fase di studio è il Phbv, prodotto da fermentazione di microorganismi, una bioplastica che può essere prodotta da scarti industriali agroalimentari.

“Riesce ad avere un’oleorepellenza migliore rispetto al polietilene e si sta ancora lavorando sul miglioramento all’impermeabilità all’acqua -ha ricordato Fabio Licciardello (Università di Modena e Reggio Emilia, Gsica)-. L’applicazione possibile è quella per i piatti pronti perché la repellenza all’olio potrebbe interessare, per esempio, una pasta con un sugo”.
Partendo da biomateriali si possono ottenere anche imballaggi attivi con funzione antiossidante e antimicrobica. Film o vaschette attive a base di Phbv, con aggiunta nella formulazione di acido gallico, un composto naturale presente in molti prodotti ortofrutticoli. L'elemento ha dimostrato la capacità di assorbire ossigeno e svolgere azione antiossidante, come ha raccontato Elena Torrieri (Università di Napoli Federico II, Gsica). “Gli imballaggi attivi possono aiutare il passaggio ai biopolimeri, perché funzionalizzano il materiale, dandogli ulteriori prestazioni utili a preservare l’alimento e prolungarne la shelf-life”.

Protagonisti: i pastifici guidano la R&S

Oggi si progetta con gli obiettivi di eco design. Già nella fase di progettazione è fondamentale tenere in considerazione gli scenari di fine vita: riciclo meccanico, chimico, organico e recupero energetico.

L'eco design

“Il 70% degli impatti ambientali dell’imballaggio è già deciso in fase di progettazione. Occorre dialogare con i consorzi delle filiere per l’idoneità del materiale. Sugli imballaggi plastici si va sempre più verso la monomaterialità con garanzie di barriera -ha rimarcato Francesca Mostardini (Università degli studi di Parma, Gsica)-. Si stanno sviluppando i biobased e la carta funzionalizzata sta sostituendo la plastica”.
Lo scopo è puntare principalmente al recupero della materia, per la circolarità. Un esempio arriva da Corepla che, all’interno di Conai, si occupa della gestione dei rifiuti degli imballaggi in plastica. Nel 2020 ne ha recuperati 1 milione 400 mila tonnellate dalla raccolta differenziata, valorizzando oltre 30 prodotti. Gli impianti di selezione, grazie a lettori Nir (Near infrared) che identificano anche colore e polimero, distinguono ciò che è da recupero energetico da ciò che è avviabile a riciclo.

C’è grande attenzione dell’Accademia ai legumi come materia prima. Basti dire che negli ultimi 12 anni gli studi internazionali su quella che un tempo era ritenuta la “carne dei poveri” sono raddoppiati.

La ricerca dei claim

Le previsioni fino al 2023 indicano un netto incremento nell’uso di farine di legumi, frazioni proteiche e fibra. Quali i driver? Forte domanda del settore gluten free e di alimenti con proteine vegetali, scelta di prodotti con basso impatto ambientale che fanno bene all’uomo e all’ambiente, economicità.
È la composizione nutrizionale il loro plus: non solo più proteine, ma anche fibra, di cui sono più ricche dal 50 al 70%, e riduzione di carboidrati. Un importante vantaggio è poi la frazione di amido resistente (quella che nutre il microbiota innescando processi antinfiammatori) su cui si sta concentrando l’attenzione della ricerca, ben più elevata rispetto ai cereali. Farine di ceci e lenticchie rosse sono quelle più utilizzate. Ma la risposta in cottura è differente in base al processo tecnologico utilizzato, che può determinare, per esempio, maggiore e minore consistenza (una delle qualità fondamentali richieste dal consumatore di pasta). In quest’ottica la farina pre-gelatinizzata è risultata quella che dà consistenze più elevate, come ha spiegato, in base a test realizzati, Maria Ambrogina Pagani, professore ordinario in pensione dell’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze per gli alimenti, la nutrizione e l'ambiente.

Il futuro è nella direzione di paste “ibride”, con la sostituzione parziale o totale della semola, non più al 100% di grano duro.

La forte attenzione alla nutrizione impegna la ricerca nella possibilità di ottenere, attraverso l’aggiunta di frazioni proteiche, paste funzionali che abbassino l’indice glicemico o innalzino il contenuto di fibre. E che possano, pertanto, vantare claim salutistici. Un esempio già adottato è l’orzo arricchito con betaglucani (dei polisaccaridi) che permette il claim “può favorire il contenimento del colesterolo”. L’aggiunta di farine di soia, pisello, spirulina, con una formulazione al 40% di questi ingredienti, può far utilizzare il claim “alto contenuto di proteine”, mantenendo valori eccellenti sulla cottura e sensoriale, come ha spiegato Emanuele Marconi, Università del Molise.

La ricerca è poi concentrata sul riutilizzo di scarti di lavorazione nell’ottica di economia circolare.

