Pedon, 30 anni dopo: “È l’ora dei manager”

La gestione familiare tipica di tanta impresa italiana deve voltare pagina. Alcune sfide richiedono l'intervento dei manager, come emerso dall'Open day in occasione del 30° anniversario dell'azienda vicentina

L'imprenditoria familiare come l'ha conosciuta il sistema Italia negli ultimi decenni è destinata a rivedere alcuni paradigmi di gestione. Il tema è stato affrontato nella tavola rotonda organizzata presso la sede di Gruppo Pedon, in occasione dell'Open Day di sabato 13 settembre a Molvena (Vi) per il trentennale dell'azienda vicentina. Remo Pedon, amministratore delegato, si riallaccia proprio alle origini per la sua valutazione gestionale: la famiglia è stata il pilastro sul quale molte fortune imprenditoriali sono state costruite. Intuizioni e scelte coraggiose che hanno portato molti marchi fino alla leadership nazionale (e a volte internazionale). “Oggi non basta più. Ora è indispensabile affidarsi a manager esterni alla famiglia capaci di portare costantemente innovazione in azienda. E che supportino l'ingresso delle nuove generazioni”.

Forse il secondo aspetto è anche più importante del primo, se si considerano i risultati dell'ultima indagine Nielsen che riportano una certa bulimia d'impresa verso l'innovazione. Troppa innovazione viene ritirata da scaffale. E attenzione: spesso non per mancanza di spessore reale, piuttosto perché vengono a mancare gli investimenti di supporto necessari nel secondo anno di commercializzazione.

Lavoro di gruppo

“Fare rete con altre imprese dello stesso settore e di adiacenza merceologica -continua Pedon- oppure di criticità complementari, è un altro elemento importante dell'imprenditoria attuale. Nella collaborazione si cresce e ci si rafforza. E si trovano le occasioni per chiedere quell'aiuto alle istituzioni, indispensabile per portare il Paese a uscire dall'attuale situazione di stallo”. Un ulteriore aspetto strategico che pare più alla portata di manager che di imprenditori di lungo corso, con tutto il peso di una storia sulle spalle.

Sono aziende con tali caratteristiche quelle più adatte a cogliere le variegate opportunità che il mercato presenta. “La gdo da sola non è più una certezza per l'industria alimentare. Punti di vendita specializzati e negozi premium -ricorda Ermanno Brivio, direttore area shopper di IRI- hanno registrato nei mesi della lunga crisi crescite a doppia cifra”. Si va dal 16,7% degli specializzati bio, al 34% degli store gluten free, all'11,8% degli specialisti in food integrale. Secondo Zefferino Francesco Monini, presidente di Monini Spa, “anche l'azienda deve specializzarsi in un unico settore per riuscire, poi, a trasmettere cultura alimentare specifica. Deve portare i valori del prodotto al consumatore, là dove li va a cercare”. Per ribadire il concetto: “La trasversalità a scaffale -afferma Monini- oggi non è più una strategia applicabile”. Almeno non per la Pmi alimentare.

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