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I riscontri dell'indagine sulla contrattazione realizzata dall'Agcm hanno evidenziato che il 70% delle imprese produttrici passa per una centrale di acquisto almeno per qualche prodotto negoziando il listino prezzi, gli sconti e i contributi. Il contratto quadro che ne deriva è poi integrato dai singoli retailer che possono migliorare le condizioni e rinunciare a taluni servizi. Sono almeno due, quindi, i livelli di contrattazione. Se il retailer non aderisce a una supercentrale, i livelli di contrattazione sono sempre due: il primo come rappresentate di catena, il secondo in sede di Cedi oppure delle imprese affiliate o associate. Le cose si complicano ulteriormente se vi sono dei fornitori locali ancorati al territorio. L'indagine dell'Agcm ha evidenziato che sono maggiormente i buyer e i rappresentanti di categoria che trattano assortimenti, layout, gestione degli stock, promozioni e in alcuni casi il prezzo di vendita. Dall'indagine emerge che non vi è differenza qualitativa nella contrattazione tra le diverse categorie, ma solo tra marca e private label. Per quest'ultima la contrattazione è molto semplificata e incentrata esclusivamente sul livello qualitativo garantito e sul prezzo di acquisto. Il bilanciamento tra contributi e sconti pende a favore dei primi per grandi multinazionali e fornitori nazionali che tendono a richiedere servizi al retailer, mentre per l'industria di rilevanza inferiore sono gli sconti la voce più rilevante in discussione.
Come si evince dalla tabella, gli sconti incondizionati sono presenti nella grande maggioranza dei casi. Nonostante il recupero della marginalità occorra solo per il 20%, esso riveste un importanza significativa per l'industria. Tutte le categorie di sconto sono inserite in sede di trattativa e proposte dal distributore tranne gli sconti target e finanziari negoziati spesso per iniziativa del fornitore o di entrambi i soggetti.