Economia circolare

“Riutilizzando le trebbie, un sottoprodotto della birra ricco di proteine e fibra, aggiunto (per un 10-20%) in sostituzione alla semola, conferisce maggiore contenuto anche in arabinoxilano, una frazione della fibra che dà valenza salutistica”. Un’altra linea di attività, un progetto partito con l’Università della Tuscia, è l’uso di farine di particolari grani. Sono frumenti con maggiore contenuto di amilosio rispetto ad amilopectina e questo dà maggiore quantità di amido resistente, quindi migliore risposta glicemica postprandiale, metabolismo dei grassi e aumento senso di sazietà. Anche qui si può usare il claim salutistico quando si ha almeno il 14% di questa tipologia di amido rispetto a quello totale.

Utilizzando la farina di ceci si può migliorare la pasta senza glutine a base di mais e riso, come ha dimostrato un caso di studio presentato da Elena Vittadini (Università di Camerino).

Il basso contenuto di fibre e proteine e l'alto indice glicemico di partenza viene modificato con la sostituzione di quantitativi crescenti di farina di ceci, da un minimo del 25%. L’aggiunta di farina di cece a quella di mais e riso migliora le caratteristiche nutrizionali, senza inficiarne qualità sensoriale e tecnologica. E permette di ottenere claim salutistici. Come fonte o alto contenuto di fibra/proteine; o aiuta a mantenere (o riduce) i livelli di zucchero nel sangue, in base alla differente frazione di amido resistente. “Tutti i prodotti hanno ricevuto alti valori di accettabilità sensoriale da un panel di consumatori”.
Esempi di ottenimento di paste funzionali arrivano da lavori di tesi di laurea e dottorato sulla pasta alimentare. Tra questi l’uso di pasta all’uovo fortificata con tannini (acido gallico) per contrastare l’ossidazione del colesterolo. E l’uso di pasta essiccata arricchita con incapsulati di estratti da polpe esauste di carota per aumentare il contenuto di caroteni. Prodotti di scarto diventano così di valore aggiunto per l’industria alimentare.

Novel food

Un maggiore ottimismo arriva anche dal possibile uso della farina di insetti: dal 2015 il regolamento Ue ha introdotto la categoria degli insetti edibili tra i novel food ma finora le risposte non sono state quelle sperate. Gli insetti hanno, infatti, una frazione proteica molto alta, mediamente del 50%, sono a basso impatto ambientale, ma presentano criticità su aspetti sensoriali. Nel 2021 è stata autorizzata la larva di Tenebrio molitor, la larva gialla della farina, anche come ingrediente alimentare. L’Efsa si è espressa positivamente ad agosto scorso sul consumo di grillo anche come ingrediente. Da test effettuati, come ha raccontato, Gabriella Pasini, Università di Padova, l’uso come estratti proteici (almeno il 20% per avere il claim ad alto contenuto di proteine) porta a un miglioramento dell’accettazione del consumatore che supera così l’impatto negativo del disgusto ed eventuali odori sgradevoli.

Creare frumenti innovativi che diano poi paste più salutistiche (basso indice glicemico, più fibre, la raccomandazione è 25-30 g al giorno) è l’obiettivo di lavoro dell’Università della Tuscia.

Il punto cruciale è il basso consumo di paste integrali, un limite spesso dovuto al colore e retrogusto. La ricerca è allora concentrata sul miglioramento genetico di alcuni grani per ottenere una maggiore percentuale di amido resistente, presente solo in tracce, che ha funzione prebiotica e diventa nutrimento per il microbiota. Il vantaggio è che l’amido è incolore, inodore e insapore. Ed è costituito da due polimeri, amilosio e amilopectina, costituiti da glucosio. Si è vista una correlazione tra quantità di amilosio nelle semole e quantità di amido resistente negli alimenti. Ma nei frumenti tradizionali domina l’amilopectina (tra il 70 e 75%) rispetto all’amilosio (tra il 25 e 30%). “Abbiamo realizzato frumenti duri con contenuti di amilosio anche oltre il 50% e contenuto di amido resistente che dallo 0,4% è salito a oltre il 6%. Stesso lavoro sul frumento tenero, fino ad arrivare a oltre il 75% di amilosio con amido resistente superiori al 7%” ha ricordato Francesco Sestili. Su queste innovazioni è stato fatto uno studio in collaborazione con Barilla per fette biscottate ad alto contenuto di amilosio. Oltre a migliorare la risposta glicemica e insulinica danno maggiore sazietà. Sui miglioramenti delle varietà del frumento si attende molto dal genome editing (ma serve il via libera dell’Ue che considera questa tecnica Ogm).

Pasta fresca, la fermentazione

Uno dei punti chiave della pasta fresca è come ottimizzarne la qualità e la shelf-life. Una possibilità arriva dalla fermentazione come ha spiegato Pasquale Catzeddu (Porto Conte Ricerche), un processo che migliora il prodotto dal punto di vista sensoriale e nutrizionale e allunga la conservabilità. Sostanzialmente si crea uno sfarinato fermentato da lieviti e batteri lattici, che viene miscelato con della semola. La fermentazione indebolisce la maglia glutinica (serve pertanto pasta con alto grado di glutine) e la consistenza è migliore con l’utilizzo dell’uovo. Aumenta poi il colore, gli indici di giallo. Dai panel migliora anche il giudizio sensoriale perché il prodotto fermentato smussa il sapore di fibra dell’integrale. Nei prodotti fermentati il carico glicemico è inferiore ed è maggiore la componente di amido resistente e cresce la shelf-life. “La fermentazione della semola o della semola integrale può creare dei problemi sulla consistenza e va fatta attenzione alla materia prima e processi utilizzati, ma migliora la qualità sensoriale del prodotto, soprattutto se è integrale, e le proprietà nutrizionali”.

