Pedroni (Coop): Rilanciare i valori per essere un passo avanti a tutti

“Non siamo fermi: al contrario, stiamo lavorando intensamente per continuare a essere un riferimento, un passo avanti degli altri, percorrendo nuove strade destinate a diventare, nel tempo, un terreno di collaborazione più avanzato per tutti”. Così Marco Pedroni, presidente di Coop Italia e presidente di GS1 Italy, spiega le politiche che il primo retailer italiano sta mettendo in campo per attrezzarsi alle sfide che lo aspettano nel prossimo futuro. “In questo contesto, la parola d’ordine del nostro prossimo futuro è distintività, intesa in termini sia di politica commerciale sia di rilancio di temi da sempre parte integrante del nostro Dna, vale a dire salute, sicurezza, trasparenza, etica e ambiente, tematiche sulle quali siamo certi si giocherà la competitività di aziende e insegne. Noi vogliamo porre l’asticella ancora più in alto; dimostrando, una volta di più, che sappiamo fare prima e meglio di altri azioni concrete a vantaggio dei consumatori, dei cittadini, del sistema Paese”.

In termini concreti, cosa vuol dire?
Lavoriamo su temi molto attuali, come la qualità, la trasparenza, l’eticità di alcune filiere agricole particolarmente critiche, come quella del pomodoro e degli agrumi. Penso in particolare all’impatto del caporalato ancora oggi in agricoltura: Coop ha adottato nelle sue filiere protocolli di legalità stringenti, ma vogliamo coinvolgere l’intero sistema agricolo a tutela di imprese pulite e trasparenti, attente alla qualità del lavoro e a ridurre il degrado sociale circostante.

Parliamo di supermercati e dei suoi sviluppi: cosa succederà alla rete Coop dopo Expo?
Siamo molto soddisfatti del successo del Supermercato del Futuro in Expo e in queste settimane abbiamo cominciato a tradurre alcuni spunti e suggestioni del Sdf per definire i nostri modelli di vendita di domani. Due le direzioni che potranno caratterizzare il supermercato: il concetto di piazza e lo scambio informativo. Per piazza intendiamo non solo quella dei freschi, ma la possibilità di trasformare lo store in un luogo di incontro, in un ambiente più aperto, con banchi di dimensione ridotta che contengono un numero inferiore di prodotti. Il tema vero sarà conciliare un’offerta assortimentale adeguata ai nostri standard con la capacità di attivare un’adeguata supply chain a sostegno. Una sfida importante sulla quale stiamo lavorando. L’altra direzione è quella della comunicazione e dell’informazione, temi che presuppongono un impegno di trasparenza da parte di produttori e retailer per permettere al consumatore di fare scelte informate. Si tratta di cambiamenti radicali che richiedono tempo, test, studi e volontà concrete in questa direzione di trasparenza.

A proposito di trasparenza, quale è la posizione di Coop sulla presenza in etichetta del luogo di produzione?
Come Coop abbiamo scelto, da sempre, di indicare il luogo di produzione sulle etichette dei nostri prodotti, invitando anche le marche a farlo. Non vogliamo discriminare chi non lo fa, ma mettere i nostri consumatori nelle condizioni di scegliere consapevolmente. Per questo sarà importante condividere le informazioni, in modo che allo stesso prodotto corrisponda la stessa descrizione in tutte le catene: la trasparenza deve essere un pre-requisito competitivo. Lo dimostra il catalogo presentato al Supermercato del Futuro di Expo con le indicazioni su materie prime, allergeni, carbon footprint ecc, non solo dei prodotti a marchio Coop, ma anche degli item dei nostri 80 partner; in diversi, superando l’iniziale diffidenza, hanno capito il vantaggio di informare: abbiamo fatto insieme un passo importante in questa direzione. Un sistema trasparente dotato di piattaforme aperte di comunicazione farà fare un enorme passo in avanti a tutta la filiera agroalimentare, anche in termini di competitività verso l’estero.

