Mediobanca: per la gdo il difficile arriva ora

L’Osservatorio di Mediobanca indica ricavi in crescita con l’inflazione, ma margini in calo: il 2022 va in archivio con risultati in sofferenza per buona parte degli operatori italiani, con discount e mdd sempre più strategici (da Mark Up 319)

L’anno più difficile per la gdo in Italia potrebbe essere quello in corso. Perché, dopo un 2022 giocato sulla difensiva, con ricavi in crescita sebbene non al passo dell’inflazione, è nell’esercizio 2023 che si avranno gli effetti del carovita su livelli che non si vedevano da decenni sul versante sia dei consumi che dei costi legati alle utenze. Un apparente paradosso, quest’ultimo, dato che, negli ultimi mesi, si assiste a un ridimensionamento dei prezzi delle materie prime energetiche, dopo i record storici segnati tra l’estate e l’autunno dello scorso anno. A scattare la fotografia del settore è l’indagine annuale realizzata dall’Area Studi di Mediobanca, secondo la quale nello scorso esercizio ricavi degli operatori della gdo food sarebbero cresciuti del 6,7%, un dato inferiore rispetto all’8,1% che è stato il dato medio dell’inflazione. Invece l’Ebit margin (valore percentuale che si ottiene dal rapporto tra utile prima degli interessi e delle imposte e fatturato) calerebbe dal 2,4% del 2021 all’1,4%. Dunque, la redditività permane, per quanto su livelli risicati, ma sarebbe stato difficile immaginare un altro esito alla luce dei numerosi problemi con i quali ha dovuto fare i conti il mercato, dall’impennata dell’inflazione alle ricadute della guerra in Ucraina, fino al crollo in parallelo di azioni e obbligazioni. Non proprio, insomma, uno scenario favorevole ai consumi.

Del resto, pur se su livelli differenti, la tendenza all’indebolimento del ciclo è evidente dai bilanci 2022 fin qui pubblicati dai grandi retailer internazionali. Tra i gruppi quotati, le vendite crescono del 7,8% rispetto al 2021, ma con un calo dei margini industriali del 6,2%. Lo scenario si annuncia difficile anche per l’anno in corso, considerato che il carovita continua a erodere il potere d’acquisto, tanto che a gennaio la domanda è calata circa del 6%. Quanto ai ricavi, gli analisti dell’istituto di Piazzetta Cuccia si attendono un progresso del 2,8%, un livello che dovrebbe essere di poco superiore alla metà dell’inflazione. A febbraio di quest’anno, l’indice dei prezzi al consumo è salito del 9,1% rispetto allo stesso mese del 2022 e per l’intero 2023 la Banca d’Italia stima un progresso medio del 6,5%. "La grande distribuzione organizzata è tradizionalmente un comparto dell’economia caratterizzato da margini contenuti, ma il rischio quest’anno è che molte imprese di settore si trovino in difficoltà -spiegano dall’Area Studi di Mediobanca-. Probabilmente le difficoltà arriveranno a interessare un quarto di tutti gli operatori del settore”.

È possibile tracciare un identikit di chi potrebbe soffrire maggiormente? Partendo dai dati acquisiti, la ricerca evidenzia l’andamento positivo per i prodotti a marchio del distributore (mdd), che nel 2022 hanno raggiunto i 12,8 miliardi di euro (+9,4% sul 2021), e del canale discount, proiettato oltre il 22% del mercato (mentre era del 17,4% nel 2017). "Si tratta di tendenze che si stanno consolidando; per cui chi ha investito maggiormente in queste due direzioni è candidato a fare meglio del mercato”, sottolineano gli analisti; interpellati per provare a proiettare nel futuro prossimo le tendenze emerse dai dati, aggiungono: “In particolare, i discount sono attesi a una crescita a doppia cifra”.

Più in generale, segnalano da Piazzetta Cuccia, “Ci sono operatori che già oggi non hanno una struttura finanziaria e che pertanto sono candidati a soffrire maggiormente”. Sarà l’occasione per assistere a un’ondata di m&a? Tradizionalmente questo non è un settore nel quale fusioni e acquisizioni sono frequenti. È però probabile aspettarsi un’accelerazione nel numero di imprese che si assoceranno ed entreranno nelle diverse realtà della distribuzione organizzata. Un modo per centralizzare gli acquisti e disporre di un maggiore potere contrattuale nei confronti dell’industria. Poi c’è anche la questione dei prezzi relativi alle utenze dei punti di vendita. I prezzi vengono fissati con largo anticipo, per cui mentre nel 2022 i costi sono stati limitati da accordi stipulati nel 2021, quando l’inflazione non era particolarmente alta, per l’anno in corso occorre fare i conti con quanto concordato mesi prima, in una situazione inflazionistica diversa rispetto a oggi.

Lo scorso anno è calata la pressione promozionale, arrivata a settembre al 22,4% contro il 28,3% del 2019. Una tendenza che può essere spiegata proprio con la necessità di salvaguardare la marginalità in uno scenario di debolezza dei consumi, non ancora tornati ai livelli pre-Covid. Né la situazione annuale lascia immaginare un deciso cambio di rotta a breve. "L’impennata inflazionistica è stata generata dal caro-energia e si è manifestata dopo qualche mese sui prodotti di largo consumo -chiariscono gli analisti dell’Area Studi di Mediobanca-. Per la stessa ragione, anche il ritorno verso livelli accettabili sarà ritardato rispetto alla dinamica delle materie prime".

Lo studio analizza anche la crescita del canale online, che ha registrato una performance del +10,5% sul 2021, ma che tuttavia non va oltre il 3% di fatturato complessivo, un livello ancora molto contenuto rispetto allo sviluppo che l’eCommerce ha avuto in altri settori dell’economia. Tendenza che gli analisti spiegano con l’importanza riservata al canale offline per le vendite alimentari. In sostanza, la situazione degli operatori italiani non è facile, a differenza del quadro che emerge a livello internazionale: “Analizzando gli andamenti mondiali, i grandi retailer sono riusciti a trasferire maggiormente l’inflazione ai consumatori”, spiegano da Mediobanca, che attribuisce questo differente andamento alla maggiore concentrazione di molti mercati occidentali rispetto a quello italiano, con i primi quindi che lasciano più spazio all’offerta nella fissazione dei prezzi. Da noi, invece, la concentrazione del mercato è stabile: la market share dei primi cinque retailer è pari al 57,1%, superiore a quanto accade in Spagna (49,8%), ma decisamente lontana da Paesi Bassi (80,1%) Francia (78,4%), Regno Unito (75,4%) e Germania (75%).

Da segnalare, anche, il dinamismo nel segmento della distribuzione organizzata: il peso relativo di questo modello di business di retail è passata dal 33,3% del 2017 al 37,9% nel 2021. VéGé è l’operatore che ha attratto il maggior numero di nuovi associati (nove), seguito da D.IT, che ha associato tre nuove società, mentre SelexCrai hanno registrato rispettivamente due nuovi ingressi; infine, un nuovo socio ciascuno per C3, Agorà Network e Despar.

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