Editoriale | Post disruption

copertina Mark Up 302 settembre 2021
Il mondo è cambiato, tempo di adeguarsi, senza troppi tentennamenti, avanza il #newretail da cui imparare, da cooptare per infondere nuove energie. Tempo di alleanze, per essere più forti e più competitivi. Tempo di ecosistemi

Ricordate quando, qualche anno fa, parlavamo di disruption, di cambio di paradigma? Possiamo dire che quanto avevamo previsto non solo è successo, ma è andato oltre. I pionieri si sono consolidati, basti pensare che, oggi, i primi in classifica nel retail a livello mondiale sono tutti marketplace, Alibaba, Tencent, Amazon... qualcuno potrebbe obiettare che non sono “retailer” ma sarebbe un distinguo poco sensato, perché guidano il mercato dei consumi, dei pagamenti, dello shopping. In sintesi, hanno ridisegnato il panorama, spostato gli assi di verifica, cambiato le leggi del mercato.

L’arena competitiva è migrata altrove e, chi pensa non sia cambiata, rischia di competere all’interno di una riserva indiana. Detto questo, i retailer tradizionali possono trovare nuovi spazi, ma solo togliendosi il paraocchi che vede in un’insegna analoga l’unico competitor. No, non è un accerchiamento ma piuttosto una nuova opportunità che, per essere affrontata, deve vedere cadere alcune caratteristiche tipiche della piccola media impresa, come quella di voler fare “tutto da soli”: bisogna perdere quell’istintivo senso di proprietà che scarta alleanze, federalismi, collaborazioni che potrebbero aprire nuove strade che solo una massa critica consistente può garantire. Oggi li chiamiamo ecosistemi, sono la frontiera da attraversare, per diventare più forti e più consistenti, senza perdere il senso del locale, senza dimenticarsi della comunità di riferimento ma poggiandosi su infrastrutture condivise, tra insegne o anche, perché no, con i fornitori.

Oggi molto si gioca sulla logistica, sulle tecnologie, e qui le mezze misure non bastano, bisogna pensare in grande ma per farlo assennatamente, bisogna anche essere “grandi” dimensionalmente e culturalmente. Che siano operatori del food o di altri settori, i retailer brick and mortar hanno in fondo tre vie tra cui scegliere: entrare in un marketplace, diventare un market place o iperspecializzarsi, diventando “unici”; paradossalmente, quest’ultima possibilità sembrerebbe la più semplice, perché preserverebbe il senso di unicità che oggi frena lo sviluppo di ecosistemi, in realtà è la più complicata, perché prevederebbe lo spogliarsi di molte referenze, diventare specialisti di una tipologia specifica, cambiando anche il sistema di buying, che passerebbe dalla muscolarità, dalla negoziazione, alla ricerca, all’expertise di prodotto o di categoria. Rimangono le altre due, la prima è la più facile, alcuni l’hanno già scelta. La seconda prevede l’abbattimento dei confini, di cui scrivevo prima, ma è la più interessante, quella che ha più futuro, perché flessibile, evolutiva perché, nella jungla competitiva, non vedremo vincere il più forte ma il più adattivo.

Editoriale Mark Up n. 302, settembre 2021

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome