P&G crescerà con l’e-business

INTERVISTA DI COPERTINA – L'e-commerce e l'intero digitale d'impresa influenzeranno marketing e vendite della multinazionale americana. Con un italiano alla guida del team specializzato (da MARKUP 222)

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Chi è Alex Tosolini
Classe 1966, triestino di nascita, entra in Procter & Gamble nel settembre del 1990. Oggi ricopre il ruolo di senior vice president Global e-Business con l'incarico di sviluppare e consolidare una strategia internazionale di accesso al consumatore online. Precedentemente vanta in P&G esperienze in mercati emergenti e maturi, in numerose regioni del mondo. In qualità di vice president Fabric care Nord America ha presieduto il lancio di oltre 10 nuovi prodotti e gestito il piano di innovazione quinquennale con la R&S. Attivo nella formazione aziendale dal 2004, ha formato oltre 600 manager P&G di tutto il mondo. Vanta insegnamenti universitari negli Usa (Cincinnati, Ucla, Miami, Ohio), alla Bocconi e alla European Business School di Londra.

Alex Tosolini dimostra "un grande ottimismo per quanto riguarda l'Italia. E P&G ha intenzione di aiutare il Paese a diventare un protagonista più importante nel circuito mondiale". Ad affermarlo è il senior vicepresident e-Business di Procter & Gamble, struttura che a livello internazionale è in costante crescita e ha superato il miliardo di dollari di turnover complessivo. Mark Up lo incontra a Milano, durante uno dei suoi passaggi professionali in giro per il mondo.
"Alla fine tutto si riconduce a conoscere quello che vuole il consumatore". Ci sono oggi degli strumenti potentissimi per ascoltarlo, con grande umiltà. "Io vedo l'attuale sviluppo tecnologico come un'opportunità fenomenale per riuscire a capire; tutte le piattaforme di social communication che non esistevano fino a 10 anni fa sono una finestra fondamentale per aziende, governi, amministrazioni, per chiunque abbia necessità di sentire per cercare di comprendere veramente come migliorare i servizi e prodotti".

■ Dott. Tosolini, quante persone oggi in Procter lavorano sull'e-Business?
C'è un gruppo dedicato completamente a queste attività, sotto la mia responsabilità. È un team che sta crescendo, con occhio rivolto alle prospettive future. Sono figure che non hanno soltanto una formazione tecnica: io stesso sono stato scelto più per le competenze da general manager che per aspetti di preparazione specialistici. Inizialmente ciò ha richiesto investimenti maggiori rispetto ai ritorni, ma adesso lo sforzo sta dando i suoi frutti. Poi l'area e-business richiede il coinvolgimento dell'intero personale di P&G.

■ Con quali investimenti?
Siamo partiti investendo sull'e-Business, unendo cioè l'e-commerce all'intero digitale d'impresa. Gli aspetti commerciali e di marketing, soprattutto, si stanno connettendo sempre più a fondo. Per il resto ci aspettiamo che la crescita di quest'area sia molto più forte e incisiva di quanto sarà la crescita di fatturato complessiva. C'è la convinzione che questo continuerà ad essere uno spazio di forte crescita per il gruppo.

■ Da questa finestra vi arriva un linguaggio che eravate già abituati ad ascoltare?
No. Stiamo imparando. Questo scenario è talmente nuovo che stiamo tutti imparando; ci vuole molta umiltà nell'interpretazione dei vari segnali. Perché la realtà è che bisogna saper interpretare anche Internet, ma questo avviene ogni volta che si ascolta qualcuno.

■ In precedenza era l'azienda a parlare di più. Davvero adesso il rapporto si è ribaltato?
Mi preme sottolineare tre cose. Primo: da aziende che urlavano al target dicendogli cosa deve fare siamo passati a una comunicazione a doppio filo. Secondo: non è questo l'unico flusso di comunicazione. All'interno del target gli individui comunicano tra di loro, per cui se l'impresa fa un errore il social network lo amplifica molto più di prima. Terzo: la quantità di informazione è diventata una massa di dati e insights che sono fondamentali per qualsiasi marchio. Il lavoro dei marchi non è, oggi, solo quello di creare comunicazione ma legami; di far confluire determinate comunicazioni che stanno già avvenendo; di partecipare a esse integrandovisi.

■ Se l'errore in realtà non esiste e il social si sta occupando di un mito fasullo, l'azienda che può fare? E per gli errori che non invecchiano mai e possono sempre ritornare a galla?
Ripeto, stiamo imparando. Noi non abbiamo risposte, siamo in cammino e stiamo facendo esperienza tutti insieme. Abbiamo capito che occorre trasparenza, la massima trasparenza possibile. Dato che la tecnologia permette un accesso quasi illimitato alle informazioni, se l'impresa fa un errore e se ne accorge deve rimediare subito, senza cercare di coprire. Secondo insegnamento: diventa più facile aggiustare se siamo in presenza di un ampio pubblico. Le faccio un esempio: se nella piattaforma esiste un numero di persone che si divertono in un accanimento contro un marchio che però appare ingiustificato agli altri partecipanti, questi subentrano e livellano il tono della conversazione. Sbagliato è, invece, cercare di intervenire con semiverità o con dati che non sono totalmente trasparenti. L'azienda deve unirsi alla conversazione in corso, non modificarla. La tolleranza per l'errore è alta se l'intervento di correzione è sincero e immediato.

■ Quali sono i vantaggi nel fare eBusiness?
Vantaggi a tutto tondo, perché più ci si misura con i consumatori più l'impresa ha idee per quanto concerne la R&S presente e futura, ha idee di come commercializzare i prodotti, come posizionarli. Tutto il marketing mix ne viene profondamente influenzato.

■ Il marketing mix diventa più globale o piuttosto esalta le grandi differenze locali?
La prima cosa che notiamo è che ci sono fattori che non cambiano mai. Avere una buona idea è alla base di ogni buona comunicazione, si colloca al top della piramide. Oggi la buona idea viene comunicata attraverso canali diversi. Perciò dando un'occhiata al media mix e confrontandolo con quello, per esempio, di dieci anni fa, ci accorgiamo che i canali sono estremamente diversi.

■ D'accordo. Ma è un mix che unisce o frammenta i consumatori del mondo?
Se focalizziamo lo sguardo solo sul marketing mix, appare evidente che le differenze sono meno notevoli di altri cambiamenti strutturali. Quando prendiamo un nostro prodotto e analizziamo il media mix di supporto in Italia, America o Asia non cogliamo grandi variazioni. La grande differenza riguarda l'e-commerce, ossia le possibilità che i consumatori hanno nelle varie regioni del mondo di poter comprare tale prodotto sul canale online.

■ Che importanza può avere per P&G la commercializzazione online?
Molta. Noi abbiamo una filosofia commerciale in realtà estremamente semplice: win wherever people shop, vinci dovunque la gente intende acquistare. Se vogliono acquistare online è nostra responabilità rendere disponibili i prodotti online. È importante che i nostri retail partners tradizionali offrano al consumatore una una scelta di canali diversi e integrati.
■ Tale filosofia si estende a tutti i vostri brand?
Sì, è la nostra strategia commerciale. Il consumatore al centro di tutte le nostre attività.

■ Come spingere i retail all'online? Scegliete i partner anche in base alla predisposizione all'integrazione multicanale?
Di nuovo mi preme ribadire come la nostra filosofia sia quella di essere presenti dove la gente intende acquistare. Offrire una scelta più ampia di canali attraverso i quali acquistare riteniamo possa essere un vantaggio per i consumatori e più in generale per tutti. Tuttavia, in giro per il mondo ciò che abbiamo notato è che l'-ecommerce si sviluppa più velocemente ove ci sono operatori e-tailer specializzati ovvero operatori che presiedono solo il canale digitale, senza avere negozi.

■ Prevedete la nascita di brand solo per l'online?
All'ordine del giorno in casa P&G non c'è questo obiettivo. Tutti i nostri brand hanno una penetrazione online, per quanto ancora limitata rispetto alla maggioranza delle vendite. Tale proiezione è in linea con l'attività dei partner commerciali. Eppure bisogna stare attenti se non vogliamo perdere opportunità potenziali. In Corea la categoria merceologica dei pannolini per bambini viene venduta al 70% online. Si tratta di un estremo, ma che ci dice che dobbiamo tenere d'occhio l'evoluzione. Che ha una sua logica: l'arrivo dei bambini in famiglia, soprattutto nelle prime settimane, rende certamente più difficoltoso e faticoso il fare la spesa nei pdv fisici.

■ Altre categorie?
Tutto l'insieme dei prodotti per il bambino, la bellezza, l'elettronica e, nel nostro portfolio, i rasoi elettrici o gli spazzolini elettrici. L'impressione è che il consumatore sia già pronto: manca ancora la scelta, che presto ci sarà.

■ Il vostro e-commerce è anche per il B2B?
La grande maggioranza delle transazioni P&G è di tipo B2C, ma abbiamo filoni professionali interessanti,- ad esempio nell'area della cura e della pulizia degli ambienti (ospedali, scuole, alberghi, ristoranti ecc.) e per una serie di prodotti di consumo, incominciando dalle pile.■

Allegati

222_Intervista_Tosolini_PG

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