Questo vuol dire che garantire una filiera 100% italiana ha valore?
Penso sia molto importante valorizzare l’italianità, ma l’Italia non è autosufficiente sul versante delle materie prime, quindi il Made in Italy va spinto ma non deve diventare un vincolo. Credo, anzi, che per gli italiani, da sempre bravi trasformatori, andare all’estero a cercare materie prime sia un’opportunità da cogliere.

Sull’internazionalizzazione di prodotti e fornitori, il vostro asso nella manica si chiama Coopernic …
È un’esperienza che dura da due anni e giudico molto interessante. Si cominciano a vedere le implicazioni positive non solo per il nucleo principale di attività, ovvero quello della negoziazione con i grandi fornitori internazionali, ma anche per le opportunità da sviluppare in tema di acquisti per le private label, con due implicazioni: da un lato, aprirci alla possibilità di sviluppare all’estero alcuni prodotti Coop, dall’altro mettere i nostri fornitori nella condizione di poter lavorare all’estero con i nostri partner internazionali.

Magari alcune private label possono diventare insegna, anche all’estero. FiorFiore sembrerebbe più che pronto …
FiorFiore è un brand al quale teniamo molto, che ci dà molte soddisfazioni, ma per diventare insegna punterei su ViviVerde, con le tematiche del bio, del sano e naturale. Temi attuali, innovativi dove peraltro può trovare posto anche FiorFiore.

Parliamo di ipermercati.
Ancora oggi rappresentano più del 40% delle nostre vendite: per noi sono importanti e stiamo lavorando per renderli più efficienti, consapevoli che nessuno, nemmeno all’estero, ha ancora trovato soluzioni definitive. Per questo, oggi la sfida consiste nel gestire superfici importanti, ma ridotte (come stanno facendo molte delle nostre cooperative), che continuino a svolgere un ruolo di attrazione, grazie al non food focalizzato su mondi come la scuola e la casa, nei quali riteniamo di poter esprimere valore aggiunto, e all’integrazione con l’online.

A proposito di eCommerce, quali i progetti?
Da sei mesi abbiamo cambiato impostazione grazie a una squadra completamente nuova, che gestisce online e fisico sotto la direzione di Domenico Brisigotti. L’obiettivo è investire nel cambiamento e in maggiore integrazione tra canali, con l’idea di trasformare in prospettiva il supermercato di taglia medio-piccola in una struttura in grado di fornire servizi anche nel non food grazie all’integrazione con l’online.

Assistiamo a una più generale trasformazione della direzione acquisti: quali le linee strategiche?
Abbiamo ripensato la struttura acquisti per renderla più snella e sottolineare le logiche di categorie. Il ruolo fondamentale è quello dei category manager, che si occupano contemporaneamente di prodotti di marca e private label, affiancati da specialisti e buyer, destinati a far prevalere le loro competenze di selezionatori, soprattutto nei freschi e freschissimi, rispetto alle loro capacità di negoziatori.

Tra i cambiamenti significativi, c’è anche la creazione di Coop3.0. Cosa rappresenta per Coop?
Un progetto di una straordinaria difficoltà e importanza che mette insieme più di 20 mila addetti, una dimensione di rete di vendita, di patrimonio e di partecipazioni per costruire un’impresa nazionale che rappresenta, da sola, quasi il 50% di Coop.
Ed ancora, parliamo di un progetto per sostenere lo sviluppo di Coop nel Paese e soprattutto al Sud, con la quota di partecipazione più rilevante in Unipol-Sai. Insomma, un progetto importante e strategico, che ha radici lontane e arriva finalmente a maturazione, favorendo ulteriori processi di aggregazione.

Siamo di fronte alla prima fusione di una serie ...
Non in tempi brevi. Il mondo di Coop deve rimanere plurale, ma nelle aggregazioni possiamo trovare uno stimolo per rafforzarci. Cambiando la dimensione delle imprese, si affrontano nuove problematiche e si evolvono di conseguenza anche i modelli di governo e partecipazione dei soci: questa è un’altra delle sfide di domani. Cambieranno gli strumenti, ma non la filosofia, perché sono convinto che la forma cooperativa possa rimanere tale anche nella grande dimensione. Dunque saremo una grande cooperativa, non semplicemente una grande impresa.

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