Personal branding, per fare la differenza nel business

Da non confondere con la web reputation e con l’identità digitale. Una strategia che si deve costruire con strumenti di autorevolezza presenti ancora offline (da Mark Up n. 283)

Carneade! Chi era costui? È la domanda che, nell’ottavo capitolo dei Promessi Sposi, don Abbondio si fa a proposito del filosofo greco Carneade. Non se lo sarebbe di certo chiesto se Carneade avesse avuto un buon personal branding. Il personal branding è l’applicazione all’individuo, con gli opportuni adattamenti e originalità, delle tecniche di marketing e comunicazione, normalmente utilizzate per la creazione e la promozione dei grandi marchi aziendali. Il fine è quello di associare il proprio volto, il nome e l’immagine a una competenza, in modo da occupare uno spazio di memoria ben definito nella mente del pubblico di riferimento ed essere così scelti come la risposta migliore possibile a una specifica esigenza.

Ne parliamo con Gianluca Lo Stimolo di Stand Out Agency, uno dei massimi esperti italiani di personal branding.

A chi lo consiglia?

Sicuramente a imprenditori che vogliono aiutare la propria impresa a emergere, diventando garanti dei messaggi aziendali; a professionisti che vogliono distinguersi sul mercato; a manager che intendono far carriera o riposizionarsi sul mercato del lavoro. In realtà il personal branding è oggi alla base del successo di qualsiasi persona che ha un talento o una competenza di valore per un pubblico. Quindi lo consiglio vivamente a chiunque abbia voglia di essere riconosciuto per quanto vale, a qualsiasi livello e in qualunque settore.

A quali risultati si può aspirare e in quanto tempo?

Un buon e costante lavoro sulla costruzione del proprio brand personale può portare a risultati a volte inimmaginabili: dall’essere considerati uno specialista o addirittura una celebrità nel proprio settore, financo a diventare per l’opinione pubblica il punto di riferimento assoluto per un argomento.

I vantaggi sono enormi in termini di status, ma anche in termini di monetizzazione. Il tempo minimo per iniziare a vedere risultati rilevanti è di almeno un anno. In Italia abbiamo confuso il personal branding con la web reputation o con la costruzione della propria identità digitale, materie di tutto rispetto e fondamentali, che però sono solo una piccola parte di una vera strategia di personal branding. Nonostante la crescita esponenziale dei social media e del web, nella maggior parte dei casi un brand personale si costruisce con strumenti di autorevolezza che risiedono ancora oggi offline.

Personal branding e business celebrity building si equivalgono?

Qualsiasi persona, in modo più o meno consapevole, fa personal branding. Volente o nolente creiamo una percezione di noi stessi che determina delle aspettative di competenza e i risultati che raccogliamo. E chiunque studiando e iniziando a comunicare in modo più scientifico può migliorare in modo amatoriale il proprio percepito.

Il business celebrity building è invece il personal branding professionale. Nasce per aiutare imprenditori e professionisti a diventare volti noti del loro settore e difficilmente può realizzarsi senza il contributo di validi esperti in materia.

Chi ha molto talento diventa già una celebrity. Non è così?

Purtroppo no. Lo sarebbe forse in un mondo ideale. Se fosse così non saremmo attorniati di geni incompresi. Il talento, e ancor di più una competenza specifica rilevante per un pubblico, sono la base di partenza per diventare una business celebrity, ma non sono sufficienti senza le abilità di comunicare e di rendersi visibili con i giusti strumenti.

Quale tipo di investimento richiede?

Dipende molto dal risultato che si intende raggiungere sul mercato. Per esperienza un budget adeguato per dare una forma importante al proprio brand personale si aggira intorno ai 20 mila euro.

Solo così possiamo pensare di diventare e restare davvero qualcuno. Quali sono le condizioni per un personal branding vincente?

A.A.A... Business Celebrity cercasi. Quelle tre A sono tre condizioni necessarie su cui concentrare la propria attenzione. A come Antonomasia: l’obiettivo è diventare la risposta migliore, appunto per antonomasia, a una specifica esigenza. Servono una competenza non banale, un pubblico che la ritiene di valore, una soluzione che altri non sono in grado di dare o almeno non con le stesse modalità. A come Autenticità: il personal branding non è un’operazione di trasformazione di sé stessi in qualcuno che non si è. Al contrario, è dare massima espressione alla nostra parte più autentica. Non è pensabile fingere. Più si è autentici, più il nostro personal brand crescerà e durerà.

A come Autorevolezza: questa partita si gioca sulla competenza e sulla capacità di essere riconosciuti come autorevoli per quella competenza. E qui i media tradizionali, l’editoria, gli eventi e il networking hanno ancora un peso specifico ineguagliabile dal digital.

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