L’atmosfera protettiva della pasta fresca è uno degli elementi che hanno consentito di allungare la shelf-life del prodotto, insieme alla pastorizzazione.

Introdotta negli anni Ottanta (si attribuisce a Giovanni Rana il primo utilizzo), determina circa un raddoppio della conservabilità del prodotto. Gli obiettivi dell’uso della miscela (azoto e Co2, in diversa concentrazione) sono molteplici: contro microorganismi patogeni (come salmonella), alteranti aerobi come muffe; batteri lattici, lieviti che vivono a basse concentrazioni di ossigeno o sono stimolati dalla presenza di Co2.
La non perfetta integrità del packaging, microforature e la non completa saldatura sono un problema che può avere ripercussioni sulla conservabilità. Gli studi, raccontati da Stefano Zardetto (Voltan) sono focalizzati sull’ottimizzazione dei parametri in Map (il residuo di ossigeno e la Co2 nello spazio di testa) che possono rallentare la crescita dei microorganismi aerobi e anaerobi e influenzare la shelf-life.

Muffe fungine, microrganismi lieviti possono svilupparsi nel packaging nonostante ci sia una Map e prodotto pastorizzato. Le ife fungine, per esempio, tendono a fluttuare nell’aria per diverso tempo. E contaminano diverse superfici.

Contro questo problema oggi c’è la sanificazione con ozono, tecnica utilizzata da Biofresh, azienda nata nel 2001 da uno spin-off commerciale dell’Università di Newcastle, che ha aperto divisioni anche in Italia (a Bologna). L’ozono è un gas che tende a espandersi nell’ambiente in cui viene erogato. Una molecola naturale che non lascia residui, ad azione contro batteri e funghi. Esempi di applicazione vanno dai comuni raffreddatori, i luoghi dopo la pastorizzazione, ambienti di lavorazione, impastamento, transito, confezionamento del prodotto. “L’innovazione oggi è la sensoristica che ci permette di gestire l’ozono. Possiamo monitorarlo, deciderne la concentrazione, determinare protocolli di trattamento e migliorare la shelf-life” ha affermato Luca Sivelli, titolare di Bakery And Pasta Consulting.BOX_Mainstream in sofferenza
Andando a vedere le performance nel 2021 rispetto al 2019 in termini di volumi (dati Nielsen), la pasta secca è in negativo (-4,2%), ma a valore fa un +2,6%: una differenza che si spiega in termini di proposte premium e innovative che riscuotono il consenso dei consumatori e che sono ad appannaggio anche di brand più piccoli. La pasta bianca mainstream è quella che cala maggiormente (-8,4%). Il comparto fortemente in salute è il gluten free, 100% legumi (+31,5%) o no legumi (+10,3%). L’integrale non incontra i gusti di tutta la famiglia (+0,6% a volume); in difficoltà i grani multicereali. Cresce la pasta fresca (+4,2%). Sui driver di scelta per la pasta di semola l’ottima tenuta di cottura, buon sapore e 100% da grano italiano raccolgono la maggioranza dei consensi.

Direttrici di sviluppo

Benessere, sostenibilità, servizio, territorio, gratificazione continuano a essere le quattro direttrici dell’agroalimentare. Nel 2021 sono ripresi i prezzi bassi, ma anche il paniere dei prodotti premium. E c’è una ripresa dei piatti pronti e contenuti di servizio. Il 91% degli italiani mangia pasta almeno 1 volta la settimana (il 41% per la pasta fresca) e mediamente la porta in tavola 4,5 volte la settimana. Ha più frequenza su bambini, adolescenti e sulle fasce più mature e viene mangiata soprattutto a pranzo (il 77% dei volumi). Fatto che stride, per esempio, analizzando l’effetto pizza. E che meriterebbe una comunicazione adeguata (i carboidrati favoriscono il sonno, in quanto facilitano l’assorbimento di triptofano, aminoacido precursore della melatonina).

Invecchiamento

Interessante lo sguardo prospettico, evidenziato da Sara Beretta (Nielsen). In un decennio i nuovi nati sono diminuiti di 170 mila unità, -30%. Traslato di dieci anni, significa spostare il baricentro della popolazione dagli attuali 46-56 anni a 56-70 anni, con bisogni diversi. “Saranno prevalentemente coppie mature senza figli in casa. La motivazione di benessere (meno zuccheri, free from) si accende più sulla fascia matura, al contrario della gratificazione, che guarda alle fasce giovani, più attenta a sostenibilità, servizio. La sfida del primo piatto sarà quella di cavalcare questo concetto che si sposterà sulla fascia del tempo. La fascia più anziana sarà portatrice di nuovi bisogni, non solo di risparmio ma anche premium sul benessere”.

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